di Giuseppe Cultrera
Due fratelli che di mestiere facevano i massari avevano ciascuno un podere confinante e di uguale dimensione. Eppure, ad uno gli affari andavano bene mentre l’altro era in perenne angustia e, per quanto si arrabattasse, la situazione era sempre negativa. Un giorno il fratello ricco (che lo soccorreva spesso e continuo) pose in atto un piano per aiutarlo senza metterlo in imbarazzo. Prese un portafogli zeppo di banconote e lo collocò, ben in vista, sull’argine della saia tra i loro terreni da dove non passava mai nessuno.
«Senti, puoi andare per favore dal lattoniere che ti deve dare qualcosa per me. Vacci, però, dalla saia così accorci.»
Andò questi per la scorciatoia e sbrigato l’affare ritornò per la stessa strada.
«Hai fatto quel che ti dissi?» chiese il fratello ricco.
«Certo che l’ho fatto.»
«E nella saia hai visto qualcosa?»
«Nulla, cosa dovevo vedere? Anzi no c’era, a un certo punto, un vecchio portafogli e con un calcio l’ho fatto volare».
Il fratello ricco tentennò il capo: «Vieni con me», lo condusse nella saia, raccolse il vecchio portafogli e glielo mise in mano.
«Questo era per te, perché da qui non passa nessuno. Ma tu, che ci sei passato due volte, non ti è venuta la curiosità di vedere cosa contenesse?»
«Si vede che la sorte non vuole aiutarti» proseguì sconsolato il fratello.
«Puoi ammazzarti a lavorare quanto vuoi: povero sei e povero resterai. Giustamente dicevano l’antichi: Quannu la sorti vò cùrchiti e dduormi».
Nota – Racconto desunto da: Giovanni Selvaggio, Parabbula significa, Utopia Edizioni, 1997.