di Giuseppe Cultrera
Massaro Ignazio aveva il cuore grande quanto una montagna e non c’era né mio né tuo quando qualcuno aveva bisogno. Una vastedda di pane e un bicchiere di vino non lo negava a nessun poverocristo: che in quei tempi ce ne erano tanti e nelle mattine d’inverno, per gli stenti il freddo e la fame, qualcuno lo trovavano pure stecchito.
«Massa ‘Gnazio, posso prenderla una cipolla dal vostro orto che sono tonde e rosee come melegrane e col pane e un pezzo di cacio ‘o massa Turi, mio marito, ci accomodo la giornata!»
«Ma sì ‘gna Vannina, fate pure che il Patreterno c’è per tutti».

«Come son fatti alti e ‘ngranati i ciciri quest’anno! »
«Raccoglietevene un poco, compare Lucio, che vostra moglie così vi fa una bella minestra per stasera. Ce ne sono abbastanza per me e per voi».
In effetti nell’orto che massaro Ignazio coltivava attorno alla casa, le fave i piselli e specialmente i ceci si facevano guardare. Ne piantava, specialmente di ceci, un bel po’ soverchio al suo fabbisogno per farli assaggiare ai suoi braccianti (che per sfamare la numerosa famiglia si rompevano la schiena da mane a sera), a qualche vicino e a chi per bisogno gliene faceva richiesta.
I ciciri ro massa ‘Gnazio erano risaputi come la sua agiatezza economica.

Ma l’anno della carestia, quando burrasche e nevicate fecero crollare molte povere abitazioni e il raccolto fu seriamente compromesso, anche i ceci vennero fàusi e non ce ne furono né per il padrone e né per gli amici.
«Nenti cìciri avannu?!»
«Nònsi, manco una, mi dispiace» – rispondeva allargando sconsolato le braccia massaro Ignazio – «brutta annata».
I vicini e i braccianti si guardavano sconsolati, annuendo.
E s’allamparu i ciciri ro massa ‘Gnaziu restò come massima per un accadimento non andato nel verso giusto.

2 Comments
Il detto, nella sua completezza, suona così: “Su comu i ciciri ro massa ‘Gnaziu ca s’allamparru ‘no cannizzu” ed ha un significato completamente diverso da quello che è stato qui dato in precedenza: serve a dare una risposta a chi si dice impossibilitato a fare un favore adducendo, a sua giustificazione, un motivo palesamente infondato, come quello “re ciciri ca s’allamparru ( no cannizzu in cui erano stati conservati , al riparo di ogni calamità)
Grazie della precisazione. Che credo sia la migliore esplicazione del detto ( ho visto che altri hanno indicato soluzioni simili). In ogni caso non ho inteso ricercare la spiegazione filologica o storica del detto (che per altro non conosco) ma semplicemente trarne spunto per una breve narrazione di gusto popolare e di totale fantasia. Magari con una morale o spunto ironico, presente in molte delle “parità e storie morali” del nostro passato e della nostra gente. Aver suscitato interesse, discussione e incontro mi fa piacere: era ed è negli intenti ed auspici della rubrica “A prescindere”. Un cordiale saluto