Un breve itinerario alla scoperta di un interessante edificio sacro di Chiaramonte Gulfi: la chiesa di S. Filippo, poco discosta dalla Piazza Duomo, verso levante.
di Giuseppe Cultrera
Accanto alla chiesa di Santa Sofia, tra le prime della città medievale, sorse quella di San Filippo nei primi del XVI secolo. Tra le prove citate dallo storico P. Samuele Nicosia, l’antica statua del Santo, un documento che attesta al 1512 la fondazione di una Congregazione in onore di S. Filippo, e la data 1565 incisa nel pulpito oggi scomparso “Nel pulpito di detta chiesa che si conservò sino al secolo passato, si leggeva la data 1565” (P. Samuele Nicosia, Notizie storiche su Chiaramonte Gulfi, Ragusa 1881, pag. 94).
Nel 1535 vi si riunì la confraternita laicale sotto nome di S. Filippo.
La Cappella del Rosario (parte della quale oggi si trova in sacrestia) fu eretta, a spese della famiglia Failla intorno al 1620, dallo scultore gaginiano Nicolò Mineo, e nel 1624 vi fu collocata la statua della Madonna del Rosario in marmo alabastro.

Fu danneggiata dal terremoto del 1693 e ristrutturata nei primi del Settecento. Ma demolita nel XIX secolo e rifabbricata più grande ed elegante, fu ultimata nel 1852. L’interno fu decorato con stucchi da Andrea Sesta di Comiso, bottega Gianforma, sotto la direzione del pittore Gaetano Distefano, autore delle quattro tempere della volta, la gran parte oggi scomparse (resta solo quello raffigurante Dio Padre). La chiesa fu inaugurata, con una solenne cerimonia, nel 1847.

Tra gli artisti chiaramontani che resero più bella questa chiesa, voglio ricordare, lo scultore Nicolò Mineo, la cui lapide sepolcrale si trova in sacrestia accanto all’Arco di Cappella che intorno al 1620 scolpì per la Cappella della Madonna del Rosario. È uno dei monumenti rinascimentali più interessanti presenti nell’area iblea. Il Mineo, che probabilmente, proveniva da Caltagirone, ma che nel 1593 risulta stabilmente residente a Chiaramonte con la famiglia, è un artista gaginiano di grande inventiva e di eleganti soluzioni stilistiche. Basta guardare il citato Arco presente in Sacrestia per rendersene conto. Ben fecero i nostri padri, nell’ultima ristrutturazione della chiesa (quella di inizio Ottocento) a preservare questo reperto del passato, quale testimonianza di fede e di arte.

Inoltre, la statua della Madonna del Rosario che era collocata all’interno di questa cappella fino all’inizio ottocento, e che viene indicata come opera di artista ignoto, ad un attento esame stilistico sembra palesare la mano del citato scultore Nicolò Mineo: ad esempio le testine di angeli che ornano la base, hanno molto attinenza con quelle simili presenti nelle decorazioni dell’Arco. Anche l’eleganza formale dei due medaglioni, della Vergine e del Redentore, presenti nell’Arco, danno adito ad una tale attribuzione. In ogni caso le due opere sono coeve.

Ad un altro artista chiaramontano, contemporaneo del Mineo, Melchiorre Ereddia rimanda la statua lignea di S. Filippo di recente restauro. A questo artista rinascimentale è attribuita la statua lignea del Patrono San Vito, quella di S. Maria Maddalena, un tempo nel convento dei Cappuccini, ed una statua dell’Annunziata, datata 1547, entrambi scomparse. La somiglianza di stile tra la prima e la datazione di quest’ultima, avvalorano questa ipotesi attributiva.

Tra le pale degli altari minori, primeggiavano due grandi dipinti dell’illustre pittore chiaramontano Simone Ventura (1700-1770 circa) L’annunciazione e L’assunzione, oggi non esistenti in quanto rubati un ventennio fa. Un artista in particolar modo legato alla chiesa di S. Filippo: accanto alla quale, a pochi metri dal prospetto, nella attuale via S. Sofia aveva la casa di abitazione e nei bassi la bottega di pittura, dalla quale uscirono certamente i due citati dipinti.

Nella fase di realizzazione della chiesa attuale, tra inizi e prima metà dell’800, troviamo altri artisti locali impegnati ad arricchire la struttura con decori ed arredi sacri. In particolare, una famiglia di esperti artisti-artigiani: i Distefano, abili scalpellini, intagliatori del legno, pittori, capomastri, decoratori.
Carmelo Distefano (Chiaramonte 1784-1861) è certamente la personalità artistica di maggiore valenza. Scultore della pietra e del legno, intagliatore e scalpellino di pregio, lavorò per oltre trent’anni a Catania, e anche a Chiaramonte dove scolpì Il Cristo alla colonna nella chiesa di S. Giovanni, la Madonna del Carmine nella chiesa di S. Teresa e un grande Crocifisso, per la Chiesa Madre ed infine la parte intagliata e scolpita del prospetto di S. Filippo, dal 1829, come è attestato da un contratto del 15 luglio 1829. Interessante è il gruppo scultoreo, con l’allegoria della Fede, che fa da coronamento al prospetto (completato nel 1838).

Anche il fratello di costui Rosario (1789-1874), oltre che scalpellino anche capomastro, è tra coloro che parteciparono alla costruzione della chiesa: numerosi documenti attestano la sua presenza nell’iter dei lavori e l’apporto estetico di scalpellino (specialmente nel secondo ordine).
Nella fase di ornamento della chiesa intervenne un terzo artista della famiglia Distefano il sacerdote don Gaetano Distefano (1809-1896), figlio di Carmelo e nipote di mastro Rosario, che seguì in qualità di “consulente artistico e direttore dei lavori” la pittura e stuccatura dell’interno e degli altari, eseguendo egli stesso i grandi quadri della volta (4) con episodi della vita di S. Filippo: dipinti oggi purtroppo andati quasi tutti distrutti. Sono invece rimasti alcuni suoi quadri, piccoli e grandi tra i quali sono originali i 15 misteri del Rosario. Simile per stile e formato La Via Crucis (oggi non più esistente in quanto trafugata): uno dei suoi soggetti preferiti, avendone eseguite per molte chiese di Chiaramonte e per parecchie dell’area iblea – allora provincia di Siracusa.

Un altro pittore presente nella chiesa di S. Filippo è Nicolò Distefano (1842-1919), figlio di mastro Rosario e pertanto cugino del citato sacerdote don Gaetano, a cui dobbiamo il Calvario firmato e datato, 1896. Interessante per la storia sociale di Chiaramonte perché riproduce un dipinto simile del 1867 presente nella chiesa dell’Immacolata (oggi Sala L. Sciascia), non più esistente, unica opera di un giovanissimo pittore chiaramontano, Michelangelo Casì, allievo del catanese Giuseppe Sozzi, che – a detta dei contemporanei – dimostrava grande estro, facendo presagire ottimi risultati futuri: morì all’improvviso ad appena 18 anni, lasciando incompleta l’opera. Che poi fu ultimata da Gaetano Distefano suo maestro.
Il fratello di costui, Mariano (1824-1879), abile scultore del legno e della pietra, oltre ai citati lavori del prospetto eseguiti assieme al padre Rosario, fu l’artefice della struttura lignea che contiene l’organo, orgoglio dei procuratori e fedeli di S. Filippo, perché è un Serassi.

La storia della chiesa di S. Filippo, come appare chiaro, si intreccia con la vita sociale e culturale della città: questo sottile filo di memoria, che unisce i cittadini del passato a quelli del presente, è possibile leggerlo nella struttura e nelle opere contenute al suo interno. Una visita alla chiesa di S. Filippo a Chiaramonte Gulfi – tra l’altro di recente restauro – diventa un itinerario interessante ed istruttivo.