ovvero
Come districarsi tra canoni tradizionali e stereotipi
di Giulia Cultrera
Raccontare una storia non è certo facile, anche se i meccanismi e gli elementi principali che regolano qualsiasi struttura narrativa seguono per lo più lo stesso schema.
Il modello più diffuso per la costruzione di una trama è quello teorizzato da Aristotele, che divide la narrazione in 3 atti:
- Introduzione dei personaggi, del mondo ordinario, del conflitto principale che rompe l’equilibrio e porta alla chiamata dell’eroe;
- Sviluppo del conflitto: il protagonista deve affrontare una serie di sfide, fino ad arrivare al punto di maggior intensità drammatica (climax);
- Risoluzione del conflitto: il protagonista è cambiato e fa ritorno al mondo ordinario.
A questo schema di base si applicano altre tecniche e analisi che contribuiscono a costruire l’universo narrativo e ad arricchire il viaggio dell’eroe.
Il tutto, ovviamente, deve rispondere anche alle specifiche regole dei vari generi narrativi: la trama è strutturata in modo da aderire ai canoni letterali e rispettare temi, contenuti, stili che richiamano topoi e cliché del filone in questione.
Non si tratta di regole universali, tuttavia, alcuni elementi come il passaggio dal mondo ordinario a quello straordinario, l’evoluzione o involuzione del personaggio, il climax finale che porta allo scioglimento della trama, sono presenti in quasi tutte le narrazioni. E vengono declinati in modo diverso in base al format attraverso cui si sceglie di rappresentarli.
Nel caso delle serie tv abbiamo una trama principale che si articola lungo l’intera stagione, e tante micro-trame secondarie che compongono i singoli episodi. Anche qui ritroviamo il modello in 3 atti, perché ciascuna puntata segue sempre lo schema introduzione-sviluppo-risoluzione, spesso arricchito da un colpo di scena finale (cliffhanger) che rimanda all’episodio successivo. Nulla può essere lasciato al caso o si rischia di perdere l’interesse dello spettatore.
Incorrere nella monotonia e nella ripetitività decreta la fine di una serie tv. Dunque, come fare per rendere più originale e coinvolgente la narrazione?
Un espediente sicuramente ingegnoso, ormai abbastanza diffuso, è quello di giocare – apertamente e in modo intelligente – con i generi narrativi. Spiegare le regole e le tecniche principali, ironizzare sui cliché e sugli stereotipi, svelare i meccanismi che caratterizzano ciascun filone narrativo è un modo vincente per attirare e mantenere alto l’interesse dello spettatore.
Ovviamente, è fondamentale conoscere i canoni tradizionali del genere, in modo da svelarne la finzione scenica senza scadere in una narrazione artefatta e stereotipata.
Jane the virgin è uno degli esempi più calzanti: un mix vincente di nonsense, suspense, avvenimenti assolutamente inverosimili e colpi di scena teatrali. Gli sceneggiatori applicano tutti – ma proprio tutti – i temi tradizionali delle telenovelas, giocando con gli stereotipi per dar vita a una narrazione corale che conquista fin dai primi episodi.
Incastrati e Only Murders in the building mettono in scena una parodia del genere giallo, evidenziando gli aspetti caricaturali dei personaggi e la prevedibilità di alcune dinamiche, ormai eccessivamente utilizzate nel mondo poliziesco.
La quarta stagione di You utilizza un approccio ancora più diretto: il protagonista fa un’analisi delle regole della narrativa gialla e le mette in pratica. In questo modo lo spettatore ha ancora di più l’illusione di scoprire il crimine insieme al personaggio.
Ma il progetto di gran lunga più ambizioso è stato sviluppato da Community. La serie attinge a più tecniche narrative, di ripresa e montaggio, generando una commistione di generi senza precedenti.
In tutti questi casi, la parola chiave è sperimentazione. D’altra parte, una narrazione in più capitoli funziona se riesce a sorprendere e coinvolgere lo spettatore anche a distanza di tempo, cercando di rimanere fedele allo schema originale, ma anche reinventandosi.
Nelle serie un killer prima di ammazzare uno si interroga se ci saranno delle conseguenze, tranne che nelle serie italiane. Se fosse per voi veramente le stagioni durerebbero una puntata. Netflix potrebbe chiudere.
– Incastrati
Se sapessi qualcosa di telenovelas, sapresti che tutto dovrebbe essere drammatico!
– Jane the virgin