di Antonio Incardona
È dagli anni ’90 che l’inflazione non fa capolino nelle economie mature, ma questo non significa che l’erosione del valore della moneta non faccia paura.
L’ultima volta che è esplosa, negli anni ’70, arrivò a ridosso del 30% nei paesi ricchi. Responsabili per l’impennata dei prezzi allora furono due shock petroliferi che fecero schizzare i costi energetici.
Oggi c’è chi teme che a innescare nuovamente la spirale inflazionista siano le politiche monetarie eccezionali perseguite al tempo del Covid.
Dagli Stati Uniti arrivano notizie preoccupanti riguardo l’aumento dei costi: dalla plastica alle materie prime fino a quelli del lavoro. Gli stimoli monetari, vere e proprie iniezioni di contante nel sistema economico americano, hanno si prevenuto il collasso dell’economia a causa del lockdown, ma hanno anche stimolato eccessivamente alcuni settori, ad esempio quello immobiliare, dove la domanda ormai eccede di gran lunga l’offerta. Il risultato è che i prezzi hanno iniziato a salire.
Diversi economisti temono che l’ultimo stimolo fiscale del presidente Biden, pari a 1.900 miliardi di dollari, e quello dei prossimi 2 anni, circa 3.000 miliardi di dollari per opere pubbliche a lungo termine, tra cui anche l’incentivazione dell’economia verde, non siano necessari per un’economia che nel 2021 dovrebbe crescere del 6,5%. Un tasso che non si registrava da anni.

In totale i programmi di stimolo ammonterebbero a quasi un quarto del Gross Domestic Product (il prodotto interno lordo) americano. Decisamente troppo, secondo alcuni, per un’economia che sembra in ottima salute. Per ora la Federal Reserve è convinta che l’inflazione non rappresenti un pericolo, anzi, secondo le previsioni nella seconda metà del 2021 la crescita si dovrebbe raffreddare e i prezzi scendere. Sarà così?
1 Comment
Buongiorno Antonio,
Per prima cosa complimenti per la tematica scelta; non è semplice fare un articolo sui fenomeni inflazionistici e sui loro effetti a medio termine.
Vorrei aggiungere due cose: che l’erogazione di moneta destinata a programmi di investimento non genera inflazione nel medio periodo in quanto permette la creazione di nuovi beni e quindi si ristabilisce il rapporto moneta/beni. Inoltre, l’aumento dei prezzi dei beni essenziali in periodi di crisi é “normale”, in quanto questi non rispondono alle logiche dei così detti beni normali, ma piuttosto a quelli dei beni “inferiori”.
In secondo luogo il Pres. Biden annovera tra i consiglieri un’economista fortemente sostenitrice della MMT (modern monetary theory); questa teoria, che sta prendendo sempre più importanza nelle scienze economiche, contempla un primo step di forte politica espansiva.
Diventa spunto di riflessione, piuttosto, lo spauracchio di una stagflazione dovuto alle aspettative negative sul futuro degli operatori economici della domanda (la famosa ê delle teorie economiche legata alla s del risparmio).
Infine concludo con una domanda che magari potrebbe essere spunto di un prossimo articolo. Per quale motivo i fondi speculativi stanno pesantemente investendo nell’acquisto di terreni agricoli? Da una condizione oligopolista/monopolista scaturoscono prezzi più alti e mercati inefficienti, situazioni non idilliache in un mercato essenziale come quello dei beni agricoli.
Grazie.