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di L’Alieno

A Ragusa è tornato in auge il vecchio dibattito divisivo sulla statua a Filippo Pennavaria, con tutto il corredo delle trite polemiche politiche e ideologiche del caso. Da una parte la solita sinistra che ha ben poco di originale da dire, a parte le solite tesine che si leggono pure su Wikipedia, dall’altra una destra vorace e desiderosa di occupare spazi ovunque, anche quello per le statue.

E quale miglior occasione del quasi approssimarsi del centenario dalla fondazione della Provincia di Ragusa (1926-2026) per riattizzare il fuoco dello scontro politico. Una statua che venne commissionata più di vent’anni fa dal Sindaco di Ragusa (ed ex missino) Mimmo Arezzo, pagata dal contribuente, e mai ritirata dalla ditta dove fu realizzata.

Filippo Pennavaria (1891-1980)

Sul piano storico appare indubbio che l’idea stessa della nostra Provincia fu merito del Pennavaria. Come fu sua la spinta decisiva per trasformare la città di Ragusa da “popoloso centro rurale in una moderna città di terziario avanzato” e arrivare alla “riunificazione delle due città (Ibla e Ragusa superiore) divise da secoli di lotte religiose e sociali”. Determinante anche il suo contributo nell’“eccezionale corredo di opere pubbliche che ne hanno ridisegnato il profilo complessivo, sancendone la leadership territoriale nell’area iblea”, ha scritto lo storico Giuseppe Barone. Ruolo che prima aveva avuto Modica, sede del governo dell’antica Contea.

Filippo Pennavaria, nel 1926, ricoprì prima l’incarico di Sottosegretario alle Telecomunicazioni, poi alle Ferrovie fino al 1932. Nell’Italia repubblicana fu Senatore del Partito Monarchico Popolare dal 1958 al 1963, in seguito aderì al Partito Liberale Italiano, ma non fu più rieletto

Adesso sarebbe auspicabile l’apertura di un sereno dibattito storico sulla figura di Filippo Pennavaria, che “la ricerca d’archivio smentisce come stereotipo di fascista della prima ora” – scrive ancora il prof. Barone, controcorrente – con le conseguenti responsabilità da riconsiderare sui fatti che insanguinarono la città stessa in quel periodo. Come, per altri versi, sarebbe da ripensare nella sua complessità anche la figura del giornalista e intellettuale chiaramontano Telesio Interlandi. Per quest’ultimo, a fine anni ’80, fu addirittura Leonardo Sciascia a scomodarsi. Ma non riuscì a portare a termine il proprio lavoro di ricerca a causa della malattia terminale e il successivo decesso.

La Prefettura di Ragusa, realizzata in epoca fascista. Il Salone d’Onore con il Trittico della Marcia su Roma (capolavoro di Duilio Cambellotti)

“Una statua è un simbolo permanente che incarna i valori in cui tutta una comunità si riconosce e non può essere fonte di contrasti e divisioni”, ha scritto di recente l’attuale Sindaco di Ragusa Giuseppe Cassì. Mi pare una posizione di buon senso per mettere la parola fine sulla questione e la sua strumentalizzazione a fini politici.

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1 Comment

  1. Federico Guastella Reply

    La statua mi fa pensare alle piazze dei regimi totalitari dove venivano innalzati monumenti sul culto della personalità e poi distrutti a seguito del cambiamento di regime. Ma Pennavaria non può essere ignorato dai ragusani che fece di Ragusa una città-provincia, servendosi del fascismo cui aveva aderito. Un busto per ricordarne gli indiscussi meriti, al di là di ogni barriera ideologica, velenosa e inutile, dovrebbe essere collocato all’interno del Palazzo di Provincia.

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