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di Giuseppe Cultrera

Caro Gino,
Credo di aver letto quasi tutti i tuoi libri. E li trovo oltre che intelligenti, divertenti e stimolanti. Anche quest’ultimo (Sull’onda dei ricordi – Giuseppe Carbonaro – Storia di un uomo), dedicato a tuo padre, mi ha piacevolmente avvinto nella lettura e visione delle immagini, sospingendomi, sull’onda dei ricordi tuoi, oltre la scrittura e il racconto.

foto d'epoca carbonaro
Tre momenti della vita di Giuseppe Carbonaro: giovane scalpellino, militare nella II Guerra Mondiale, il giorno del matrimonio

Sicché Giuseppe Carbonaro, jurnataru mancato, scalpellino e poi artista artigiano, fotografo, disegnatore e inventore di miti, mi appare famigliare, anzi lo riconosco simile a mio nonno e mio padre (e a tanti che ho conosciuto o di cui ho sentito narrare). E lo riconosco pure fratello di don Vincenzo Rabito, nato quasi un decennio prima nella vicina Chiaramonte e che, con somiglianti ansie, lotte e poi rivincite nei confronti del destino gramo, in questo lembo estremo d’Italia, ebbe come unico faro il lavoro, la famiglia e il riscatto sociale; palesandolo nelle pagine sincopate di Terra matta, come don Pippinu Carbonaro fece col collodio e con le lastre e poi con colori e pennelli, scalpelli e congegni.

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La prima auto del fotografo Carbonaro, una Topolino FIAT 500. Nella foto il figlio Gino

Un mondo lontano da noi, ormai desueto e quasi incomprensibile (figurarsi per i nostri figli e nipoti!). Peccato, perché carico di valori e cultura che la nostra età tecnologica e agiata stenta a rimpiazzare con categorie e modelli alternativi o sostitutivi. E allora pagine come queste tue – leggere e fluide come scrittura, ma dense di emozioni e di vita – sono balsamo e miele: per noi tuoi amici e per tutti i fortunati lettori (spero molti) che sfioreranno le pagine del tuo libro. Le pagine di carta, intinta d’inchiostro, colore e filo di refe. Grazie per il regalo. Anche a nome di chi, attaccato allo schermo luminoso di un congegno, crede di comunicare ed entrare in empatia con il prossimo. E non sa cosa si perde.

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Il fotografo Giuseppe Carbonaro con macchina fotografica e sul suo mezzo di trasporto, il “Cucciolo”

PS. Come vedi ho usato per la recensione del tuo bel libro la mia testimonianza inserita in appendice allo stesso: mi piace, esprime bene il mio pensiero di “occasionale recensore” e spero sia pure gradita al lettore del blog (non fosse altro che per la brevità del testo). La mia stima e affetto nei tuoi confronti resta, invece, inversamente proporzionale.

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Giuseppe Carbonaro al lavoro e una sua opera: lo scrittore Raffaele Poidomani
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Gino Carbonaro, figlio del fotografo e pittore Giuseppe, alla presentazione del suo libro

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