di Giuseppe Schembari
Un anno prima che il passaggio della Abarth alla Fiat si concretizzasse, il 31 luglio del 1971, Carlo Abarth riuscì a togliersi un’ultima soddisfazione: quella di mettere le mani sull’Autobianchi 112 (marchio acquisito da Fiat nel 1967). Venne infatti allestito, nelle officine Abarth di Torino, un prototipo con il motore dell’Abarth 1000 berlina Gruppo 2, depotenziato a 107 cavalli, con distribuzione a testa radiale, e in grado di spingere la piccola 112 oltre la soglia dei 200 km/h. Seguirono altri due prototipi.

Decisamente meno estremo sarà invece il modello che la casa di Desio produrrà in serie: una versione sportiva della gamma, già in essere dal 1969, e rivolta perlopiù ad una clientela giovane e dinamica. Fu così che vide la luce, al Salone di Torino del 1971, la prima serie della piccola Autobianchi con la firma dello Scorpione. L’impegnativa mission era quella di rispondere al successo della Mini Cooper, la mitica concorrente britannica.
Design giovane e gradevole, trazione anteriore, motore trasversale, cambio a 4 rapporti corti, in principio fu solo rossa corsa con cofano anteriore, fasce laterali e fascia posteriore nero opaco. Di disegno inedito la calandra metallica, attraversata da una banda con due bocchette circolari e la scritta “Autobianchi Abarth”. Interamente cromati i paraurti, i cerchi fari e una modanatura laterale a livello dei sottoporta.

Gli interni erano in similpelle nera, i sedili anteriori più avvolgenti avevano il poggiatesta integrato e la plancia, metallica, era arricchita da strumenti sportivi come il contagiri e altri tre piccoli strumenti supplementari disposti orizzontalmente: amperometro, manometro e termometro dell’olio. Un volante a tre razze in alluminio, con corona di pelle, completava l’arredo degli interni. Non erano invece previsti i cerchi in lega, nemmeno come optional.
Dal 1972 verrà prodotta anche in versione monocromatica arancione salmone e grigio visone.

Il cuore sportivo, ovvero il motore, sotto le cure di Carlo Abarth, passò da 903 cc, della versione base, a 982 cc, mediante allungamento della corsa, nuovo disegno di albero, pistoni e bielle, rapporto di compressione aumentato e nuova testata in lega leggera con sedi valvolari riportate. L’alimentazione era assicurata da un carburatore doppio corpo dotato di un filtro d’aria speciale. La potenza massima fu portata a 58 hp (150 km/h la velocità massima). L’impianto di scarico era a doppio terminale e a fine serie fu aggiunto anche un opportuno radiatore dell’olio.
Costava non poco: un milione e trecentoventicinquemila lire. Più della 128 coupè e della rally, ma fu ugualmente un grande successo e prodotta in 4.641 esemplari: oggi la versione più rara e ambita dai collezionisti.

Per la seconda serie, a partire dal 1973, venne aggiunto il servofreno e offerte nuove tinte monocolore esterne: beige e blu scuro “president” con interni misti in finta pelle e tessuto scozzese (in sola finta pelle solo quelle di color rosso). A richiesta si potevano avere i medesimi cerchi Cromodora CD57 in magnesio della Fiat 128 rally e il lunotto termico. Esteticamente le cromature vennero sostituite da plastiche nere, i fascioni neri sparirono, la calandra prodotta in plastica e nuovi paraurti in gomma nera di maggiori dimensioni sostituirono quelli in metallo cromato. Furono anche previsti nuovi sedili reclinabili con poggiatesta regolabili. Nel cruscotto i tre piccoli strumenti circolari vennero posti in verticale all’altezza della leva del cambio. 13.759 gli esemplari prodotti.

La terza serie (la mia preferita) debutta nel gennaio 1975. La grande novità è l’ingresso nella gamma della versione 70 HP, spinta da un nuovo motore di 1050 cc. La velocità massima sale a 160 km/h. Esteticamente il nuovo modello è riconoscibile per le griglie maggiorate sui montanti posteriori e per la fanaleria (posteriore) con le luci di retromarcia integrate. Inoltre la nuova profilatura del vano posteriore permise l’omologazione per 5 posti.
Diversi i colori offerti anche con tinte metallizzate (grigio, bronzo e azzurro). Il cofano in tinta nero opaco veniva fornito con le tinte più sportive (rosso corsa, verde pampa e blu Bahamas) accoppiati agli interni in finta pelle, per gli altri era misto. I piccoli strumenti circolari tornarono in posizione orizzontale nel cruscotto e un volante a due razze fu montato per la 70 HP. 1.000 di 58 HP e 29.000 di 70 HP gli esemplari prodotti.

Con la quarta serie, nel 1978, arriva un restyling più marcato e soprattutto venne prevista una monoscocca denominata “Telaio B”, appositamente realizzata per il modello Abarth in previsione di un possibile aumento della potenza. La 70 HP, unica versione rimasta in listino, adesso sfoggia una nuova mascherina nera e il paraurti in resina includeva lo spoiler. Sul cofano anteriore spuntò una presa d’aria, mentre dietro vengono montati gruppi ottici di nuovo disegno. Il padiglione, alzato di 2 cm, riuscì ad offrire maggiore spazio all’interno dell’abitacolo, dove figurava una nuova plancia totalmente ristilizzata con la strumentazione di forma squadrata. La selleria in finta pelle beige con inserti centrali in velluto venne offerta in tre tonalità. Migliorati cambio e impianto frenante.
Della simpatica “cinesina” (così chiamata dagli appassionati) ne vennero prodotte circa 26.000 esemplari.

Nell’agosto del 1979, a dieci anni esatti dalla presentazione del modello, l’Autobianchi lancia la quinta serie. Migliorato il confort, adesso la calandra nera incorpora le cornici dei proiettori ed è la stessa degli altri modelli. Inediti i gruppi ottici posteriori, avvolti da un fascione in plastica, anch’esso di colore nero, come i codolini dei passaruote. Quanto alla meccanica viene adottata l’accensione elettronica e, finalmente, il cambio a cinque rapporti. I cerchi in lega a richiesta sono soltanto i Cromodora CD63 in alluminio e gli interni misti tessuto-finta pelle (quest’ultima soltanto nera). Veniva offerta nelle tonalità monocolore rosso corsa, rosso attinia, blu Lancia, bianco Saratoga, amaranto ardenzia, nero, beige Marocco e grigio chiaro o scuro metallizzati. Circa 33.000 gli esemplari prodotti.

Sesta e settima serie (1982 – 1984), le serie finali, differiscono per pochissimi particolari. Nella sesta la selleria adotta lo stesso tessuto a quadretti della Lancia Delta e lievi ritocchi ai paraurti e fanaleria posteriore allungata. I cerchi in lega di alluminio, a richiesta, sono i Cromodora CD145. Ne vennero approntati 10.000 esemplari circa. Mentre con la settima (e ultima serie) era prevista un’ampia gamma di colori inedita e interni con tessuti dedicati. Diversi gli optional forniti, quali il tettuccio apribile in vetro, i vetri elettrici, le cinture rosse e si predispose anche il montaggio dei fendinebbia. Il portatarga posteriore venne spostato in basso sul fascione paracolpi e i fanali posteriori uniti da una grossa fascia catarifrangente posteriore recante scritta e logo “Abarth” serigrafati. Completarono il look delle strisce colorate sulle fiancate, l’antenna radio e i vetri bronzati di serie. A richiesta era possibile avere i cerchi in lega Cromodora CD145 chiamati “margherita”.
Il prezzo base aveva raggiunto i 10 milioni (sette volte e mezzo il prezzo di esordio). Venne prodotta in circa 5.200 esemplari.

La produzione complessiva delle A112 Abarth toccò i 117.351 esemplari. Un grande successo che centrò in pieno la mission iniziale di una sportiva compatta in grado di dominare il suo segmento per quasi un quindicennio. Fu sostituita dall’innovativa Y10 nel 1985, ma quella sarà un’altra storia da raccontare..