di L’Alieno
Francesco Aiello, arzillo nonnetto di 75 anni, ha vinto alla grande il ballottaggio che lo contrapponeva al quarantenne Sallemi. Questa la notizia della settimana.
Lungi da me qualsiasi giudizio politico sulla lunghissima carriera del prof. Aiello, ma il dato dell’età mi ha colpito e fatto sorgere la curiosità di conoscere quella dei suoi colleghi in provincia:
– Di Natale, Acate, 61 anni
– Gurrieri, Chiaramonte, 73 anni
– Schembari, Comiso, 52 anni
– Giaquinta, Giarratana, 65 anni
– Leontini, Ispica, 62 anni
– Abate, Modica, 51 anni
– Pagano, Monterosso, 62 anni
– Ammatuna, Pozzallo, 68 anni
– Cassì, Ragusa, 58 anni
– Barone, Santa Croce, 64 anni
– Giannone, Scicli, 55 anni
Età media 62 anni. Una sola donna su dodici. Nessuno sotto i 50 anni. Una statistica impietosa che dice molto sulla capacità di una classe dirigente di sapersi rigenerare e di aprirsi anche alle donne. Se una città come Vittoria ha “richiamato in servizio” per la settima volta (la prima fu nel 1978) un pensionato che a fine mandato avrà 80 anni, mi sembra palese che il ricambio generazionale sia clamorosamente fallito in questi anni. È un caso?
Dopo la fine della prima repubblica tutti i partiti, con le loro complesse strutture, sono entrati in profonda crisi. La stessa parola “partito” ha finito per creare imbarazzo. Ma in quelle organizzazioni esistevano anche le scuole dove si imparava l’arte della politica (famose quella delle Frattocchie del PCI e della Camilluccia della DC). Esistevano anche delle regole per fare carriera. Per arrivare al Parlamento, ad esempio, di solito si doveva aver fatto prima il sindaco nella propria città.
Poi venne l’era dei “movimenti“, dell’antipolitica, dei partiti personali, dell’abolizione del voto di preferenza e, soprattutto, dell’improvvisazione, che negli anni ha partorito letteralmente il vuoto. I professionisti della politica, indicati come il “male assoluto” della politica stessa, hanno ceduto il passo agli incompetenti, ai dilettanti e agli scappati di casa. E adesso? Occorreranno anni per porre riparo ai disastri compiuti.