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di Giuseppe Cultrera

L’imperatore Ottaviano Augusto era l’uomo più potente del mondo quando, in Galilea, nasceva Gesù. Duemila anni fa grosso modo. Un periodo storico ampio nel quale la civiltà, della quale siamo figli, si è evoluta, attorno al mediterraneo. Volendo esemplificare ancor più, la Sicilia ne è stato l’ombelico. Uno spettatore posto su quest’isola avrebbe visto scorrere le fasi principali della storia europea.

E in effetti uno spettatore così longevo c’è, nato duecento anni prima dell’era cristiana, e oggi ancor vivo e vegeto. Sottolineo vegeto: in quanto si tratta di un albero millenario in territorio di Sant’Alfio (CT) alle falde dell’Etna, noto come il Castagno dei cento cavalli.

Una letteratura, ampia e variegata, lo ha scandagliato. Ma è prevalso spesso il lato aneddotico o mitico. Specie attorno alla sua reale età che ha fluttuato tra i due e i quattro mila anni; facendone nel primo caso, uno degli alberi più longevi e nel secondo, il più antico del mondo.

2.200 anni e non sentirli
Una stampa francese del Castagno dei cento cavalli nel paesaggio dell’Etna. La rivista Forestry, vol. 95, luglio 2022

La risposta, scientifica e correlata da studi, arriva in questi giorni su Forestry, rivista internazionale di ricerca forestale con uno studio del Crea (Consiglio per la ricerca in Agricoltura) di Caserta, coordinato da Angelina Nunziata. Grazie a una tecnica innovativa di analisi del Dna estratto dalle foglie, viene confermato che “i tre tronchi che oggi formano l’albero monumentale hanno avuto origine dallo stesso seme, e potrebbero derivare, quindi, dalla frammentazione radiale di un tronco principale”. Le analisi accurate, inoltre, circoscrivono l’età dell’albero in 2.200 anni.

Il Castagno dei cento cavalli ha un diametro medio di 18 metri, che divengono 58 se si considera la circonferenza dei rami, e una altezza di 22 metri.

2.200 anni e non sentirli
Il monumentale Castagno oggi, e in una stampa popolare del 1836 (a destra)

Noto fin dal XVI secolo (ne parlano gli storici Antonio Filoteo e Pietro Carrera) divenne meta di visitatori stranieri nel secolo XVIII, che lo fecero conoscere a studiosi e curiosi europei con le immagini grafiche e le narrazioni intrise di mistero e poesia:

«La sua mole è tanto superiore a quella degli altri alberi, che mai si può esprimere la sensazione provata nel descriverlo. Mi feci, inoltre, dai dotti del villaggio raccontare la storia di questo albero che si chiama dei cento cavalli in causa della vasta estensione della sua ombra. Mi dissero come la regina Giovanna recandosi dalla Spagna a Napoli, si fermasse in Sicilia e andasse a visitare l’Etna, accompagnata da tutta la nobiltà di Catania stando a cavallo con essa, come tutto il suo seguito. Essendo sopravvenuto un temporale, essa si rifugiò sotto quest’albero, il cui vasto fogliame bastò per riparare dalla pioggia questa regina e tutti i suoi cavalieri.» Jean Houel, Viaggio in Sicilia, 1787.

2.200 anni e non sentirli
J. Houel, Paesaggio con l’Etna, gouache, sec. XVIII

La nobile famiglia dei Caltabiano, proprietaria del fondo, sino ai primi del Novecento, non disdegnò di utilizzare la sua folta chioma per conviviali e banchetti con ospiti illustri. Solo nel 1965 l’albero fu espropriato e dichiarato monumento nazionale; nel 2006 l’UNESCO lo ha dichiarato monumento messaggero di pace.

Lo studio del Crea, pubblicato il mese scorso da Forestry, non avalla un presunto primato mondiale, ma conferma albero più grande d’Italia e uno dei più longevi d’Europa, il castagno dei cento cavalli. Con una salute di ferro. Cento, ops, mille di questi anni!

Un pranzo della famiglia Caltabiano organizzato sotto le fronde del Castagno dei Cento Cavalli nel 1923. Invitato d’onore il Prefetto di Catania Dott. Grimaldi (da Wikipedia)

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