di Giuseppe Schembari
Presentata al Salone di Ginevra del 1966, la nuova spider della casa del biscione non ha ancora un nome. L'”innominata” la definisce il giornalista sportivo Gino Rancati. I vertici dell’Alfa avevano deciso che il nome sarebbe stato scelto in uno speciale concorso internazionale e così fu. Arrivano 140.501 proposte e a vincere fu un signore bresciano, tale Guidobaldo Trionfi, con il nome di “Duetto”. Tuttavia quel nome sarà assegnato soltanto ai primi 190 esemplari per una questione di diritti commerciali. Il modello ebbe quindi il nome di “Spider 1600”, ma “Duetto” rimase ugualmente nell’immaginario collettivo di tutti gli appassionati che continuarono, e continuano, a chiamarla con quel simpatico nomignolo.

Già a metà anni ’60 la bella e iconica Giulietta Spider cominciava a risentire del peso dell’età e alla dirigenza dell’Alfa sembrò doveroso pensare a un nuovo modello. Una prima proposta era già uscita dalla Carrozzeria Pininfarina e presentata al Salone di Ginevra del 1961, la Giulietta SS Aerodinamica Spider, che a sua volta si rifaceva alle linee di un’altra serie di quattro “concept” precedenti: le Superflow. Partendo proprio dal telaio della Giulietta SS, Pininfarina aveva realizzato una “concept car” con interessanti caratteristiche inedite come i fari a scomparsa e altri dettagli dovuti alla ricerca dell’efficienza aerodinamica. Ebbe un grande successo di pubblico e critica, ma la dirigenza Alfa non si mosse. Anzi, nel 1964 il compito di delineare la versione spider venne affidato alla carrozzeria Bertone che approntò il prototipo del modello “GTC”, su disegno di Giorgetto Giugiaro, poi realizzato in serie dalla Carrozzeria Touring di Milano e posto in vendita a partire dal 1965. Ma la tiepida accoglienza del mercato riservata alla nuova “GTC” convinse la Casa del biscione a cercare una soluzione alternativa.

Per vestire la nuova spider, nel 1965 venne dunque incaricata la Carrozzeria Pininfarina. Un gruppo di designer guidato da Aldo Brovarone e supervisionato da Franco Martinengo e dallo stesso Gian Battista Pinin Farina (fu il suo ultimo contributo), per il nuovo modello, scelse di ripartire proprio dalla base stilistica della Giulietta SS Aerodinamica Spider del ’61 (e dalle Superflow) e venne sviluppato partendo dal pianale della Giulia con un passo accorciato (2.250 mm). Ne venne fuori la prima serie, la più iconica, che aveva una forma ellissoidale con frontale e coda arrotondati, laterali convessi e una linea di cintura molto bassa. Non è un caso che gli appassionati gli diedero il nomignolo di “osso di seppia”.

La meccanica fu ripresa dalla Giulia Sprint GT Veloce: il classico 4 cilindri bialbero da 1.570 cm³ da 108 CV a 6.000 giri/min, alimentato da due carburatori doppio corpo. Trazione posteriore, cambio a 5 rapporti, freni a disco sulle quattro ruote. E grazie al peso inferiore alla tonnellata, la nuova Spider era in grado di raggiungere una velocità di 185 km/h. Lo schema delle sospensioni prevedeva, per l’anteriore, ruote indipendenti, trapezi, molle elicoidali, barra stabilizzatrice e ammortizzatori idraulici telescopici. Ponte rigido per il posteriore, con molle elicoidali, bracci longitudinali, stabilizzatore a croce e ammortizzatori idraulici.
Gli interni erano caratterizzati dal tipico sky Alfa, da una strumentazione abbastanza completa, con due elementi circolari grandi, tre piccoli, cruscotto verniciato nella tinta della carrozzeria e infine dall’adozione di un particolare posacenere di grandi dimensioni con accendisigari, sotto, vicino al cambio.
Nell’estate del 1966 la rivista americana “Sports Illustrated” ne fece testare uno dei primi esemplari da un personaggio d’eccezione: l’attore Steve McQueen, che era pure un buon pilota (arrivò secondo nella sua categoria alla 12 Ore di Sebring del 1970).
“It is a very forgiving car. Very pretty, too” (L’auto è facile da guidare. Ed è anche molto graziosa), fu il suo giudizio. Un anno dopo sarà invece Dustin Hoffman a consacrare la “Duetto” ad autentica icona dell’automobilismo ne il film “Il laureato” (1967). Primo fortunato debutto cinematografico che dette il via a molteplici apparizioni sul piccolo e grande schermo.

Per lanciare la nuova Spider negli Stati Uniti venne anche organizzata una spettacolare crociera con i personaggi più noti dello spettacolo, dello sport e della moda dell’epoca, a bordo della turbonave italiana “Raffaello”. La nave ripercorse la storica tratta da Genova a New York, facendo scalo a Cannes in occasione del Festival del Cinema e, per tutta la durata della crociera, sul ponte della nave, furono esposti tre esemplari dello spider Alfa nei colori della bandiera italiana. Un’abile mossa di marketing con cui l’Alfa Romeo gettò le basi del “Made in Italy” nella comunicazione pubblicitaria.
Era l’inizio di un’avventura di grande successo che avrebbe attraversato un arco temporale lunghissimo di quasi trent’anni.

Tra la metà del 1967 e la metà del 1969, alla prima versione ne fu affiancata una con motore maggiorato di 1779 cm3 da 114 CV, la “1750 Spider Veloce”. Vennero montati anche cerchi ruota da 15″ con pneumatici maggiorati, lo specchietto retrovisore fu spostato dal passaruota sulla portiera e fu adottato un volante a tre razze con corona in legno (invece che in bachelite nera) della Hellebore, a calice largo. Sul posteriore spiccava la scritta “1750”. Di questa versione ne fu prodotto anche un modello per il mercato americano che rispondeva alle nuove normative antinquinamento: il modello 105.62, che invece dei due carburatori della versione europea (modello 105.57), montava una (inaffidabile) pompa a iniezione meccanica Spica. Altra differenza era la mancanza della copertura in plexiglass dei fari anteriori, che negli USA non poteva essere montata.

Dal 1968 venne prodotta la “1300 Junior” con il motore di 1290 cm3 da 89 CV (del GT Junior). Esteticamente differiva per l’assenza delle calotte di plexiglas sui fari, lo spostamento delle luci di direzione, davanti alle ruote anteriori, per i copricerchi cromati con il fregio stampato, i deflettori fissi e gli interni, più semplificati, erano caratterizzata da un volante a due sole razze, con la corona in bachelite nera. Il posacenere era sprovvisto di accendisigari. Sul posteriore spiccava la scritta “1300 Junior”.
Delle tre versioni con differente motorizzazione, del “1600” ne furono costruite 6.325 esemplari, 4.685 del “1750”, e infine 2.681 del “1300 Junior”.

La seconda serie fu presentata al Salone dell’Automobile di Torino nel 1969. Il posteriore fu riprogettato e perse quel caratteristico disegno ad “osso di seppia” per realizzare, invece, una “coda tronca”, in ossequio alla moda del momento e alle teorie aerodinamiche del Professor Kamm. E “coda tronca” fu proprio il nomignolo con cui passò alla storia.
Vennero modificati di conseguenza i paraurti, in acciaio inox e con profilo in gomma di protezione, le calotte copri faro rimasero di serie sulla 1750 (e successivamente sulla 2000), fino a circa il 1980, ma non furono mai adottate sulle 1300/1600 junior, oltre ad un’inclinazione maggiore del parabrezza, con beneficio del design e dell’aerodinamicità. Venne modificato la capote in tela, con attacchi interni alla scocca. La lunghezza scese da 4.250 mm. a 4.120 mm. La “1600 uscì dal listino.

La “1750 Spider Veloce”, aveva nuovi interni con una console centrale più legata alla moda delle auto sportive anni 70 con contagiri e tachimetro contenuti in due palpebre, cruscotto non più in tinta e maniglie a filo di carrozzeria.
Nel 1971 venne dapprima affiancata dalla versione “2000 Spider veloce”, con motore di 1962 cm³ da 132 CV. Poi. L’anno dopo, il “1750” esce definitivamente di scena, mentre ritorna la motorizzazione di 1560 cm³: la “1600 Junior”, unificata nell’allestimento con la “1300 Junior”.
Nel 1974, causa la crisi petrolifera, la versione 2000 passava a 128 CV, stessa sorte capitò al al 1750 con motore da 102 CV della Giulia berlina.
Nel 1977 esce dal listino la versione 1300, mentre La “2000 Spider Veloce” a fine 1978 ricevette alcuni aggiornamenti riguardanti il nuovo disegno sedili, pannelli, tappeti e altri piccoli particolari.

In questa serie tutte le motorizzazioni erano alimentate da due carburatori doppio corpo orizzontali, con l’eccezione della serie “America”, alimentate dalla iniezione meccanica Spica, eccetto gli ultimi esemplari del 1982, già dotati di impianto di iniezione elettronica Bosch jetronic. Parte della produzione America si caratterizza inoltre per i paraurti ad assorbimento, dalle luci di posizione agli angoli vettura ed una specifica gamma colori.
Complessivamente furono prodotte 4.380 esemplari dello “1300 Spider Junior” (1969-1977), 4.036 del “1750 Spider Veloce” (1969-1972), 43.459 del “2000 Spider Veloce (1971-1982), 2.100 del “1600 Spider Junior” (1972-1975) e 3.598 del “1600 Spider” (1975-1982).

Nella terza serie, nel 1983, vi fu un altro sostanzioso ritocco alla linea, soprattutto nella coda, che vide l’adozione di nuovi paraurti avvolgenti, uno scudo anteriore piccolo stilizzato in materiale plastico e un nuovo spoiler nero posteriore anch’esso in materiale plastico, contenente dei fari più grandi. Modello, oggi, poco apprezzato dai collezionisti, ma le cui modifiche derivarono da uno studio aerodinamico effettuato nella “galleria del vento”, da Pininfarina, che gli valse il nomignolo di “Aerodinamica”.

Negli interni presenta un volante in radica della Hellebore, un quadro strumenti con “palpebre” separate per contagiri e contachilometri e un tunnel centrale con tre indicatori circolari. Resterà invariata sino al 1986, quando il classico cruscotto portastrumenti a due palpebre venne sostituito da una a palpebra unica, che raccoglie anche gli strumenti secondari arricchiti del voltametro. Ne beneficiò anche la climatizzazione. I classici specchietti cromati furono sostituiti da due specchietti in plastica nera come il resto delle finiture. Questa serie venne prodotta con due motorizzazioni, a carburatori, di cilindrata 1600 cm3 e 2000 cm3, con potenze rispettivamente da 102 CV e 128 CV. La capote era in tela e come optional poteva essere fornita di Hard-top.

Nel 1986 viene immessa sul mercato una nuova versione ristilizzata della 2000 a carburatori: la “Quadrifoglio Verde”, anche se la potenza è invariata con la vecchia motorizzazione “AR00515”. Le variazioni di carrozzeria quali paraurti anteriore e posteriore che inglobano fascioni aerodinamici marcati, di comune design con le bandelle sottoporta (minigonne), ed i nuovi cerchi in lega da 15 pollici la rendono immediatamente distinguibile.
All’interno si presenta con sedili più avvolgenti di colore grigio piombo e impunture rosse, così come rossa risultava essere la moquette sul pavimento. La “Quadrifoglio Verde” venne prodotta dal 1986 al 1989 in 2.692 esemplari in due soli colori: Rosso Alfa e Grigio Metallizzato. Sugli esemplari destinati al mercato statunitense la Quadrifoglio Verde era dotata dell’iniezione elettronica ed era disponibile anche in altre colorazioni come ad esempio il nero pastello.

Con l’avvento della quarta e ultima serie, nel 1989, per rispetto delle normative anti inquinamento, il motore di 2000 cm³ a carburatori fu alla sua ultima apparizione.
Pininfarina la ristilizzò con una linea pulita e filante, ottenuta eliminando le appendici che l’avevano appesantita. I paraurti, adesso, sono di tipo integrato e dello stesso colore della carrozzeria, lo scudo Alfa ricavato dal paraurti anteriore, le minigonne laterali sono sostituite dai coprilongheroni e i gruppi ottici posteriori sono ridisegnati sullo stile dell’allora ammiraglia 164.
Lo schema meccanico rimane immutato (ancora con l’assale rigido posteriore) e venne offerta in versione 1.600 a carburatori da 109 CV e 2.000 ad iniezione elettronica. Quest’ultimo dotato di variatore di fase da 126 CV o da 120 CV dotato di catalizzatore. A partire dal 1992 quest’ultima diventa l’unica versione disponibile e vengono dotate di differenziale autobloccante e servosterzo. La selleria di serie è in sky beige o nera (dal 1992) con la parte centrale in alcantara. Optional la selleria in pelle. Venne prodotta in 18.456 esemplari .

Per il mercato statunitense dove era denominata “Spider Veloce”, venne proposta esclusivamente in versione 2.0 iniezione catalizzata, dotate di Air Bag nel volante, terzo stop carenato sul baule posteriore, i paraginocchi più voluminosi e sporgenti e paraurti dotati internamente di ammortizzatori a gas. Tutte furono dotate di aria condizionata, sedili in pelle e pomello del cambio in legno. Era disponibile come optional anche un lento cambio automatico a 3 rapporti.
La produzione cessa definitivamente nel mese di Aprile del 1993. fatto salvo il riallestimento dei 190 esemplari della serie speciale numerata “Commemorative Edition” approntati nei primi mesi del 1994.