di L’Alieno
Nell’era Covid, se ti chiami Berlusconi o Briatore ai primi sintomi scatta subito un apparato sanitario impeccabile. Ti prelevano a casa, ti portano in un centro di eccellenza, stanzetta singola, le cure saranno le migliori disponibili e soprattutto tempestive.
Chiaro che l’esito della malattia, nonostante l’età o le patologie pregresse, sarà molto probabilmente positivo. Non per nulla il Berlusca è tornato a casa guarito e la ‘prostatite polmonare’ del cafone della Costa Smeralda anche.

E per noi comuni mortali?
Giorni ad aspettare un tampone molecolare, nonostante la sintomatologia Covid già conclamata. Se poi le condizioni dovessero peggiorare ti caricano in un’ambulanza che ti porta in ospedale in coda insieme ad altre ambulanze con lo stesso carico di sofferenza umana.
Dopo qualche ora, sempre se resisti al disagio e sei fortunato, trovi un letto disponibile. Sennò rimani in una barella piazzata in corridoio a tempo indeterminato. E si deve sperare di non avere bisogno della terapia intensiva perché non c’è posto. Anche se i dati (taroccati) dicono che c’è, per evitare i lockdown.
Tutto ciò perché la ‘seconda ondata’ non era stata prevista dai burocrati della sanità. Così i mesi estivi sono trascorsi tra ferie (strameritate dopo il lockdown!), amene ‘zangrillate’ e l’immancabile ‘affidarsi alla provvidenza divina’.
Niente piani di raccolta del plasma iperimmune, niente piani di emergenza autunnale. Niente di niente.
Siamo al nodo della questione. Forse si dovrebbero ribadire due ovvie banalità (che evidentemente non lo sono). Non soltanto si dovrebbe tornare a considerare l’efficienza della sanità pubblica una priorità nazionale, ma la stessa dovrebbe tornare ad essere gestita dai medici stessi.
Con tutto il rispetto, non può esserci a Roma un ministro laureato in scienze politiche, un generale dei carabinieri commissario in Calabria, o un avvocato alla regione Sicilia e un architetto all’ASP di Ragusa.
Credo sia un’offesa al buon senso.

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