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di Concetta Laraffa

Correva l’anno 1956. A Chiaramonte apriva una trattoria destinata a non essere dimenticata e rimanere viva nella storia della città per i suoi indimenticabili sapori, odori, ma soprattutto per il personaggio che “animava” i fornelli e che torna subito alla mente di ogni chiaramontano (dai 50 anni in su) ogni qual volta si parla soprattutto di arancine: Natale Burrafato.

Erano i mitici anni ’50 quando tra vecchi modelli di Balilla e “Topolino”, la nuovissima Fiat 500, lambrette e Musichiere, abitare in un paesino arroccato sugli iblei era un po’ come vivere in una grande famiglia; quando ancora, nelle fredde sere d’inverno, tra mandolini e grammofoni, con gli amici si condividevano festini e serate da ballo a base di “calia e simenta”.

Natale Burrafato (1903 – 1974) (foto da “Senzatempo” vol.1)

Anni molto difficili per altri versi. Per chi non emigrava a nord o all’estero decidere di costruire il proprio futuro in quella piccola comunità era dura. Ci si doveva inventare un lavoro tra mille difficoltà. Allora quale migliore opportunità poteva darsi nel trasformare una profonda passione in lavoro? Ed è ciò che è stato capace di fare il nostro Natale.

Nato a Santa Croce Camerina nel 1903, si trasferì ancora giovane a Ragusa dove trovò lavoro in un ristorante. Sono gli anni in cui si innamora di Giorgia, che diventerà presto sua moglie, e quelli in cui la passione per la cucina lo travolgerà.

Una serie di miti degli anni ’50

Successivamente si trasferirà a Chiaramonte dove ben presto si farà apprezzare per la bravura nell’imbandire le ricche tavole della nobile famiglia dei Cultrera di Montesano. Secondo alcuni andrebbe a lui il primato per l’invenzione della famosa costata di maiale ripiena chiaramontana.
Poi una breve parentesi a Catania, presso una famiglia benestante, prima di tornare nuovamente a Chiaramonte. Ma stavolta con l’intenzione di avviare una propria attività di ristorazione nel centro storico, in via Marconi.

La costata di maiale chiaramontana (foto da sardefinocchietto.wordpress.com)

Così Don Natale con l’enorme grembiule che lo avvolgeva dal petto ai piedi e la simpatica moglie Giorgia aprirono i battenti con un menù a base di costate di maiale ripiene, polli ripieni, gelatine, galantine e le famose crispelle di San Giuseppe, che allietavano soprattutto i palati di quei bambini che erano riusciti a mettere da parte qualche lira. Ma destinate a rimanere un cult nel ricordo di tutti i chiaramontani saranno le sue famose arancine che, tra orchestrine, stole di visone ed eleganza a “tinchitè”, approderanno persino nelle serate di gala del 14 agosto ai giardini comunali di Chiaramonte. E chissà se la Nilla Pizzi, in una di quelle serate, avrà avuto la fortuna di assaporarne il magico gusto.

(foto tratta da “Senzatempo”)

La piccola trattoria di via Marconi divenne ritrovo di buongustai e non soltanto per chiaramontani. Vivere in quella via doveva certamente essere un privilegio e un piacere a quel tempo, tra odori di stufato e ragù, ma non mancavano scene di “disperazione”: la Signora Lucia spesse volte, tormentata e sopraffatta dall’inebriante profumo che saliva dal piano di sotto era costretta a scendere le scale e chiedere una manciata di ragù per condire gli spaghetti dell’amato marito Ninì.

Il luogo della vecchia trattoria a Chiaramonte, oggi al n. 38 di via Marconi

Non vi è dubbio che quella piccola cucina a legna fu determinante nella crescita della gastronomia locale già negli anni ’60, contribuendo, insieme al noto Ristorante Majore, a dare un’immagine estremamente positiva della cucina chiaramontana in tutta la Sicilia orientale.

Natale Burrafato, collaborato dalla famiglia, continuò la sua attività fino al 1974, anno della sua scomparsa, anche se qualche anno prima, nel 1968, gli era venuta a mancare la collaboratrice più preziosa e la compagna di una vita: la moglie Giorgia. Si chiudeva così una pagina degna di nota della gastronomia locale e soprattutto di un uomo che meriterebbe di essere rivalutato per i suoi meriti, a cominciare dall’invenzione delle sue famosissime arancine, che hanno allietato il palato di intere generazioni di chiaramontani e non soltanto.

La via Marconi con la chiesetta di San Giuseppe e don Natale Burrafato in età avanzata

Per gentile concessione della Signora Giovanna Presti Gatto a “Senzatempo” (vol.1) pubblichiamo la Ricetta delle Arancine di Don Natale:

INGREDIENTI: riso, salsa di pomodoro, cipolla, carota, carne di manzo tritata, piselli, vino bianco, prosciutto, formaggio fresco, uova, mollica di pane, olio e sale.
PREPARAZIONE: cuocere in acqua abbondante il riso, un po’ al dente, aggiungendo sale quanto basta. Nel frattempo preparare il “sugo finto” che servirà a condire il riso appena cotto, fatto solo di salsina e cipolla.
Per il ripieno: in olio d’oliva, dorare una cipolla ed una carota a dadini, aggiungere la carne di manzo tritata e continuare a soffriggere, spruzzare con vino bianco e solo alla fine aggiungere i piselli (cotti precedentemente) e la salsina. Oppure a piacere lasciare il riso in bianco, versare il ragù in una pirofila ed aggiungere prosciutto, formaggio fresco e uova sode tagliati a pezzi; finire di preparare il riso aggiungendo il “sugo finto” ed il formaggio grattugiato, impastare bene e fare raffreddare; formare le arancine e passarle, prima dalla farina, poi dall’uovo sbattuto e infine dalla mollica di pane; friggere in olio bollente. 
Il segreto di don Natale era quello di equilibrare le quantità degli ingredienti a suo gusto: tutto “ad occhio”.