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La bellezza di essere solo un filo d’erba

di Giulia Cultrera

E allora noi andavamo lenti perché pensavamo che la vita funzionasse così, che bastava strappare lungo i bordi, piano piano, seguire la linea tratteggiata di ciò a cui eravamo destinati e tutto avrebbe preso la forma che doveva avere. Perché c’avevamo diciassette anni e tutto il tempo del mondo.

Tutto il tempo del mondo, speranzosi che le cose prenderanno magicamente la giusta direzione, che troveremo il nostro posto nel mondo. E poi, di colpo, non abbiamo più diciassette anni, ma qualcuno in più. Ci troviamo in un presente che sembra dilatarsi all’infinito e, al tempo stesso, ci sfugge di mano, correndo quasi alla deriva. E noi siamo soltanto spettatori passivi della nostra vita.strappare lungo i bordi

Sentirsi soli e inadeguati, in una condizione di perenne attesa. Attesa di un cambiamento, di una proposta di lavoro che non arriva, di un periodo buio che non accenna a terminare. Appesi a un filo che si allunga sempre più, facendoci sprofondare in un tunnel di ansie e insicurezze.

Convinti di essere gli unici a provare queste sensazioni, come se il resto del mondo – ogni singola persona all’infuori di noi – fosse in grado di andare avanti, raggiungere traguardi, portare a termine gli obiettivi prefissati, trovare la propria strada. Strappare esattamente lungo i bordi.

Zerocalcare riesce a rappresentare alla perfezione le paure e le incertezze della nostra generazione, che accompagnano l’adolescenza e si protraggono anche nell’età adulta.

strappare lungo i bordi

Dà forma e voce ai nostri pensieri: la sindrome dell’impostore, l’idea di essere invisibili, di non essere mai all’altezza, di deludere costantemente le aspettative degli altri. La convinzione di aver fallito.

In Strappare lungo i bordi, sotto forma di flusso di coscienza, tra aneddoti, considerazioni, analisi più o meno critiche, Zerocalcare racconta se stesso, ma in realtà racconta anche noi. Il tutto con leggerezza e in chiave autoironica, doppiando tutti i personaggi che incontriamo, perché – in fondo – è il suo racconto. Il suo incontro con lo spettatore.

L’unica eccezione è l’Armadillo, la sua coscienza un po’ pigra e un po’ saggia che, senza mezzi termini, fornisce una chiave di lettura diversa degli eventi e spinge Zero a riflettere maggiormente su alcuni aspetti.strappare lungo i bordi - armadillo

Ciò che Bojack Horseman ci racconta in sei stagioni, Zerocalcare riesce a spiegarlo in sei puntate: il conforto di non essere davvero soli, di provare le stesse paure e insicurezze degli altri. E ci porta ad accettare quella sensazione ambivalente di sentirsi inutili e impotenti davanti ad alcuni aspetti della vita, ma anche la causa di tutti i problemi. Capire che, in fondo, siamo leggeri e delicati come dei fili d’erba. E non possiamo portare sulle spalle il peso del mondo intero.

Nel momento in cui il protagonista realizza tutto ciò, ascoltiamo per la prima volta le voci reali dei personaggi. Rimaniamo sempre nel flusso di pensieri di Zero, ma con una nuova consapevolezza, che lo porta a guardare se stesso e chi lo circonda con un maggiore distacco, cambiando prospettiva.strappare lungo i bordi

Non potremo mai essere delle sagome perfettamente strappate lungo i bordi, perché non è così che va la vita. Possiamo soltanto accettare queste forme di carta frastagliate, strappate un po’ male, senza seguire davvero la linea tratteggiata. Vite imperfette che non seguono in modo preciso il percorso ideale, ma escono spesso dal tracciato. E soltanto a volte riescono a rientrare.

Se non avete ancora avuto modo di farlo, recuperate il prima possibile questa stupenda serie italiana. Grazie alla sua capacità di raccontare le paure generazionali, prende per mano la parte intima e insicura di ognuno di noi e la tranquillizza.

E – checché se ne dica – il romanaccio di Zero è davvero musicale! Esprime l’essenza dell’autore ed è pienamente in linea con il registro linguistico e comunicativo delle sue graphic novel.zerocalcare