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Benedetto Marzolla

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di Giuseppe Cultrera 

Tra Sciacca e l’isola di Pantelleria, quasi nel mezzo dello spazio del mare che li divide, e propriamente ov’era un Banco coperto detto di Nerita, verso il dì 12 luglio 1831 surse un Vulcano sottomarino assai estesamente descritto dai pubblici giornali. Da esso dopo grandi eruzioni n’è rimasta una isoletta che qui vien descritta.

l'isola che non c'è
Copertina, prima pagina e le tavole III e IV dell’opuscolo del Marzolla

È l’incipit di un breve saggio di Benedetto Marzolla (1801 -1858) cartografo e geografo del Regno delle due Sicilie, che ho ritrovato fra le mie carte (Descrizione dell’isola Ferdinandea al mezzo-giorno della Sicilia, Napoli, Reale officio topografico, 1831; con VII tavole litografiche) dedicato a uno dei cento misteri di Sicilia, quello dell’isola comparsa e, quasi subito, scomparsa.

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Benedetto Marzolla in divisa di ufficiale borbonico. (A destra) Ferdinando II di Borbone, re delle due Sicilie

Ma veniamo ai fatti. A inizio luglio del 1831 alcune imbarcazioni e vascelli che transitavano nel tratto di mare antistante il territorio agrigentino incrociarono un banco di materiale vulcanico che sprigionava fumi e, nel prosieguo dei giorni, fiamme e lapilli. Tra luglio e agosto si formò un isolotto di 4km2 e un’altezza massima di 60 metri. Oggetto subito di interesse scientifico (tra i primi a studiarlo e a farne relazioni furono il prof. Friedrich Hoffman, geologo dell’università di Berlino e Carlo Gemmellaro docente di Storia Naturale presso l’università di Catania; il fisico Domenico Scinà, gli inglesi Warington Wilkinson Smyth, Edward Davy) e di appetiti coloniali.

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L’isola in una stampa inglese

L’ammiraglio inglese Percival Otham, che con la sua flotta si trovava nei paraggi, dopo breve ricognizione prese possesso del neonato isolotto, in nome di sua maestà, piantandovi la bandiera britannica e battezzandolo Graham. Non fu da meno la Francia: il 26 settembre, per rintuzzare l’Inghilterra, inviò il brigantino Fleche al comando del capitano Jean La Pierre, con la scusa di una missione scientifica diretta dal geologo Costant Prèvost a cui si accompagnava il pittore Edmond Joinvillen e tra un rilievo e l’altro piantarono sul punto sommitale la bandiera francese e posero una targa commemorativa con la nuova denominazione dell’isola, Julia.

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Una stampa popolare francese

Ma avevano fatto i conti senza l’oste, che in questo caso era il giovane re Ferdinando II di Borbone, nelle cui acque territoriali era sorta l’isola. Difatti Ferdinando II armò la corvetta Etna e al comando del capitano Giovanni Corrao la inviò, di gran lena, verso l’isolotto conteso. Il Corrao giunto sul posto, scese sull’isola e piantatavi la bandiera borbonica la ribattezzò Ferdinandea in onore al suo sovrano.

Immediata fu la risposta degli inglesi che contrapposero la fregata del capitano Janhouse, e per poco non si arrivò allo scontro, demandato alle cancellerie politiche e ai cavilli giudiziari che coinvolsero le tre potenze per mesi. Intanto l’isolotto vulcanico, eroso dall’acqua e notevolmente ridimensionato nella superfice e altezza, un mattino repentinamente, come era apparso, si inabissò. Erano trascorsi appena sei mesi.

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Alcune stampe dell’epoca con la rappresentazione dell’evento

Rimase il racconto mitico dell’evento che divenne storia, narrazione. Se ne trovano tracce in Gustave Flaubert e Jules Verne; Luigi Pirandello ne trasse ispirazione per La nuova colonia. Come i nostri contemporanei, Gesualdo Bufalino (Argo il cieco) e Andrea Camilleri (Un filo di fumo).

Il turbolento vulcano sottomarino, artefice della nascita ed effimera vita dell’isola Ferdinandea, si è risvegliato più volte da allora, creando anche affioramenti fugaci. Anzi, di recente ha fatto presagire una replica. E verrebbe da pensare che, un’insita saggezza ed equilibrio naturale, lo trattenga dal suscitare altre controversie internazionali nel Mediterraneo, sempre più affollato e strategico.vulcano

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