di Olga Maerna
Il recente scandalo che ha interessato Grafica Veneta, azienda leader in Italia per la stampa dei libri, ha portato sotto i riflettori tante questioni che, purtroppo, per quanto già ampiamente dibattute, non cessano di essere tragicamente attuali. Forse serviva proprio un caso come quello degli ultimi giorni per far sì che ci si mettesse a discuterne, di nuovo.
La vicenda, diffusa la scorsa settimana, è stata riportata da diverse testate ed è quindi ben nota. In seguito a indagini iniziate già lo scorso anno, sono stati denunciati casi di caporalato e maltrattamenti a opera di BM Service, società con sede in Trentino a cui Grafica Veneta aveva appaltato alcune fasi finali del processo produttivo. Le vittime, in questo caso, alcuni lavoratori di origine pakistana, costretti a lavorare anche dodici ore al giorno, con uno stipendio inadeguato e senza alcun tipo di garanzie contrattuali. A peggiorare le cose, episodi di maltrattamenti, minacce e percosse, di cui è improbabile che i dirigenti di Grafica Veneta non fossero a conoscenza.
Episodi di caporalato come questo purtroppo non sono una novità nel nostro Paese. A dare risalto a questa vicenda è, però, il particolare contesto in cui si è venuta a creare. Grafica Veneta è un’azienda perfettamente avviata e una realtà di primo piano nel panorama editoriale italiano. Con 700 dipendenti tra Italia e USA, ha in carico la stampa di libri per i principali gruppi editoriali italiani (tra cui Feltrinelli e Mondadori).
Chi avrebbe mai pensato che cose del genere accadessero anche in ambito editoriale, tra persone di cultura? L’editoria è, però, un settore commerciale esattamente come tutti gli altri. Non estraneo quindi alle logiche di guadagno e profitto, che non sempre si rivelano virtuose.
Come sottolineato poi in un recente articolo de Il Post, emerge così il lato oscuro di un settore che, dopo anni di difficoltà e tentennamenti, nel 2020 aveva registrato una crescita di fatturato. In molti si sono rallegrati della notizia positiva per l’editoria italiana, probabilmente senza però essere a conoscenza di cosa si celasse sotto la superficie, e di quale potesse essere il costo umano richiesto da una delle sue principali realtà.
C’è un altro importante aspetto messo in luce da Il Post. Nei primi mesi della pandemia Grafica Veneta si era impegnata a convertire la propria produzione e a venire incontro all’emergenza sanitaria producendo mascherine. Una decisione che aveva gettato una luce positiva sull’azienda, presentandola come attenta ai bisogni del pubblico e pronta a darsi da fare per dare un contributo sociale. Un’immagine che stride molto con il modo in cui l’azienda si è davvero dimostrata rispettosa della dignità e della salute dei lavoratori coinvolti.
Anche in questo caso, nulla di nuovo. È piuttosto comune negli ultimi tempi vedere aziende che sostengono determinate cause sociali, ambientali o economiche. Basti pensare all’impegno dimostrato da molte nei confronti della sostenibilità, della produzione etica, o del rispetto dei diritti civili all’interno della società. Tutte pratiche lodevoli e di valore, ma che poi dovrebbero essere supportate da azioni concrete anche lontano dei riflettori, e non solo essere una facciata virtuosa per ottenere una crescita in termini di immagine.
Infine, la cronaca recente non fa che confermare come queste pratiche di sfruttamento vadano sempre a colpire determinate categorie di lavoratori “deboli” – ovviamente, non deboli di per sé, ma deboli all’interno della scala gerarchica su cui il sistema è costruito. In questo caso si tratta di lavoratori di origine straniera, che arrivano in Italia in condizioni di maggiore difficoltà e che quindi cadono più facilmente vittime di sfruttamento e maltrattamenti.
Lo stesso avviene, purtroppo ancora nel 2021, a discapito delle lavoratrici, ancora troppo spesso oggetto di una discriminazione più celata ma che, nei fatti, le pone in una condizione svantaggiata rispetto ai colleghi uomini.
Molte, forse troppe, sono le problematiche che emergono da casi come questo. E più il tempo passa, più diventa urgente affrontarle in modo definitivo e strutturato – e non solamente fatte oggetto di scandali e notizie di cronaca.