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ovvero
Jimmy vs Saul

di Giulia Cultrera

Better call Saul rasenta la perfezione. La scenografia, le inquadrature, i cambi di scena sono pura poesia. Tutto è disposto in un ordine preciso, segue schemi e logiche che si ricollegano a Breaking Bad o che sono funzionali allo svolgimento della trama. Un prodotto fine e accurato che – lasciatemelo dire – mette quasi in ombra il gran lavoro fatto con la serie madre.

Perché qui parliamo di un’opera più matura, ben studiata e rappresentata, che richiama perfettamente personaggi, vicende o anche solo accenni fatti in Breaking Bad.better call saul

Inutile negarlo, gli spin-off portano sempre con sé il peso della serie madre. È impossibile non fare continui confronti che, il più delle volte, non reggono il paragone con lo show originale.

Ma non è questo il caso. Better call Saul ha un ritmo lento, si sofferma sui dettagli, ama contestualizzare le situazioni ed entrare gradualmente nella psiche dei protagonisti e dei personaggi secondari. Lo stesso andamento moderato che, guarda caso, ritroviamo nelle prime puntate di Breaking Bad.

Lo spettatore deve assaporare ogni istante, avere un quadro d’insieme. Soltanto in seguito può essere risucchiato nel groviglio di eventi.better call saul

La cosa bella degli spin-off è che sappiamo come si evolveranno alcune vicende. La cosa brutta è che, pur sapendolo, ci affezioniamo comunque a determinati personaggi e attendiamo con paura la fine della serie. Perché più ci avviciniamo all’epilogo di Better call Saul e più temiamo per l’incolumità di quei personaggi che sappiamo già non esisteranno in Breaking Bad.

Kim per prima: un personaggio nuovo, con una grande caratterizzazione e una trasformazione in negativo che rimanda a quella affrontata da Walter White nel diventare Heinseberg.

Un passaggio di testimone che ritroviamo fin da subito nel protagonista. Ma a differenza di Walt e Saul, Kim è l’unico personaggio che riesce a non farsi risucchiare completamente dagli eventi. Si assume le sue responsabilità e cerca redenzione.better call saul

E, non a caso, il momento in cui Kim esce di scena coincide con il punto di non ritorno per Jimmy.

Ci ritroviamo catapultati indietro di anni, alla prima apparizione di Saul in Breaking Bad. Perché adesso esiste soltanto Saul Goodman.

Gli episodi conclusivi di Better call Saul non lasciano spazio a dubbi o speranze: sappiamo già che non potrà finire bene per il protagonista. La vittoria di Saul equivale alla sconfitta di Jimmy, e viceversa. In qualche modo, una parte di lui perderà comunque.

Tutto ciò che può fare è sfoderare la sua formidabile dialettica e trasformare l’aula del tribunale nel suo show personale, conducendo – ancora una volta – le redini del gioco.better call saul

ovvero
Breaking Bad al femminile

di Giulia Cultrera

Il bello di Ozark è che gioca a carte scoperte fin da subito. Anche troppo scoperte, se si considerano gli spoiler senza contesto mostrati all’inizio di ogni episodio.

La famiglia Byrde, infatti, scopre immediatamente gli affari illeciti di Marty e diventa parte integrante dell’attività criminale per conto del cartello messicano. Non che avessero molte alternative, ma è innegabile che avere moglie e figli dalla propria parte sia fondamentale in queste situazioni.

Tuttavia, Breaking Bad ci insegna che quando le mogli entrano nel business del riciclaggio, iniziano i veri guai. Anche se qui si invertono le parti: Wendy Byrde diventa il Walter White della situazione, prendendoci gusto e non riuscendo più a fermarsi.ozark

E questo vale per tutte le figure femminili della serie. Sono le donne a reggere il gioco, e lo fanno brillantemente. Sono astute, calcolatrici, delle indomabili leader.

Il problema è che sono anche dannatamente folli, impulsive e imprevedibili. Prendono decisioni avventate e non si preoccupano delle conseguenze – disastrose e mortali – delle loro azioni.

È così che arriviamo alla fine della seconda stagione di Ozark con il cast originale già praticamente decimato.ozark

Il timore delle prime stagioni di Wendy e Ruth lascia il passo all’adrenalina: si punta ai piani alti del cartello, per non fare la fine di tutti quelli che non ce l’hanno fatta e sono stati eliminati.

Ed è lì che leghiamo maggiormente con il personaggio – pur essendo un antieroe – perché conosciamo le regole del gioco, ormai ci siamo dentro e non esistono più valori e limiti. Vogliamo soltanto che tutto si concluda al meglio per i protagonisti. Perché i colpi di testa, le imprudenze e le impulsività ingarbugliano la situazione.

Fortunatamente, i coniugi Byrde – a volte collaborando, principalmente agendo una alle spalle dell’altro – riescono sempre a trovare una via di uscita. Anche se le circostanze si complicano ogni volta di più. E la faccia rassegnata di Marty, quando si ritrova dinanzi all’ennesimo problema da risolvere, è una costante.ozark

I toni cupi e freddi sono un’altra costante, costringendoci a vedere la serie necessariamente al buio. Fortunatamente, non sarà mai ai livelli della battaglia de Il trono di spade, ma i creatori di Ozark non scherzano neanche in quanto a scarsa luminosità delle scene.

Un’atmosfera che contraddistingue lo show sin dalle prime battute: le luci, la musica, il ritmo lento che si bilancia con quello adrenalinico, la recitazione. Tutto è studiato nel dettaglio, per restituire scene cariche di tensione, dramma e attesa. Fino all’episodio finale, che lascia interdetti, ha dei risvolti inaspettati e in parte temuti. Sicuramente inevitabili.

Perché è impossibile chiudere completamente il cerchio. E, in fondo, dopo tutto quello che è successo, è davvero una prospettiva realizzabile?ozark

ovvero
Tieni stretti gli amici, ma ancora di più i nemici

di Giulia Cultrera

Per il ciclo “ha del potenziale ma non si applica” sale sul podio La casa di carta. Una serie spagnola partita in sordina e diventata in breve tempo un fenomeno mondiale che ha affascinato e conquistato gli spettatori sulle note di Bella Ciao. Un inno alla resistenza e alla libertà che ha fatto dei suoi simboli un grande punto di forza. La tuta rossa e la maschera di Dalì rimarranno sempre legate all’immaginario di questo show (a meno che le tute non vengano riciclate per girare Squid Game, ma questa è un’altra storia).

Il format è nuovo, audace e assolutamente vincente: una stravagante e mal assortita banda di ladri realizza la rapina del secolo occupando, con tanto di ostaggi, la Zecca di Stato spagnola. Non contenti, qualche anno dopo decideranno di alzare l’asticella e mettere nuovamente a repentaglio le proprie vite rinchiudendosi nella Banca di Spagna. Ce la faranno i nostri (anti)eroi?

la casa di carta

Sono folli, sconsiderati e determinati: i presupposti ci sono tutti. Ma questo non basta se alla base manca un piano congegnato e studiato in ogni più piccolo aspetto.

Fortunatamente, abbiamo il Professore. Timido e impacciato nelle relazioni interpersonali, spavaldo e calcolatore quando deve negoziare con i servizi segreti o attuare un piano di riserva. Perché c’è sempre un piano B. Talvolta anche C o D. Il professore è (quasi) sempre una mossa avanti.

Fermiamoci a riflettere su quanto sia elevata la sua capacità di problem solving. Se si fondesse con l’Armadillo di Zerocalcare avremmo una super coscienza pronta a svoltarci la vita in qualsiasi situazione. E invece no.la casa di carta

Alcuni personaggi de La casa di carta nascono unicamente per mettere a dura prova la nostra pazienza. Ne prendiamo due a caso? Tokio e Arturito. La prima ha una spiccata propensione a complicare la situazione, fare di testa propria e mettere in pericolo gli altri. È più forte di lei, non riesce proprio ad attenersi al piano.

Dove non arriva lei, ci pensa Arturo, compiendo qualche azione avventata e uscendone, immancabilmente, ferito (con grande soddisfazione di tutti, bisogna ammetterlo).

In altri casi, invece, lo show ci porta a guardare tutto da una nuova prospettiva e i personaggi maggiormente odiati diventano proprio quelli più amati, nonché decisivi per la buona riuscita del piano. Precisiamolo, Arturo non rientra in questa categoria: lui è la Skyler White della situazione e nulla – nulla – potrà far cambiare idea allo spettatore.la casa di carta

Esattamente come in Breaking Bad, succeda quel che succeda, ci ritroveremo sempre a tifare per il villainI protagonisti de La casa di carta hanno esperienze di vita diverse, ma sono tutti accomunati da un aspetto fondamentale: sono gli ultimi, gli emarginati della società, con precedenti penali alle spalle. Sono soli e non hanno più nulla da perdere. Per questo il pubblico tiferà sempre per loro e gioirà delle loro vittorie.

Al di là delle critiche mosse allo show, La casa di carta ha rappresentato un fenomeno di massa, ha sollevato alcune tematiche sociali importanti e ci ha tenuti incollati allo schermo. Non si può gridare al capolavoro, ma resterà una di quelle serie iconiche che porteremo nella nostra – infinita – lista delle serie tv.la casa di carta

ovvero
Chi sospetterebbe mai di tre mamme?

di Giulia Cultrera

Good Girls può essere considerato una versione al femminile di Breaking Bad. Alla base c’è sempre un problema di natura economica e una soluzione totalmente illegale per arginarlo.

Il brivido del rischio aumenta di stagione in stagione, così come la probabilità di finire in carcere. Le protagoniste, da timorose e impacciate, diventano delle abili Heisenberg, pronte a godere dei soldi facili e della sensazione di potenza e indipendenza che il denaro porta con sé. E si distinguono proprio per il loro essere donne coraggiose e indipendenti, sempre in grado di tenere testa ai “veri” cattivi.good girls, i veri cattivi

Sì, nonostante la condotta poco legale, non possiamo fare a meno di tifare per loro, soprattutto se le paragoniamo agli altri criminali della serie.

E in effetti, nonostante la quantità assurda di rapine e reati vari, è impossibile non provare empatia per le protagoniste di Good girls. Le occasioni per mettersi nei guai non mancano di certo: disavventure, vicoli ciechi e imprevisti sono all’ordine del giorno, dato che Rio riesce – quasi sempre – a essere un passo avanti a loro.good girls, protagoniste

Fortunatamente, la leader del gruppo è Beth, colei che considera sempre i pro e i contro, analizza con occhio critico e calcolatore ogni dettaglio e riesce sempre a trovare una via d’uscita.

Non avvertite una sorta di déjà vu? In effetti ricorda un po’ Annalise Keating e, se How to get away with murder ci ha insegnato qualcosa è che è prassi, per i personaggi, addossare tutte le colpe del mondo alla colonna portante della serie.good girls

Una commedia piacevole e coinvolgente, che si lascia divorare grazie ai continui colpi di scena. Mai banale o ripetitiva, mostra anche tematiche sociali importanti, ma le affronta sempre con ironia e leggerezza.

Il finale può non soddisfare le aspettative di tutti, ma non bisogna dimenticare che Beth ha sempre la situazione sotto controllo. E se così non fosse, basterebbe usare le parole in codice “ho lavorato a maglia” per dare – nuovamente – inizio ai giochi.good girls