di Pippo Inghilterra
Attraversando, nel silenzio della notte, la strada dei tre conventi di Comiso (Monastero di S. Giuseppe in piazza, Oratorio dei Filippini e Monastero di Regina Coeli), quando niente più rimane d’un passato antico, perdura ancora il ricordo “che emerge dall’anima delle cose e ti richiama nella solitudine la presenza, tra le ombre del passato” di qualcuno e di qualcosa… Al viaggiatore allora può venir voglia di salire i gradini del Monastero di Regina Coeli, tirare la campanella e farsi aprire.

Entrando nel monastero, superato il vestibolo e i due parlatoi, si apre l’ampio chiostro che delimita, attraverso i portici, da un lato le celle e dall’altro la chiesa del monastero. “La chiesa specialmente era splendida, per copia d’ornati che l’arricchivano. Fra i quali eccellevano, un interessante soffitto a colori e oro, con al centro la “Gloria di Maria in cielo” e agli angoli, in quattro graziosi ovali, la “Presentazione”, “l’Annunziazione”, la “Visitazione” e la “Vergine col putto” oggi nella chiesa della Madonna della Catena. Oltre al soffitto, da additare all’attenzione degli amatori era altresì una deliziosa “Visione di Santa Teresa” attribuita a Pietro Novelli, oggi nella chiesa di San Biagio, e il bellissimo coro delle monache in stile barocco, ma di grande effetto”, scrive Fulvio Stanganelli.

Di questa chiesa non esiste più niente, rimane solo una foto (conservata da Antonello Lauretta), una traccia in un documento scovato da Paolo Nifosì e una planimetria. Il Monastero di Regina Coeli era ricco di rendite e possedimenti e “fu sempre ben numeroso, e contò, tra le altre, ben quattro Principesse della famiglia Naselli” (P. Tommaso Blundo, 1770) vissute nell’agio e in un luogo di bellezza, dove nel 1739, fu incaricato il grande architetto del Val di Noto, Rosario Gagliardi, a disegnare il coro in legno delle monache, all’interno della chiesa.
Ora, se vi trovate di notte a passare dalla strada dei tre conventi, cercate d’ascoltare. Una notte, tornando a casa, mi è parso di sentire. vicino al muro del monastero, quello che sembrava un canto armonioso di inni e lodi a Dio…

