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City branding

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di Vincenzo La Cognata

La città di Chiaramonte è uno dei 19 Comuni che fanno parte del “distretto turistico degli Iblei”. Uno dei molti distretti formalmente istituiti dalla Regione Siciliana nel lontano 2012.

Da allora però nulla si è mosso. Per cui ritengo sia arrivato il momento di darsi una mossa per la nostra città, utilizzando tutte le opportunità che offre il “city branding”. Strumento innovativo che ha lo scopo di trasformare una città in un luogo attrattivo che il turista vuole visitare, se non addirittura viverci almeno per una parte dell’anno.

Una serie di marchi internazionali del city branding

Il marchio “città” verrebbe assimilato al valore di qualsiasi altro brand, quindi occorre un approccio strategico capace di valorizzare tutti gli asset importanti di una comunità, individuando cosa può essere offerto di unico e speciale. Ovvero la città deve essere capace di vendere se stessa ed essere competitiva come brand turistico. Per questo serve una precisa strategia che permetta di sfruttare al meglio le armi di cui si dispone, effettuando un’accurata analisi dei propri punti di forza e debolezza.

Il recente marchio di city branding della città di Catania (Immagine da qds.it)

Per rendere l’idea partiamo dalla considerazione che trattandosi di una piccola città il target di riferimento non potrà essere la massa, ma sarebbe di certo più conveniente orientarsi a piccole economie di nicchia con la possibilità di studiare e sviluppare servizi mirati. Qui la concorrenza risulterebbe peraltro meno aggressiva (perché meno replicabile da altre realtà). 

Proviamo ad immaginare le tante opportunità offerte dal nostro territorio, cercando di associare, ad esempio, il nostro olio ai non vedenti. Un binomio possibile attorno al quale si potrebbe sviluppare un servizio di portata inclusiva e sociale. Un percorso sensoriale che faccia sentire i profumi dei nostri olii e di altre produzioni adatte allo scopo.

Il pluripremiato olio di Chiaramonte risulta tra i più rinomati della nostra intera penisola (foto da gattofrantoio.it)

Altro esempio. Ad oggi i servizi offerti dalla città risulterebbero particolarmente adatti per un target turistico di over 65 (non è una critica, ma un’opportunità). Il buon cibo, il clima collinare più secco e fresco in estate, la Pineta dell’Arcibessi e la cornice delle numerose iniziative possibili dell’estate chiaramontana, tra sagre, eventi e festività religiose, potrebbero fare della nostra città una perfetta meta per soggiorni estivi di tutto riposo, lontani dal caldo afoso e dalla folla rumorosa delle grandi città o delle località costiere.

Una delle tante sagre dell’anno della città

Si potrebbero organizzare visite settimanali guidate e studiate appositamente per quel target. Mentre le specificità delle produzioni e della cucina del territorio potrebbero rappresentare un’ottima attrazione per i nostri ospiti: il vino, l’olio, i piatti di carne di maiale, i dolci, le produzioni agricole e artigianali di qualità, i prodotti caseari e dell’industria conserviera. Ovviamente ci sarebbe spazio anche per le società di trasporto persone.

Un piatto che rappresenta parte della nostra cucina tipica

Altro esempio ancora. Lo sfruttamento della risorsa bosco dell’Arcibessi. Ne ha parlato Giannandrea Giallongo giustappunto in un recente articolo su questo blog. Può una comunità come la nostra permettersi di non guadagnarci quasi nulla da tutto il movimento di bikers che già esiste (e potrebbe essere anche incrementato)? Se le regole di gestione del bosco oggi non lo permettono allora si cambino le regole. L’Amministrazione comunale si faccia promotrice di questa rivoluzione. Il bosco potrebbe generare un indotto importante per la comunità e non rappresentare soltanto un costo com’è oggi. Sviluppo economico e rispetto per l’ambiente possono e devono essere coniugati.

Il bosco dell’Arcibessi

Ancora un altro esempio. Chiaramonte e la musica potrebbe rappresentare un altro binomio vincente. L’IMMF festival organizzato dal nostro bravissimo musicista William Castaldi è già un’ottima base di partenza. Musicisti famosi che vengono da tutto il mondo per un “International Music Masterclass & Festival” che dura un mese in estate. Ma non è attualmente inserito in alcun contesto sistemico per cui non può esprimere tutte le sue potenzialità. Senza dimenticare le grandi individualità musicali che Chiaramonte ha partorito negli ultimi decenni, come i gemelli Giovanni e Matteo Cutello, giovanissime stelle del Jazz internazionale. Possibili risorse per la nostra comunità non considerate per nulla allo stato dei fatti.

Locandina del prossimo IMMF Festival estivo

Bisognerebbe insomma creare con il city-branding un’identità visuale che possa risultare vibrante e dare emozioni. Perché è un fattore di percezione. Una strategia che possa connettere emotivamente gli abitanti del territorio e i loro ospiti coinvolgendo il più possibile tutta la comunità per fare sistema e mettere in campo le risorse migliori.

Il marchio della città, garanzia di qualità e tipicità, poi potrebbe essere anche utilizzato dall’artigiano o dall’agricoltore per i propri prodotti. In realtà è quanto già accade con il marchio #iocomprosiciliano, che include una serie di prodotti (tipici) siciliani proiettati nei nuovi mercati grazie allo sviluppo del brand. Nato un anno fa ha già prodotto risultati sorprendenti.

Il marchio #iocomprosiciliano

Ovviamente ci si dovrebbe servire anche di professionisti del marketing per redigere un progetto ad hoc che possa essere veicolato opportunamente sul mercato del turismo regionale, nazionale ed internazionale.

Chiaramonte così potrebbe tornare a fare da avanguardia e apripista (come è spesso stata nel passato) per il “Distretto Turistico degli Iblei”. E’ una questione di sopravvivenza per la nostra comunità.  In caso contrario il nostro destino potrebbe essere già amaramente segnato.

di L’Alieno

Chiaramonte è uno di quei comuni dove si voterà il 12 giugno per le elezioni amministrative. Mi permetto un suggerimento su una materia troppo spesso snobbata, ma che potrebbe fare la differenza tra un progetto politico che punta alla gestione del declino e uno che punta sul rilancio

La parola chiave è cultura. Fondamentale per dare una prospettiva di futuro, se si avesse il coraggio di considerarla un investimento (e non un costo) e se si procedesse con la messa a punto di un piano organico pluriennale che la possa porre a centro di tutta una serie di attività amministrative.
Dal turismo all’organizzazione di eventi importanti, dallo sport alle politiche giovanili, dalla pubblica istruzione alla gestione dei musei e delle aree archeologiche, dalla valorizzazione del centro storico alle tradizioni religiose e culinarie, la cultura appare sempre come denominatore comune. E potrebbe dare il la ad un ambizioso progetto di “city branding” capace di mettere insieme le tante risorse disponibili, pubblico e privati, tradizione e innovazione. Il fine dovrebbe essere quello di puntare su un turismo di nicchia e su possibili investimenti da fuori, riuscendo a  “fare sistema”.

Immagini dai musei chiaramontani

Ovvio che saranno necessarie delle risorse economiche importanti per avviare un processo così ambizioso. E qui la discriminante sarà la capacità di progettazione per poter accedere ai finanziamenti europei. Ormai un passaggio obbligato che comporta volontà, competenza e lungimiranza nell’ottenere risultati positivi nel medio-lungo termine. Un grosso problema per quella classe politica che mira ad incassare solo un facile consenso da progetti fattibili nel breve.

L’interessantissima area archeologica di San Nicola

Il lavoro da fare per i prossimi anni appare dunque immane, ma sarebbe anche una grande sfida da vincere per non sprecare altro tempo e altre occasioni. Come già ho avuto occasione di sostenere, sarebbe da recuperare lo spirito rivoluzionario dei primi anni ’80. Fu Cirino Paradiso, Sindaco fino a metà decennio (e non per caso uomo di cultura), a mettere in campo idee importanti e assolutamente innovative che fecero di Chiaramonte un caso virtuoso nell’intera provincia iblea. Ecco. Recuperare quello spirito sarebbe già un grosso passo avanti.

Cirino Paradiso

Siamo arrivati alla fine di un percorso costituito da tre articoli sul concetto innovativo di city branding, a firma del bravo e competente Vincenzo La Cognata. Il primo dedicato ad un possibile piano di sviluppo del brand cittadino di Chiaramonte, il secondo dedicato al confronto di due casi opposti: uno di successo e l’altro no. Infine il presente articolo in cui a centro dell’attenzione si pone l’intero territorio ibleo. Immaginato come un possibile mosaico di città e territori che hanno molto in comune e in grado di trovare importanti sinergie, anche in una prospettiva di differenziazione dell’offerta turistica.

di Vincenzo La Cognata

Torniamo sulla questione city branding, allargando la prospettiva a tutto il territorio Ibleo. La parola chiave per creare nuove opportunità di sviluppo sarà “fare rete“, perché ogni sfida – che sia di carattere economico, sociale o ambientale – va affrontata comunque in un contesto territoriale.

(Immagine da rg.usr.sicilia.it)

Fare rete” tra città iblee significa confronto e scambio continuo di buone pratiche amministrative, adeguate strategie di comunicazione e commerciali e salvaguardia di comuni interessi per la valorizzazione dell’intero comprensorio ibleo. In tal senso si renderebbe necessario un coordinamento orizzontale e verticale. Le città dovrebbero collaborare reciprocamente e con gli altri livelli amministrativi, al fine di condividere investimenti e servizi su scala territoriale.

Alla base dovrebbe esserci la redazione di singoli piani di city branding di ogni comune ibleo, che andrebbero integrati in modo armonico per realizzare un piano di sviluppo del brand turistico Ibleo. Ad oggi però non esiste niente di tutto ciò, a partire dai piani di sviluppo cittadini.

Per parlare di city branding come concetto applicabile al territorio, potremmo iniziare a farci un’idea utilizzando uno strumento utilizzato da molti operatori economici nelle imprese private: l’analisi SWOT.
S (Strengths: Punti di Forza);
W (Weaknesses: Punti di Debolezza);
O (Opportunities: Opportunità);
T (Threats: Minacce).

Questa analisi rappresenta lo strumento di pianificazione strategica migliore per capire in che modo intervenire per conseguire gli obiettivi desiderati. L’analisi può riguardare l’ambiente interno (analizzando punti di forza e di debolezza) o esterno (analizzando minacce ed opportunità).

Punti di Forza:
Tra i punti di forza del territorio Ibleo, il più rilevante è certamente la ricchezza e l’unicità del patrimonio culturale. Siamo in possesso di un immenso patrimonio storico artistico. A cominciare dal sito UNESCO costituito dalle città tardo barocche di Ibla, Modica e Scicli, a cui si potrebbero aggiungere anche le limitrofe Noto e Palazzolo Acreide.

Abbiamo anche un ricco patrimonio enogastronomico (prodotti certificati DOP e PAT, “prodotti agroalimentari tradizionali”) e un invidiabile patrimonio archeologico (necropoli e ipogei sparsi sul territorio). Senza dimenticare il patrimonio naturalistico e gli elementi paesaggistici tipici (Le cave, la Pineta tra Chiaramonte, Monterosso e Giarratana, la Diga di Santa Rosalia, la Vallata Santa Domenica, le spiagge della costa).
Un indiscutibile punto di forza è rappresentato anche dal clima mite tutto l’anno: in estate presso i borghi collinari e d’inverno nelle località costiere.

Punti di Debolezza:
Eviterò di evidenziare le annose mancanze riconducibili alla inadeguatezza delle infrastrutture e dei trasporti. Tuttavia risulterebbe impossibile parlare di ottimale sviluppo turistico del nostro comprensorio senza prima occuparsi di queste problematiche.
Altro importante punto di debolezza cui cercare di porre rimedio è l’inadeguatezza del fattore competenze. In primis la scarsissima conoscenza delle lingue e del nostro stesso patrimonio culturale (in quanti sanno cosa sono i registri REIS, LIM e PAT?).

La carenza di informazioni turistiche e della segnaletica, insieme alla pulizia del territorio (ogni piazzola di sosta nelle strade è una piccola discarica a cielo aperto), sono poi il sintomo di una scarsa attenzione da parte delle Amministrazioni territoriali un po’ ovunque. E non si può pensare di lasciare questo compito soltanto alle associazioni di volontari che sono sorte nel territorio (come “Puliamo Chiaramonte” nella nostra città).
Anche la frammentazione dell’offerta turistica, che porta gli operatori turistici ad essere concorrenti anziché alleati, risulta un problema da risolvere.

Opportunità:
La prima opportunità del nostro territorio che mi viene in mente, perché non siamo ancora riusciti a coglierla pienamente è la presenza dell’Aeroporto di Comiso che avrebbe bisogno di una gestione più efficiente.
La presenza di un patrimonio culturale simile nei centri vicini si potrebbe sfruttare ragionando in un’ottica di rete e in termini di filiera turistica del territorio, ma contemporaneamente anche in un’ottica di differenziazione dell’offerta, per allargare il più possibile il bacino di utenza, rivolgendosi ad un pubblico particolarmente esigente.

(Foto da qds.it)

Non dobbiamo pensare al turismo restando ancorati a concetti ormai obsoleti, ma dobbiamo cercare di cogliere le nuove opportunità legate ad una domanda sì in crescita, ma ben più complessa rispetto al passato, che riguarda il turismo in tutte le sue forme: culturale, accessibile, destagionalizzato, sportivo, enogastronomico ed esperienziale.

Minacce:
La minaccia principale riguarda l’estremo individualismo da parte degli operatori privati e delle stesse strutture pubbliche, a causa dei difficili rapporti tra i medesimi attori, impegnati in aspre guerre concorrenziali piuttosto che pensare di muoversi insieme in un’ottica di reciproca collaborazione e soddisfazione. Altre minacce deriverebbero dalle conseguenze legate ad un turismo non sostenibile, caotico, che causa traffico ingestibile e forte inquinamento.

(Immagine da viaggiarelibera.com)

Sembra comunque chiaro che alla base del rilancio del territorio ibleo debba necessariamente esserci un Piano di Sviluppo del brand turistico dell’intera provincia, curato da operatori professionali di provata esperienza e con le giuste competenze. Ma tutto ciò presuppone a monte la consapevolezza da parte delle istituzioni politiche territoriali del valore del “fare rete” all’interno di una fruttuosa e reciproca collaborazione. E’ necessario realizzare insieme gli opportuni investimenti in un’ottica di integrazione e non di concorrenza.

Link al secondo articolo dedicato al concetto di City branding. CLICCATE QUI!

Link al primo articolo dedicato al concetto di City branding. CLICCATE QUI!

di Vincenzo la Cognata

Dopo aver aperto l’argomento del city branding con una serie di contributi appositamente ideati per Chiaramonte, questa volta proveremo ad analizzare i casi di progetti realizzati che hanno avuto esiti opposti. Questo perché non basta disegnare un logo e inventare uno slogan perché si possa parlare di city branding.

Esempio lampante in tal senso la città di Gela, che nel suo logo ha voluto puntare molto sulla presenza del mare e sulle origini greche. Come se non esistessero – neanche troppo lontani – posti con spiagge più belle e caratteristiche o un’influenza greca molto più marcata (si pensi ad Agrigento). Mare e “grecità” non sono caratteristiche esclusive di una città siciliana, meno che meno di Gela.

Il logo della città è stato preparato un po’ alla buona da un laureando (gelese) all’Accademia delle Belle Arti. Ovviamente l’idea denota improvvisazione e una certa sufficienza nell’affrontare la questione. Poiché per massimizzare i risultati, e avere il riscontro sperato dal mercato, avrebbe dovuto essere parte di un progetto ben più complesso, in un gruppo di lavoro che avrebbe dovuto comprendere la presenza di analisti di mercato e esperti del marketing del territorio. Anche per le criticità notevoli del caso: a cominciare dall’immagine pessima della città nell’hinterland e non soltanto.

Appare infatti ovvio che la direzione da prendere, in un progetto così problematico, non può essere basata sui gusti personali, ma su dati oggettivi frutto di attente indagini di mercato. Al di là del logo, si parla di brand quando si considera una “vision”: cioè un obiettivo preciso e una visione comprensiva che tenga conto di diversi fattori.

Un buon progetto di city branding dovrebbe riuscire a trasmettere al target di pubblico che intende raggiungere i valori che la città vuole rappresentare. Un’identità precisa che nello stesso tempo deve avere caratteristiche di tipicità e di unicità sul territorio.

Il City branding a Bologna con l’applicazione del concetto sulle cartoline

Una delle identità visive più interessanti tra quelle realizzate recentemente è sicuramente quella della città portoghese di Porto, che risulta semplice e incisiva, senza nessun gioco di parole forzato che storpia il nome della città. Il logo è rappresentato da un alfabeto di illustrazioni a formare un mosaico che va a comporre l’immagine della città. Il tutto richiama in modo velato – ma non troppo – le azulejos: le famose piastrelle di ceramica di Porto. Il risultato è esteticamente gradevole e funzionale dal punto di vista delle numerose applicazioni.

Città portoghese di Porto. L’applicazione del simbolo della città nei vagoni della metropolitana ( Credit: Alexandre Delmar)

Un progetto interessante geograficamente più vicino alla nostra realtà è quello di Catania. Trattandosi di un progetto giovane l’analisi dettagliata dei benefici risulterebbe ancora precoce. Ciò nonostante il risultato d’impatto è stato estremamente positivo e fa ben sperare.

Il Catania Independent Symbol è stato premiato in un concorso mondiale per luoghi e simboli tra i più prestigiosi del settore con un Worldwide Logo Design Award (WOLDA). Si tratta di un progetto del tutto indipendente operativo da poco tempo, ma nato 11 anni fa per identificare la città siciliana in modo universale e attraverso ciò che è la sua vera essenza. L’ideatore è il designer catanese Bob Liuzzo, docente e coordinatore del corso di laurea triennale in Graphic Design presso l’Istituto Europeo di Design di Milano. Un’autorità del settore.

(Immagine da qds.it)

Il sistema visivo è basato su tre semplici linee e colori da decodificare. Basterà un rapido sguardo per far sparire la geometria e far apparire l’Etna, il vulcano più alto d’Europa (in nero), la Lava dell’eruzione (in rosso) e il Mare che viaggia verso l’orizzonte (in blu). Un progetto che appare come un sistema visivo realmente identificativo per la città, che Bob Liuzzo spiega non essere un vero “logo”.

Questo “non-logo” infatti non è un marchio registrato, ma un simbolo che si trova di frequente lungo le strade di Catania e in cui i cittadini catanesi hanno cominciato a identificarsi. Etna, lava e mare: questi sono gli elementi dominanti che distinguono davvero Catania. Quale altra città nel mondo può offrire altrettanto?

Bob Liuzzo con il simbolo di Catania da lui inventato (qui in una nota via di Catania)

Il progetto catanese, frutto di studio, competenza e professionalità, ha tutte le carte vincenti per diventare un successo duraturo. Già, studio, competenza e professionalità! Saranno forse questi i segreti di un progetto di successo?

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