Nella ricorrenza dei 700 anni dalla morte del sommo poeta Dante Alighieri, l’autore del presente articolo, Vito Castagna, ci introduce nel suo originale progetto di “tradurre” alcuni canti della Divina Commedia in “agili racconti” e aiutare il lettore ad empatizzare e comprendere meglio l’opera originale.
di Vito Castagna
Dante Alighieri, il poeta fiorentino ramingo, morì il 14 settembre 1321 a Ravenna, all’età di 56 anni (mi preme riportare gli anni di vita per uscire dalla polvere apatica del tempo), dopo aver lasciato ai posteri i frutti di una lunga attività artistica, nella quale svetta la Divina Commedia.

Sono trascorsi esattamente 700 anni dalla morte di Dante e, come ben sapete, il mondo della cultura si è già mosso per celebrare nel migliore dei modi l’evento. Il Dantedì, festeggiato il 25 marzo scorso, ricorda il giorno nel quale il Dante personaggio si perse nei meandri della selva oscura, la prima tappa che l’avrebbe poi portato ad attraversare il mondo ultraterreno e a raggiungere gli scranni celesti.

La Commedia, divenuta e riconosciuta come un patrimonio imprescindibile, è stata ampiamente studiata, soprattutto dai giovani che nelle scuole hanno potuto saggiare alcuni suoi passi; per alcuni sono stati dei bocconi dolcissimi, per la maggior parte, amari e in alcuni casi indigesti.

Pur essendo vero che nel corso del tempo l’impoverimento lessicale abbia nociuto agli italiani di tutte le età, va detto che l’opera di Dante è di difficile comprensione. La Commedia, scritta tra il 1304 e il 1307, con i suoi versi allegorici, con i suoi riferimenti politici e con la sua complessa, quanto eterogenea, teoria di personaggi era dedicata ad un pubblico dotto che potesse capirla. La forma dell’opera è una delle sue espressioni più alte ma è anche uno dei suoi più grandi limiti.

Essa può gratificare il lettore quanto scoraggiarlo, trasportandolo in un lucente labirinto inestricabile. Trovandomi anch’io in questa stessa situazione ai tempi della scuola, ho pensato di “tradurre” alcuni canti della Divina Commedia in agili racconti che possano permettere una maggiore fruizione e magari trasmettere un’empatia che spinga il lettore a leggere l’opera originale e magari, e questo sarebbe forse il più grande risultato, a comprenderla un po’ meglio. Inoltre, non mi pongo l’obiettivo di una mera parafrasi ma di una reinterpretazione personale del narrato attraverso la mia personale sensibilità. Mi si conceda questo contributo, nella speranza di non incappare in una parafrasi o in una parodia.

Concludo con una domanda che potreste rivolgermi o, quantomeno, che pongo a me stesso: “Questa operazione è attuale?”
Riscrivere alcuni canti della Divina Commedia va oltre il contingente anniversario della morte di Dante. In un periodo come questo, nel quale lo spostamento è precluso, l’opera del sommo poeta rappresenta il prototipo dell’unico viaggio possibile, quello metafisico che può avvenire solo nella mente e che si specchia negli occhi del viaggiatore assorto durante una siesta.

Parlandoci del mondo ultraterreno, Dante ci descrive il suo mondo, o forse, come ogni scrittore, lo trasforma e lo reinventa.
Credo che anche noi, nelle ristrettezze quotidiane presenti e future, dovremmo seguire questo esempio.
