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divario di genere

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I am no mother, I am no bride, I am King

di Giulia Cultrera

La colonna sonora conclusiva della serie tv La legge di Lidia Poët recita: Non sono una madre, non sono una sposa, sono un Re.

Una specificazione necessaria in un contesto culturale, politico e sociale in cui la figura della donna è – ancora – prevalentemente associata al ruolo “naturale” di madre e moglie. Una precisazione che in alcuni casi diventa quasi una giustificazione.

Perché una donna è libera di studiare e di lavorare, ma a un certo punto dovrà pur mettere su famiglia. Non può certo anteporre la carriera o le proprie ambizioni alla maternità.

Oppure, può diventare madre e continuare a lavorare, ma sacrificherà del tempo alla famiglia, perché spetta comunque a lei la gestione della casa e l’accudimento dei figli.

Convenzioni sociali, retaggi culturali, processi inconsci interiorizzati che tuttora facciamo fatica a modificare. Figuriamoci nell’Ottocento.

lidia poet stereotipi di genere
Gli stereotipi di genere sono appresi e interiorizzati fin da bambini: diventa un problema sociale se perfino i testi scolastici veicolano queste distinzioni tra mamma e papà, donna e uomo

Siamo nel 1884 e Lidia Poët è la prima donna a essere iscritta all’Ordine degli Avvocati e Procuratori di Torino, “fatto singolare e unico in Italia”. Tuttavia, una sentenza della Corte d’Appello dichiara illegittima la sua iscrizione all’Albo degli avvocati:

La nostra legislazione – dicono gli scrittori i quali sono contrari all’esercizio dell’avvocatura per parte delle donne – ha un carattere prevalentemente maschile. […] Così essendo, è evidente come per ammettere le donne all’esercizio dell’avvocatura sarebbe necessario un testo esplicito […] inquantoché non solo si tratterebbe di cosa affatto straordinaria e fuori delle pratiche delle costumanze della nostra vita civile, ma di cosa espressamente vietata dal diritto comune.

Ora è chiaro che per la nostra legislazione le donne non possono esercitare quegli uffici che sono riconosciuti di ordine politico e sociale […] e non possono prendere parte alle elezioni politiche. […] Si avrebbe un avvocato incapace a coprire quelle funzioni a cui l’avvocatura stessa abilita, cioè le funzioni giudiziarie. E se la legge non volle che le femmine potessero coprire siffatte funzioni, è questo un forte argomento per dedurre che quindi non intese nemmeno abilitarle all’avvocatura.

lidia poet
Udienza 18 aprile 1884; Pres. Eula P. P., Est. Talice, P. M. Calenda (concl. conf.) — Poët Lidia (Avv. Spanna e Bernardi)

La serie tv La legge di Lidia Poët parte da queste premesse per dare il giusto riconoscimento a una figura storica che ha contribuito a cambiare le sorti dell’avvocatura in Italia.

Il personaggio di Lidia è infiammato da uno spirito combattivo e ottimista che l’accompagna nella vita professionale e privata. Il fratello Enrico è una figura chiave nel suo percorso di riscatto: nonostante l’iniziale ritrosia verso la professione della sorella, si rivela il suo più accanito sostenitore. Perché è impossibile non lasciarsi affascinare e trascinare dall’animo ribelle e intraprendente di Lidia.

Ovviamente, la società di fine Ottocento non è altrettanto tollerante e ben disposta nei confronti della protagonista: rifiutarsi di sposarsi, intraprendere una professione prettamente maschile o, semplicemente, guidare una bicicletta come un uomo non sono pratiche che si addicono a una giovane donna.lidia poet

Le analogie con la vita di Lidia Poët sono poche: la storia è assolutamente romanzata e adattata ai canoni della serialità. Non possono mancare elementi narrativi universali come il triangolo amoroso, il rapporto amore-odio tra fratello e sorella, l’amore adolescenziale ostacolato dai genitori.

La critica maggiormente mossa allo show riguarda la scarsa contestualizzazione storica e la decisione di inserire nudi ed espressioni volgari.

Tuttavia, ciò che va apprezzato nella serie tv La legge di Lidia Poët è aver reso noto il personaggio storico e aver sollevato un dibattito sull’uguaglianza di genere. La vera Lidia ha smosso le coscienze e le acque calme dell’avvocatura. Si è battuta per i diritti dei detenuti e dei minori nelle carceri. Si è fatta portavoce di quella parte della popolazione femminile che desiderava ottenere più diritti e riconoscimenti, diventando un simbolo dell’emancipazione femminile. E dopo una vita di lotte e soprusi, soltanto nel 1919, all’età di 65 anni, ha finalmente ottenuto il diritto a iscriversi all’Albo degli Avvocati e a esercitare la professione di avvocata. La prima donna in Italia.

lidia poet
Lidia Poët (Perrero, 26 agosto 1855 – Diano Marina, 25 febbraio 1949)

Tutto ciò, oggi, può apparire datato e anacronistico, soprattutto se confrontiamo la condizione sociale e lavorativa delle donne italiane con quella presente in altre nazioni del mondo.

Invece, dati alla mano, il divario di genere in Italia è stato colmato al 68,1%: un buon risultato, in apparenza. Tuttavia, se si mantiene questo andamento, occorreranno ancora 132 anni per poter colmare totalmente questa disparità (scolastica, lavorativa, salariale, sociale, politica).

L’8 marzo è passato da appena quattro giorni, quanto basta per dimenticare l’argomento fino al prossimo anno. Sensibilizzare è importante, ma occorre anche passare ai fatti e abbattere concretamente gli stereotipi di genere.

La colonna sonora King.