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don Evangelista Rizza

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di Giuseppe Cultrera

Giuseppe Bonafede (Chiaramonte 1857 – Ragusa 1940) fu poeta di arguta e facile vena popolaresca. U ditturi Pruvulazzu, il titolo di uno dei suoi poemetti più noti, sembra il personaggio che egli stesso in parte si cucì addosso, quale ironico scudo e alibi della sua travagliata esistenza: intessuta di stenti, ardori e ripieghi, ideali sociali e approdi servili. Lo stato di illegittimo (sembra fosse figlio naturale di Serafino Amabile Guastella) e la sua turbolenta giovinezza (che gli costò un paio di arresti e un lungo processo che racconta nel poemetto autobiografico La mia storia) oltre a uno stuolo di figli, in gran parte illegittimi, lo costrinse a coniugare la vena poetica con la faticosa ricerca del minimo sostentamento attraverso i più disparati mestieri e a costo di espedienti estemporanei.

ditturi sparabbummi
Il poeta Giuseppe Bonafede (a sinistra) e lo scrittore Serafino Amabile Guastella (a destra)

A tal proposito il suo noto poemetto sopra citato fu anch’esso causa di irritazione e persecuzione da parte delle autorità costituite. Contro il volumetto U ditturi sparabbummi (questo il titolo della prima edizione) si appuntò l’occhio vigile della legge: “Il 24 corrente fu pubblicato e venduto in pubblico un opuscoletto del titolo “U Dutturi Sparabummi contenente delle espressioni offensive al pudore. Si ordina il sequestro dell’opuscoletto ai RR CC – scrive il pretore in una missiva al Procuratore del Re per gli atti conseguenti. Che arrivano puntuali e repressivi:

Processo Verbale di arresto di Bonafede Giuseppe per offese al pudore ed al buon costume. L’anno 1910 il 26 luglio alle ore 4 nell’Ufficio del Comandante la Stazione dei RR. CC. in Ragusa. Noi sottoscritti Marchese Giovanni delegato di P.S., Turco Salvatore Brigadiere a cavallo comandante la stazione suddetta, Raniolo Luigi Guardia Municipale rapportiamo a chi spetta quanto segue: si dispone il sequestro di un opuscolo in poesia in dialetto siciliano intitolato “U Ditturi Sparabummi” pubblicato da tal Giuseppe Bonafede, edito in Ragusa dalla Tipografia Distefano, contenente delle offese al pudore ed al buon costume. In seguito ad indagini da noi praticate siamo venuti alla conoscenza che detti opuscoli si trovano presso l’autore Bonafede Giuseppe, d’Ignoti, di anni 53, industrioso da Chiaramonte e qui domiciliato.
Recatici alle ore 10 d’oggi nel suo domicilio sequestrammo n. 950 di detto opuscolo. Siamo venuti anche alla conoscenza che detto Bonafede aveva messo in vendita a scopo di lucro detto opuscolo leggendolo pure pubblicamente. Si è quindi proceduto oggi alle ore 13:30 nel proprio domicilio all’arrestodel predetto Bonafede e quindi depositato nel locale carcere a disposizione dell’Autorità competente (Archivio di Stato di Ragusa).

ditturi sparabbummi
L’opuscolo “incriminato” (a sinistra) e la raccolta di alcuni poemetti di Bonafede (1985) a cura di Umberto Migliorisi

Non era la prima volta che Giuseppe Bonafede approdava alle regie galere; era avvenuto già una ventina d’anni prima per un’accusa di furto ai danni di due anziane signore a Chiaramonte, dove allora abitava e lavorava. L’arresto e il processo successivo durato quasi due anni si concluse col proscioglimento: ma perdette il posto e l’onorabilità sociale. È legittimo il sospetto che sia stato un “avvertimento” del potentato locale, che il giovane e ribelle “socialista”, aderente ai locali fasci dei lavoratori, aveva contrastato, anche con alcuni mordaci libelli. Uno era contro il candidato moderato, poi passato nelle file giolittiane, onorevole Evangelista Rizza. L’ho recuperato tra le sue numerose carte, rimaste manoscritte (oggi possedute dalla biblioteca Comunale di Ragusa) e trascritto; spero, in un prossimo articolo, di pubblicarlo: un interessante spaccato del rovente clima politico e sociale che si respirava tra fine Ottocento e inizi del Novecento in questa parte della provincia di Siracusa.
Gli altri arresti, tra i quali quello sopra citato per offesa al “pudore e buon costume”, furono consequenziali e avvennero a Ragusa dove andò a risiedere stabilmente da inizio secolo.

ditturi sparabbummi
Tre volumetti originali di Giuseppe Bonafede

Ancora circolano molti dei suoi libretti e fogli volanti con centinaia di queste gustose e pepate poesie e poemetti in lingua siciliana: il verso musicale e l’originale inventiva hanno certamente ascendenze familiari nel Guastella, col quale pare abbia collaborato per la stesura dei Canti Popolari. Lo attestava Leonardo Sciascia traendone prova da un appunto di pugno del barone Corrado Melfi, chiaramontano e contemporaneo dei due.

Giuseppe Bonafede ripubblicò due anni dopo (1912) il poemetto incriminato, sembra senza apportare modifiche al contenuto e alla forma: evidentemente ciò che due anni prima appariva come ‘oltraggio al buon costume’ adesso poteva considerarsi satira e scherzosa ironia popolaresca. D’altronde già il popolo, che lo aveva acclamato poeta popolare da gran tempo, le sue poesie, specie questa, le recitava nei momenti di sano svago tenendole saldamente a memoria. Fino a recente. Umberto Migliorisi, che curò due corpose raccolte (‘U ditturi Pruvulazzu: Poemetti scelti, 1985 e La mia storia, 1991), ebbe recitati a memoria, questo e altri poemetti, da alcuni anziani popolani di Ragusa e Giarratana!

giuseppe bonafede
Un cantastorie, stampa popolare

Il popolo, del quale fu l’interprete estemporaneo e viscerale, li recitò per tutto il Novecento, trasmettendole di generazione in generazione, con sottili varianti ed adattamenti contingenti. Il mago-medico imbroglione del poemetto ‘U ditturi Pruvulazzu, è la metafora del povero cristo che in quella società di fine Ottocento, come nella successiva (e purtroppo anche nella nostra, fintamente evoluta), per vivere deve arrangiarsi, anche calpestando o frodando i meno fortunati che lo circondano: in fondo l’homo homini lupus di Hobbes, mors tua vita mea dei latini, o il cu futti futti Diu perdona a tutti del furbo siculo – napoletano moderno.

Sugnu Dutturi ri spirtizza ranni
Ca ni lu munnu lu pariggiu un c’è,
E lu me nomu è ggiuntu a ttanti banni
Macari è ggiuntu all’arcu ri Nuè.
Pi miricari aju fattu cosi ranni,
‘Aiu miricatu custani ri Re!
‘Aiu nu ‘nquentu, ppi mmia bbona sorti,
C’arriviniri fa li stessi muorti.
[…]
Parranno puoi ‘cuscienza e vviritati
Tuttu lu munnu è ciarlataneria,
Poveri, ricchi, mierici, avvocati,
Tuttu è ‘mpastatu ri farfantaria,
Lu munnu è tuttu zzanni e mmascarati
Cu aggruppa, cu scarmina, cu sdillia,
Parrannu ‘nzumma tanticcedda seriu,
Tuttu lu munnu è un gran futtisteriu.

giuseppe bonafede
Altra stampa popolare di un cantastorie. In: “La mia storia”, Utopia Edizioni, 1991

Giuseppe Bonafede fu effettivamente u ditturi pruvulazzu: con tragica lucidità, racconterà come un povero padre di famiglia, con 11 figli da sfamare, per sua disgrazia poeta e lavoratore occasionale, si trasformi in mago esperto in problemi di poveri diavoli come lui e raggiunga l’agiatezza, il rispetto e l’affermazione sociale. Rileggete adesso  la strofa finale del poemetto: Parlando poi in coscienza e verità /tutto il mondo e ciarlataneria, / poveri, ricchi, medici ed avvocati, / tutto quanto è un groviglio di furbizia, / il mondo è tutto saltimbanchi e mascherati / chi aggroviglia, chi arrabatta, chi scioglie / Diciamocelo, infine, chiaramente:/ questo mondo è un gran fottisterio!

giuseppe bonafede
Foto Giulio Lettica

Banner di Giulio Lettica.

di Giuseppe Cultrera

Alcune settimane fa ho dedicato la rubrica ‘A prescindere’ a un curioso edificio esistente nel territorio chiaramontano in contrada Sperlinga, noto come ‘Cupola’. Sulla funzione e tipologia, lamentavo l’assenza di notizie pur avanzando alcune ipotesi.

Mi telefona, qualche giorno dopo la pubblicazione dell’articolo, l’amico Salvatore Palmeri di Villalba, dicendomi di avere la risposta sia della funzione che della tipologia del reperto. Uno degli ultimi proprietari del Fegotto – al limite del cui territorio si trova la Cupola – era stato un suo anziano zio, nipote di don Evangelista Rizza. Costui parecchi anni fa gli aveva raccontato che a far costruire quell’edificio circolare con cupola allungata era stato lo stesso don Evangelista Rizza, quale posto di controllo ed esazione di pedaggio, comoda garitta per la persona o le persone deputate all’ufficio.

Villa Fegotto

E perché questa richiesta di pagamento di un pedaggio? Perché la famiglia Rizza aveva costruito una strada interna al suo feudo (tuttora esistente) che metteva in comunicazione lo stradale Vittoria – Cannamellito con l’altro sul lato opposto Chiaramonte – Licodia. Questa “scorciatoia” era molto comoda per i bordonari, contadini e viaggiatori vari: sicché a coloro che volevano percorrerla veniva richiesto un contributo.

un trullo a Chiaramonte Gulfi
La “Cupola” di Contrada Sperlinga e particolare dell’interno

Mi riferiva, inoltre, un’interessante confidenza dello zio relativa all’originale forma del fabbricato. Sembra che il giovane Evangelista Rizza, curioso e appassionato studioso, fosse rimasto colpito dalle originali costruzioni presenti in Puglia, specialmente ad Alberobello (va detto, tra l’altro,  che questo interesse per i trulli, nella seconda metà dell’ottocento, fu comune a parecchi turisti e studiosi). Fu così che, quando decise di costruire la postazione di controllo al limite occidentale del suo feudo, propose al progettista l’immagine del trullo che lo aveva affascinato e incuriosito anni prima in Puglia. Ed ecco svelato il mistero di questo strano “fungo” sorto sul finire dell’ottocento in territorio di Chiaramonte.

un trullo a Chiaramonte Gulfi
L’onorevole Evangelista Rizza e un’altra immagine della “Cupola”

In effetti, la struttura trae solo ispirazione dal trullo: sia l’impianto costruttivo (non a secco ma con malta e intonaco) che la tipologia (più mediorientale che indoeuropea) declinano un tema stilistico eclettico. Lasciandoci uno spiraglio di mistero e la libertà di approdi fantastici. Scampato all’agguato del progresso, acquattandosi sotto il viadotto parzialmente deviato, riemerge scrollandosi sterpaglie, detriti e immondizie furtive: thòlos, trullo, cubbola araba o quel che vogliamo vederci.

un trullo a Chiaramonte Gulfi
Trulli di Alberobello

Si ringraziano: Salvatore Palmeri di Villalba (per le notizie); Manuela Distefano (per le foto).

di Giuseppe Cultrera

Lungo la provinciale n. 5 Vittoria-Pantaleo, in contrada Sperlinga, si trova un curioso reperto conosciuto come Cubbula (cupola). L’associazione culturale Kubbula, che l’ha avuto in concessione e comodato d’uso dal proprietario del fondo, si sta occupando di metterlo in sicurezza, pulire l’area circostante e avviare un progetto di recupero. Principalmente di renderlo visibile e fruibile a quanti sono interessati o incuriositi. In effetti, giunge a buon fine un lungo periodo di abbandono e di decadimento della struttura che, nel secolo scorso, nella sua ultima fase di vita fu l’abitazione di un bracciante, che pare l’avesse avuto in dono, come buonuscita per servigi prestati, dagli eredi dell’onorevole Evangelista Rizza, proprietari del feudo del Fegotto. Nel cui limite territoriale è ubicata la “Cupola”.

Come Pino Riggio salvò la Cubbula
La “cupola” di Contrada Sperlinga (a sinistra) e sua localizzazione su Google Maps (a destra)

Se l’epoca di edificazione (metà ottocento, quando fu ristrutturata Villa Fegotto) si può ipotizzare verosimilmente, resta un mistero la sua originaria funzione. Qualcuno afferma che fu – proprio per la citata ubicazione al limite del feudo e quale “porta di accesso” da Vittoria (la antica rotabile è oggi assorbita dalla Sp 5) – una postazione di avvistamento e di controllo. Ma potrebbe anche essere “una stanza dello scirocco” presente in alcune ville o case di villeggiatura della nobiltà e agiata borghesia dell’ottocento; il posto (contigua al corso di un ruscello) e la conformazione della struttura, con spesse mura e circolazione dell’aria attraverso strette finestrelle simmetriche, darebbero adito a tale ipotesi. Se poi si aggiunge che don Evangelista Rizza (1842 – 1920) amava presenziare ai lavori agricoli e percorreva il vasto feudo a cavallo, anche in estate, questo elegante posto di sosta, ristoro o riposo, ha giustificazione e logica.

Villa Fegotto (foto di Giulio Lettica) e, nel riquadro a sinistra, il suo “signore”, don Evangelista Rizza

Possiamo aggiungere altre congetture. Dal momento che quest’elegante e originale reperto ci apre le porte, vitale e disponibile a continuare a incuriosire. Ma abbiamo rischiato brutto circa quarant’anni fa, quando le ruspe erano pronte per raderlo al suolo! Lasciamolo raccontare all’artefice del salvataggio, Giuseppe (Pino) Riggio, allora dirigente dell’ufficio tecnico del Comune di Chiaramonte:

Un giorno arrivò al Comune la comunicazione e la documentazione, per l’affissione all’Albo, inerente la modifica e sistemazione di parte della strada provinciale Vittoria-Cannamellito-Pantaleo, cioè della strada che da Vittoria porta fino a Catania. La documentazione comprendeva, naturalmente, oltre all’elenco dei proprietari interessati all’espropriazione, anche la planimetria con tracciata la sede attuale della strada e la modifica. Conoscendo veramente molto bene il mio territorio, non mi è stato difficile vedere che fra i terreni da espropriare vi era anche quello della “Cupola”. Cioè la modifica della strada, per evitare la doppia curva esistente, consisteva nel perfetto allineamento della strada passando proprio sulla Cupola, che così sarebbe sparita.

Come Pino Riggio salvò la Cubbula
Una vecchia immagine della Cubbula prima della costruzione del nuovo cavalcavia della Sp 5 (archivio Pino Riggio)

Detto fatto, si mise subito all’opera stendendo una relazione in cui faceva “rilevare che da secoli, quella contrada, portava il nome di quel manufatto di stile arabo per cui l’eliminazione della costruzione avrebbe sminuito l’appellativo di quella zona così chiamata”.

La relazione e la richiesta della modifica del tracciato del viadotto, approvata e firmata dal Sindaco, fu inviata al Presidente della Provincia e al Capo dell’Ufficio Tecnico; e andò a buon fine.

Come Pino Riggio salvò...
Due angolazioni della Cubbula

Sono riuscito a salvare quel manufatto che, per la verità, non è una costruzione lasciata dagli arabi, bensì costruito qualche centinaio di anni fa dal proprietario del Fegotto.

Così scriveva in un post di qualche anno fa Pino Riggio, con giustificata soddisfazione e orgoglio.

Noi lo ringraziamo e lo ricordiamo con affetto. Perché l’amico Pino, ha amato la città di Chiaramonte Gulfi e il suo territorio, meritando la stima e il rispetto di tutta la comunità. Le pietre di questa curiosa e misteriosa costruzione continuano a testimoniare il suo amore, ricambiandolo. Mentre il suo largo e cordiale sorriso e la sua voce affabulatrice aleggiano attorno.

cubbula
Pino Riggio (a sinistra) e un altro particolare delle Cubbula

Si ringrazia per le foto Manuela Distefano.