ovvero
A volte ritornano

di Giulia Cultrera

The Vampire Diaries si colloca nel periodo d’oro del genere fantasy in cui i vampiri andavano per la maggiore, cavalcando appieno l’onda del successo di questo genere un po’ dark e un po’ romantico. Buone premesse con i soliti triangoli amorosi, vampiri, licantropi, ibridi, streghe, doppelganger, nemici e amici. Poi, la degenerazione: da far invidia a Pretty Little Liars in quanto a scelte registiche, cliché e risurrezione di personaggi a caso, al solo scopo di allungare e ingarbugliare ulteriormente la trama.

Sicuramente si tratta di un grande esercizio di memoria: troppi personaggi, troppi legami di parentele, troppi cattivi, altri nemici ancor più temibili dei precedenti. E tornano. E ritornano ancora.  Anche a distanza di stagioni. Ogni volta più odiosi e malvagi di prima, pronti a ostacolare i protagonisti (o chi tra loro si trova in vita in quel momento). Lo spettatore in The Vampire Diaries, preso per sfinimento, rimane quasi impassibile di fronte all’ennesima morte.

L’attrice protagonista riveste, negli anni, così tanti ruoli da arrivare a un punto di non sopportazione, decidendo di abbandonare lo show per le ultime due stagioni e di riapparire soltanto nell’episodio finale. Giusto in tempo per concludere definitivamente la sua storyline.

The Vampire Diaries regala un lieto fine quasi a tutti. Da non crederci, considerate le innumerevoli disgrazie, sofferenze e perdite che negli anni colpiscono i personaggi. Un accanimento eccessivo per la piccola cittadina di Mystic Falls, fulcro di qualsiasi avvenimento o incursione soprannaturale. Abitata ormai soltanto dai protagonisti, dato che metà popolazione è stata eliminata e la restante metà ha preferito trasferirsi altrove. 

Una serie che ha riscosso un notevole successo, tra le più longeve e prolifiche se si considera che sono stati prodotti ben due spin-off, The Originals e Legacies, con occasionali camei da parte dei personaggi principali.