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Elly Schlein

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di L’Alieno

Eravamo rimasti alla vittoria di Elly Schlein alle primarie del PD, qualche tempo fa. Una vittoria mai digerita per buona parte di un partito che della gestione del potere aveva fatto il suo unico credo, non importa con chi: 5Stelle, Salvini, Berlusconi, Fratoianni, Renzi, Calenda… Tutto faceva brodo in nome di un malinteso “senso di responsabilità”. Peccato che a destra sia arrivata la Meloni a sparigliare le carte con il suo progetto identitario e, soprattutto, vincente.

A quel punto, per il gioco delle parti e tanto per dare l’idea (e solo l’idea) di un PD “ma-anche” di sinistra, era sembrata una buona cosa la candidatura della Schlein: donna, giovane, bisessuale e con un’impronta progressista ben definita. A patto però che si limitasse ad un’onorevole sconfitta alle primarie e si accontentasse di poter guidare una piccola corrente di sinistra per tenere buoni gli spiriti più agitati: quelli che rompono con la storia dell’identità del partito.

Elly Schlein (foto repubblica.it)

Possiamo solo immaginarci il seguito. Lo sconcerto dei tanti notabili conservatori del PD a seguito della vittoria di chi doveva perdere. Ma cosa si poteva fare a quel punto? Niente. Si è deciso di sedersi sulla riva del fiume e aspettare che il cadavere della neo-segretaria passasse al più presto possibile. E quale miglior occasione di una sconfitta elettorale? Poco importa se strategie e alleanze erano state decise ben prima che arrivasse la nuova segretaria.

Ne è derivato un tiro al piccione impressionante per intensità, furia e virulenza.
Fuoco a volontà dalla palude conservatrice centrista, cioè dai migliori rappresentati di quell’idea fluida di partito, imperneata da fantomatici valori centristi.
Fuoco da buona parte della componente cattolica. Tutti terrorizzati da una possibile svolta troppo liberale in tema di diritti civili.
Fuoco anche da sinistra. Cioè da quel fronte dei sempre arrabbiati per noia o vocazione, a cui non va bene mai niente e nessuno. Da sempre i migliori alleati delle destre, sin dai tempi della macchietta Fausto Bertinotti.

Viterbo scritte e svastiche contro Elly Schlein (foto telenord.it)

Il finale di questa storia potrebbe essere quello suggerito dagli schieramenti civici vincenti in diverse città. L’idea, mai tramontata, di rimettere in piedi un nuovo accrocco a centro, fuori dagli schieramenti e vuoto di qualsiasi idea e identità, per risultare gradevole sia a destra che a sinistra. Unico collante la gestione del potere e la speranza di poter vivacchiare beotamente per tanti altri anni ancora (Europa permettendo), senza decidere nulla di importante, ma dando l’idea di cambiare tutto per non cambiare niente. In Sicilia siamo maestri.
Se l’idea avrà successo potremo sperare, almeno, di tornare a morire democristiani (e non fascisti).

foto banner e social infosannio.com

di L’Alieno

Una settimana dopo lo storico voto che ha consegnato l’Italia alla Meloni, il dibattito politico sembra assumere una piega surreale. Tante le critiche ai presunti provvedimenti di un governo che ancora non c’è e ad una Presidente del Consiglio ancora nemmeno nominata. I toni, millenaristici, sembrano essere ancora quelli della campagna elettorale, atti a delegittimare politicamente i vincitori: rei, di volta in volta, di prepararsi ad una seconda marcia su Roma, stravolgere la Costituzione in senso autoritario e imbottigliare olio di ricino. Nemmeno il buon senso di aspettare la costituzione delle camere e la formazione del nuovo governo. Siamo all’opposizione preventiva.

Giorgia Meloni (foto corriere.it)

Voltiamo pagina. Che la sinistra italiana sia in una profonda crisi di identità non lo si scopre oggi. Un problema antico iniziato con il crollo del muro di Berlino. Adesso la narrazione dominante, paradossale, prevede un solo responsabile della sconfitta: il PD. Presunto colpevole di ogni male della sinistra. Presunto azzerato da questa tornata elettorale.

E quali sarebbero le prove di questa storica disfatta? Forse i numeri? Non mi pare. Il tanto osannato Conte, ad esempio, capo di un partito padronale, che ha fatto e detto tutto e il contrario di tutto in questi 4 anni, ha perso circa 6 milioni di voti. Il PD 500 mila. E dovrebbe essere quest’ultimo a subire un’“OPA” dal primo degli sconfitti?

(Fonte: cise.luiss.it)

Ma la cosa più incredibile della vicenda è l’atteggiamento remissivo della dirigenza del PD che sembra rispecchiarsi acriticamente negli odiosi giudizi di chi lo vuole morto per dividersene le spoglie. Dai nani egoarchi Calenda e Renzi, con il loro misero 3,9% a testa, ai populisti a 5Stelle, fino alla strafallita sinistra antisistema da prefisso telefonico. Complici di questo pensiero distruttivo i soliti noti, tra livorosi ex, vecchie mummie e noiosi intellettuali di area. A completare il cerchio certa stampa capitanata da quel grande manipolatore che è Travaglio.

Un briciolo di orgoglio nel PD, tutt’ora primo partito dell’opposizione, imporrebbe sì un esame impietoso sugli sbagli indecenti della campagna elettorale, sì un doveroso ricambio ai vertici, sì nuove prospettive inclusive, nuovo lessico e diverso modo di comunicare, ma non la cancellazione di una storia politica che ha garantito al paese un equilibrio politico-istituzionale fondamentale in tempi difficilissimi. Occorrerebbe invece una personalità empatica, di rottura, che sappia impostare un lavoro innanzitutto centrato sull’identità socialdemocratica, che possa lavorare in pace e magari… donna. Elly Schlein?

Elly Schlein

Foto banner repubblica.it