di Giuseppe Cultrera
Un elemento caratterizzante del paesaggio ibleo è il carrubo. Una pianta da frutto sempreverde presente nell’area mediterranea e conosciuta già da fenici e greci. La bacca leguminosa fu utilizzata, nel passato, come alimento per uomini e animali. Era un elemento povero e difatti la carruba, il frutto, veniva consumata in loco e non aveva un mercato.

Da alcuni anni però ha trovato un più ampio e ricercato mercato; specialmente la farina, che se ne estrae, è elemento base nella cucina e pasticceria. Tant’è che il prezzo della materia prima è notevolmente lievitato, rendendo conveniente la raccolta delle carrube, anche in piccoli appezzamenti o singoli alberi.
Ed è una buona notizia. Perché questo maestoso albero, presente nelle aree meno fertili del nostro territorio (una prerogativa della ceratonia siliqua – questo il nome scientifico – è che prospera nei terreni aridi e poveri di acqua) stava lentamente scomparendo, sia per l’abbandono da parte dell’uomo che per i numerosi incendi che aggredivano facilmente l’habitat non presidiato. Se a inizio del secolo scorso i carrubi ragusani rappresentavano oltre il 70% del totale nazionale, nei successivi 50/70 anni il numero si era ridotto notevolmente.

“Salviamo il carrubo” fu il grido d’allarme che, sul finire del Novecento, unì istituzioni e piccola imprenditoria agricola e artigianale in una virtuosa azione di riscoperta, recupero e promozione del frutto arcaico. Con risultati lusinghieri, che oggi sono sotto gli occhi di tutti.
Nel modicano si è associato al cioccolato, altro brand locale; nel resto della provincia piccole aziende e laboratori hanno estratto dalla bacca, compresi i semi, pregiata farina, dolcificante e addensanti di qualità. Le inflorescenze sono pascolo delle api nostrane che ci regalano una eccellente qualità di miele, detto appunto al carrubo. Per non parlare della mitica caramella carruba, compagna della nostra fanciullezza, che trovavamo nei piccoli negozi, quasi clandestina. La ritrovate oggi nelle dolcerie, sugli espositori di tabacchi e souvenir: in bella mostra sul banco della farmacia!

Le sagome, all’imbrunire, si stagliano nel paesaggio popolato dalle bianche ragnatele di muri a secco che orlano le cave e gli altopiani e ci appaiono, nel riverbero del finestrino dell’auto in corsa, quali musicali “quadri per una esposizione” dipinti da Piero Guccione e Salvatore Fratantonio o ritratti da Giuseppe Leone. Metafora di questa magica Sicilia d’oriente che non si rassegna alla zoppicante marginalità che pare volerle regalare la pigra progettualità politica isolana.
Banner: Salvatore Fratantonio, Carrubi, olio su tela.