di Vito Castagna
Nell’estate del 1831 un violento sciame sismico colpì la costa occidentale della Sicilia, causando ingenti danni nell’area compresa tra Sciacca e Pantelleria. Durante le giornate concitate che seguirono, più di un abitante aveva giurato di aver visto degli sbuffi di lava fuoriuscire dal mare. L’acqua, proprio in quel punto, ribolliva rumorosa.
Il 12 luglio, a seguito di una nuova scossa, dal Canale di Sicilia era emerso un isolotto di soli otto metri che sputava cenere e lapilli. Le parole che erano state spese fino ad allora avevano trovato finalmente conferma; l’incredibile notizia si diffuse in tutta Europa: una nuova isola era nata dalla spuma del mare!

L’Inghilterra, che proprio in quegli anni stava costruendo il suo dominio nel Mediterraneo, si precipitò a rivendicarne il possesso. Il 24 agosto il capitano Percival Otham piantò la bandiera britannica sull’isola, dandogli un nome, “Graham”.
Ma, come la Storia insegna, le inimicizie rendono gli Stati invidiosi. Il governo francese inviò alcuni geologi per studiare quel pezzo di terra. Se ne dedusse che già alla fine di agosto l’isola stesse sprofondando, ma questo non era un motivo valido per non darle un nuovo nome, che venne trovato in “Iulia”.
Mancava solo un proprietario all’appello, forse il più atteso, Ferdinando II re delle Due Sicilie, che non poteva permettere che forze straniere rivendicassero ciò che era affiorato vicino alla sua costa. Così mandò una nave militare, capitanata da Giovanni Corrao, presso l’isola e vi fece piantare il vessillo borbonico. Per la terza volta, l’isola cambiava nome: “Ferdinandea”.

Gli inglesi, però, non erano disposti a cedere e veleggiarono contro il Corrao. I cannoni tacquero grazie alla diplomazia, ma si era rischiata l’apertura di un conflitto su vasta scala. Ne seguì un editto del Borbone che ufficializzava l’annessione dell’isola.
La disputa sembrava conclusa, eppure il destino seppe essere beffardo. L’otto dicembre l’isola tanto contesa si inabissò, insieme alla bandiera del regno.
Da questa storia possiamo imparare che il potere a volte sa essere dispettoso, quasi infantile. Ogni piccolo elemento può seminare discordia, anche quando si tratta di un’isola inospitale, del diametro di soli otto metri.
In questo caso una celebre strofa di Pino Daniele calza a pennello: “Chi tene ‘o mare ‘o ssaje/ Nun tene niente”; e aggiungerei o’ mare e quello che da esso affiora per pochi mesi, come un’isoletta vulcanica nel Canale di Sicilia.
Per una ricostruzione storica più dettagliata si rimanda all’articolo di Giuseppe Cultrera: L’isola che non c’è