di Roberto Lo Guzzo
All’indomani della funesta ondata di maltempo che ha colpito il sud est siciliano, e in particolare il territorio di Modica, dove si annovera anche una vittima, ci si chiede se questi fenomeni temporaleschi estremi siano del tutto inediti in queste contrade, o soltanto poco frequenti, e di conseguenza poco noti alla maggioranza della popolazione.
Tra il 16 e il 17 novembre la Sicilia è stata flagellata da 14 di questi fenomeni, 9 dei quali veri e propri tornado. Secondo la scala EF (Enhanced Fujita), che ne stima l’intensità da 0 a 5 in base ai danni provocati, quello di Modica potrebbe essere classificato come un tornado EF2, con danni significativi e venti fino a 220 km/h. Personalmente non ricordo eventi simili, o almeno non così funesti.

Da una prima disamina però emerge che il tornado del 17 novembre scorso sarebbe soltanto l’ultimo episodio, e si conceda pure tra i più drammatici, di una serie lunghissima, talora neanche registrata perché queste raffiche spiraliformi, allorché si manifestano in contesti scarsamente antropizzati, non destano scalpore.
Frequentissime sono le trombe marine, quelle cioè che si originano al largo delle nostre coste e che esauriscono la loro carica una volta che impattano con la terraferma (landfall): Sampieri, Cava d’Aliga, Santa Croce Camerina, Scoglitti, sono da sempre le aree più funestate. Quella che si abbattè su Santa Croce il 31 ottobre 1964 fu definita ‘catastrofica’ dallo storico Giuseppe Micciché.

Fu invece una tromba d’aria a investire l’altopiano il 19 ottobre 1961. Il bilancio in questo caso fu pesantissimo: oltre a danni ingenti all’agricoltura, furono registrate 7 vittime, 4 a Giarratana e 3 a Ragusa. Quello che si abbattè sulle campagne di Scicli il 12 novembre 2004 fu poi un vero e proprio tornado multi-vortice. Questa tipologia di tornado è associata a vortici mesociclonici di livello superiore a EF3, con danni gravi e venti fino a 270 km/h. L’uragano danneggiò in effetti strutture in cemento armato, muri di cinta, oltre a trasportare a distanza alcune vetture, una roulotte ad esempio fu ritrovata a circa 1 km dalla piazzola di sosta.

Limitatamente all’area di Modica, si ricorda la tromba d’aria che il 25 novembre 2015 si abbattè sulle campagne a nord del centro abitato, danneggiando in modo particolare un’azienda agricola e la casa dei rispettivi proprietari, da cui volarono via le tegole. Lungo il litorale modicano fu distrutto invece il circolo velico che insisteva nei pressi del moletto.
Nel gennaio dello stesso anno una tromba d’aria era stata segnalata in C.da Caitina, mentre su tutta la città soffiavano venti fortissimi, facendo volare via sedie e ombrelloni pertinenti alle attività commerciali del centro storico, e distruggendo finanche il muro di cinta dello stadio Vincenzo Barone.

Nel Piano Comunale di Protezione Civile si fa riferimento esclusivamente alla tromba d’aria che seguì l’eccezionale grandinata del 15 settembre 2002. Non esisterebbero dunque altri precedenti nel territorio di Modica. Ma è più probabile che faccia difetto la memoria. Del resto la cultura popolare ha tramandato aneddoti, litanìe, termini quali “cura ri draunàra” (coda del drago); “fra Cola” (frate Nicola); fuddittu (folletto), che altro non sono che personificazioni di fenomeni naturali ritenuti un tempo opera del Demonio, e in quanto tali da esorcizzare. Va da sé poi che questi termini o anemonimi alludano a dei fatti storici.

Nella Grammatica di Giovanni Ragusa alla voce “cura ri draunàra” leggiamo: “nube nera foriera di tempesta”. Ivi si rimanda inoltre alla voce sinonimica “fra Cola”, ovvero “nuvola nera apportatrice di burrasca”. Il Guastella (nel Vestru) intendeva quest’ultima come “una nuvola a foggia di frate col cappuccio, segno infallibile di pioggia impetuosa”. La credenza popolare, raccolta dallo stesso, narra di un eremita che viveva sulla collina della Giacanta, il quale per avere rifiutato di dissetare una giovane, che da lì a breve sarebbe morta, fu condannato ad errare tra le nuvole.

Più preciso Paolo Revelli, secondo cui la cosiddetta “cura ri draunara” sarebbe una “nuvola nera di forma allungata apportatrice di pioggia temporalesca”, laddove con il termine “fra Cola” ci si riferirebbe ad una “nuvola fosca involuta”. Il cosiddetto “fuddittu” è descritto invece come un “forte colpo di vento che lacera le nubi”, qualcosa di simile a quello che in gergo viene chiamato “dust devil” o “turbine di sabbia”. Nella cultura popolare il fuddittu è una figura demoniaca, e solo in senso lato sta per “vento vorticoso”, ma ne parleremo meglio nel secondo articolo la prossima settimana.
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