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Ci giunge questa gustosa storiella popolare relativa a una delle tante fontane e abbeveratoi presenti nel territorio di Monterosso Almo, argomento dell’articolo di venerdì scorso Fontane e fontanelle. Tra l’altro Gianluca Ferraro è l’autore delle foto a corredo dell’articolo citato relativamente a Giarratana e Monterosso.
La presenza di queste strutture destinate alla raccolta e distribuzione dell’acqua è costante nella narrazione popolare e nella toponomastica: quali segni essenziali dell’antropizzazione del territorio.

di Gianluca Ferraro

fantasma
Monterosso Almo, panorama

Questa storia, prettamente monterossana, mi venne raccontata dal mio caro nonno Giovanni Ferraro.

L’abbeveratoio del Casale è una fontana dove persone e animali si dissetano da sempre. Questo luogo si trova poco prima dell’ingresso di Monterosso Almo e precisamente a pochi metri dal cimitero. Proprio da questa ultima caratteristica nasce la storia che vi voglio raccontare.

Nei tempi che furono, un certo Masciu Nunziu aveva un fazzoletto di terra coltivato a ortaggi proprio dietro la fontana ro Casali. A Masciu Nunziu faceva proprio comodo l’acqua della fontana che gli consentiva di annaffiare i propri ortaggi.

Il fantasma della fontana del Casale
La casa natale di Giovanni Ferraro. Particolare della Fontana Casale

La sera tardi le donne del paese, dopo avere messo i bambini a letto e svolto le faccende di casa, si recavano alla fontana a rifornirsi d’acqua. Riempivano le loro giare e i loro contenitori e frettolosamente rientravano in paese passando, con un po’ di paura, davanti al buio cimitero. Ai tempi non c’era illuminazione pubblica. Masciu Nunziu non era felice di questo ammanco di acqua per il proprio orto e quindi si inventò una storia per tenere lontano chi si volesse rifornire alla fontana. Ecco che nacque la storia del fantasma del Casale. (U fantàsimu ro Casali).

Il fantasma della fontana del Casale
Un altro scorcio della attuale fontana Casale

Masciu Nunziu la sera si travestiva da fantasma mettendosi addosso un lenzuolo bianco con dei buchi negli occhi, una pentola in testa e una candela in mano. Così travestito spaventava la gente al grido: “Sugnu u fantàsimu ro Casali“. Nel frattempo sua moglie annaffiava l’orto.

La gente era davvero terrorizzata dal fantasma del Casali e non andava più a prendere l’acqua, con grande soddisfazione di Masciu Nunziu.

Il fantasma della fontana del Casale
Monterosso Almo, sistemazione attuale della fontana Casale

La cosa continuò per diverso tempo fino a quando una sera dei pastori monterossani, i Blasco, rientravano con la loro mandria di mucche verso il paese e si dovevano dissetare al casale. Ecco che all’improvviso spunta Masciu Nunziu che tentava di fare paura ai mandriani. Per tutta risposta al povero fantàsimu gli aizzarono contro i cani che lo inseguirono abbaiando e gli  strapparono via il lenzuolo. Il malcapitato fantasma, gridando dallo spavento, chiedeva di richiamare i cani; e in quel momento i pastori scoprirono che dietro tutto c’era il povero Masciu Nunziu. Da allora scomparve il fantasma del Casale e Masciu Nunziu dovette accontentarsi dell’acqua che rimaneva, per il proprio orto.

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Monterosso Almo, quartiere Matrice e quartiere San Giovanni

di Giuseppe Cultrera

Adesso che, da mattina a sera, il caldo ci avvolge nelle sue spire – andando per la campagna o calcando le basole dei nostri borghi – la vista improvvisa di una fonte gorgogliante o di fontanelle pronte a elargire un fiotto di argentea acqua, ci appare quale magico miraggio. Invece, furono presenze essenziali e vitali nel passato, per l’uomo e le bestie da lavoro.

Divengono oggi, sempre più, orpelli inutili nelle città moderne e fragili reperti nelle campagne e periferie. Eppure, nelle pietre corrose dal tempo e ricoperte di umido muschio, si leggono pagine di memorie intrise di lavoro e di vissuto.

fontane e fontanelle
Ragusa, Quattro Fonti (foto Gianluca Ferraro)

Nelle tre comunità montane – Chiaramonte, Giarratana e Monterosso – sopravvivono diversi e singolari esemplari. Gran parte ancora orgogliosamente attivi, persino nelle funzioni più ancestrali quali quelle di abbeveratoi per animali o lavatoi pubblici. E come fornitori d’acqua, specialmente durante la calura estiva.

Fontane e fontanelle
Giarratana, U rugghiu vecchiu e nuovo (foto Gianluca Ferraro)

U rugghiu vecchiu non risuona più delle tante voci femminili delle lavandaie intente a sciacquare la biancheria, né di quelle scherzosamente squillanti delle ragazze che attingono alle fontanelle per portare acqua potabile in casa, mentre massari e contadini abbeveravano le bestie da soma o da allevamento. Anche U rugghiu nuovo che affiancò il vecchio in epoca successiva, a riprova che Giarratana cresceva, non risuona più di voci concitate, mentre l’acqua scivola solitaria dalle quattro cannelle.

Fontane e fontanelle
Monterosso Almo, U tunnu (foto Gianluca Ferraro)

O tunnu l’acqua si increspa lievemente riflettendo l’azzurro terso del cielo: le donne di Monterosso non vengono più ad attingere l’acqua fresca o sciacquare i panni contendendo la vasca dell’abbeveratoio ai contadini che a cavalcioni del mulo o dell’asino vanno o tornano dal lavoro; e manco le greggi si spingono fin lì per abbeverarsi. Per le strette vanedde e le altalenanti scalinate si incontrano spesso eleganti fontanelle (la maggior parte ora mute) che ci ricordano che l’acqua corrente in casa è un “agio” recente.

Fontane e fontanelle
Chiaramonte Gulfi, U furrieri (foto Giovanni Noto)

U furrieri un tempo principale approvvigionamento idrico di Chiaramonte, con le sue eleganti fonti, la grande vasca per abbeverare le bestie e i “comodi lavatoi” annessi, sembra destinato a un irreversibile decadimento. Sul versante orientale la sorgente di S. Lucia alimenta a funtana (due cannelle per l’acqua potabile e un ampio abbeveratoio), la quale mostra evidenti i segni di altrettanta precarietà. Nelle campagne, intensamente antropizzate, sono presenti numerose fontane e abbeveratoi pubblici, in gran parte ancora vitali.

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Monterosso Almo (foto Gianluca Ferraro)

Un censimento delle strutture esistenti – siano esse semplici fontanelle, o fontane e abbeveratoi, anche lavatoi pubblici – sarebbe un primo rilevante contributo alla loro tutela e conservazione. Propedeutico a una successiva programmazione di interventi mirati al restauro e ripristino (per quelle non attive) e a una manutenzione continuativa.

D’accordo sono microstrutture, spesso prive di interesse storico o artistico: ma in ogni caso rappresentano tasselli della nostra storia comunitaria, di un approccio “ecologico” a un bene essenziale, qual è l’acqua, presente nel territorio e spesso non adeguatamente valorizzato.

È un appello ai tre sindaci appena eletti: che conosco e so che sono sensibili e attenti a queste tematiche. So bene, per aver lavorato negli enti locali, la gran mole di incombenze e problematiche altrettanto urgenti e prioritarie che si troveranno ad affrontare dal primo giorno. Ma so anche che chi ha scelto di intraprendere questo temerario percorso ha coraggio, entusiasmo e tenacia, per alzare l’asticella di una piccola tacca in più!

Noi ci siamo: a sostegno, collaborazione, incoraggiamento, sollecitazione. Se riusciremo, anche solo in parte, a far rivivere questi reperti, consegneremo al futuro un fascinoso pezzo del passato e forse aiuteremo pure il futuro a essere migliore.

Si ringraziano per la collaborazione: Gianluca Ferraro, Giovanni Noto, Luca Ventura.

 

Giarratana: foto di Gianluca Ferraro

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Fontanella in piazza, accanto alla chiesa Madre
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Funtana ‘a ucieddu, strada per Calaforno
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Fontanella nel centro storico, ‘o cuozzu
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Fontanella nel cento storico, ‘o cuozzu
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‘U rugghiu viecciu, antica fonte con lavatoio e abbeveratoio

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Fonte abbeveratoio ‘U rugghiu nuovo

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Monterosso Almo: foto di Gianluca Ferraro

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Fontanella ‘ra chiazzitedda
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‘A ffacciata
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Fontanella murale ‘ra strata ranni
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Abbeveratoio e fonte ‘re Canalazzi, oggi nel parco Canalazzi

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Abbeveratoio e fontana Gazzena

 

Chiaramonte Gulfi: foto di Luca Ventura

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Fontanella, nel centro storico, accanto alla porta dell’Annunziata
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‘U furrieri, antica sorgente con fontana, abbeveratoio e lavatoi

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‘A funtana, c.da S. Lucia, abbeveratoio e fonte
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Abbeveratoio e fonte ‘ra Maronna, accanto al Santuario di Gulfi, luogo un tempo delle fiere di bestiame
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Fontana di Morana
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Fontana di Poggio Gallo

di Giuseppe Cultrera

Anche piccoli uomini – nel senso che non appartengono al potere né alle élites locali – possono incidere sulla storia. È il caso di Antonio Anzaldi, popolano giarratanese. Siamo nel 1837. La Sicilia è percorsa da una grave crisi sociale ed economica che il debole e miope governo borbonico affronta con paternalismo e repressione. A metà anno si aggiunge il terribile cholera morbus acuendo paure, sospetti e ribellioni. Nella provincia di Siracusa, sospinti dalle deliranti tesi dell’avvocato Mario Adorno, in molti Comuni tumulti e sollevazioni popolari sono all’ordine del giorno.

Ferdinando II di Borbone - Anzaldi
Ferdinando II di Borbone

A Monterosso il popolo esasperato dalla tassa sul macinato e dai tanti balzelli che gravavano sulla popolazione, ma non sui notabili, assalta la Cancelleria e brucia carte e archivi. I rivoltosi chiedono la sospensione immediata della tassa sul macinato e degli altri balzelli. Anzi, il loro portavoce, Giovanni Noto, accusa pubblicamente il sindaco Salvatore Noto e alcuni decurioni di essere soci occulti degli appaltatori dei dazi civici. Le cose, così, si ingarbugliano ancor di più. Il sindaco fugge via, chiedendo l’intervento delle forze dell’ordine, mentre il capopopolo finisce assassinato, a detta della vedova, dai poteri forti locali.La rivolta di Monterosso, Anzaldi

E così il 24 agosto giunge a Giarratana il generale Catena al comando di una milizia svizzera di 500 uomini. Per prima cosa piazza il cannone nel piano della Matrice – tanto per far capire che non ha voglia di scherzare – e chiamato il capo degli urbani, sceglie 100 di costoro da affiancare alle sue truppe. A notte fonda ordina di marciare su Monterosso: gli urbani giarratanesi vengono schierati in due file ai lati delle truppe svizzere, recando le lanterne accese. L’ordine è quello di circondare Monterosso e di piazzare il cannone alle tre Croci, nella parte culminante del paese.

Quando si fa giorno gli assediati capiscono di cosa si tratta. La maggior parte si rinchiudono in casa, qualcuno che voleva scappare viene persuaso da qualche schioppettata a desistere e rintanarsi in casa pure lui. A eccezione di uno che, mezzo nudo, riesce a fuggire, nonostante una fucilata sparata da un soldato svizzero. Episodio che per poco non causa la tragedia. Perché il generale Catena aveva ordinato di ‘spianare il cannone’ nel caso che si fosse sentita qualche schioppettata.La rivolta di Monterosso, Anzaldi

Per fortuna l’urbano Anzaldi, preposto al cannone, non eseguì il comando dell’ufficiale a latere, che era lo stesso che aveva sparato al fuggitivo. Spiegava poi l’Anzaldi che non aveva capito l’idioma svizzero: una sequenza incomprensibile di , diceva costui. L’abitato fu a un passo dall’essere distrutto. Salvo, o per l’indolenza tipica del siciliano o per l’avveduta prudenza (preferiamo pensare noi) dell’urbano Antonio Anzaldi.

La rivolta di Monterosso, Anzaldi

Il generale Catena entrò in città, arrestò un po’ di rivoltosi, parlò con i notabili e gli appaltatori del dazio e si rese conto che “quella essere stata anziché una rivoluzione, una giusta dimostrazione popolare. Deplorando quindi le angariche riscossioni degli appaltatori, e le cattive informazioni date al Governo per ottenere la forza pubblica”. Sicché fece liberare gli arrestati. Sciolse l’assedio e la stessa sera rimandò a Giarratana gli urbani.

Proverbiale è la cordiale inimicizia tra le due città di Giarratana e Monterosso: che fa data a tempi ben più remoti di questi fatti. In ogni caso la “buona azione” dell’Anzaldi non pare abbia mutato la cordialità! Ma questo è il bello del vicinato dei paesi siciliani. E possiamo egualmente dirlo per i ragusani e modicani, chiaramontani e comisani … e via dicendo.Giarratana

I fatti raccontati sono desunti da Antonio Dell’Agli (Giarratana 1851 – 1931). Un agiato possidente terriero, impegnato socialmente e politicamente che fu anche studioso e ricercatore storico. Nel 1886 pubblicò un voluminoso testo storico sulla sua patria con interessanti notazioni di costume e una mole notevole di dati storici, statistici e sociali (Ricerche storiche su Giarratana, Tip. Velardi, Vittoria).