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Giorgia Meloni

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di L’Alieno

La storia delle presunte critiche a mamma Giorgia, rea di aver portato con sé la figlioletta al G20, sembra il classico esempio da manuale che qualifica la Meloni come politico assai scafato, pronta ad approfittare delle occasioni che le si presentano per spiazzare o addirittura irridere l’opposizione. Dall’altra una sinistra lunare che si perde nel nulla di questioni insensate, tipo l’articolo maschile o femminile per Presidente del Consiglio, o si segnala per cadere vittima del vittimismo meloniano. Peggio di Giufà.

Giorgia Meloni al G20 di Bali (foto repubblica.it)

Così abbiamo assistito, sui social e sulla stampa nazionale, ad una strabiliante processione di autolesionisti di centro e di sinistra (dal semplice simpatizzante ai leader come Conte e Calenda), tutti in fila ad attestare la loro solidarietà a mamma Giorgia, presunta vittima di ingiustificate critiche, che mai ci sono state, per aver portato la piccola Ginevra a Bali.

Prendersi la briga di verificare le fonti da cui tutto è partito, no?! Allora diamola un’occhiata a queste fonti. La prima un articolo di Assia Neumann Dayan su “La Stampa”: nessuna vera critica, solo cronaca. La seconda un articolo di Claudia De Lillo su “La Repubblica”, forse più ambiguo, ma niente che possa giustificare polemiche. Tutto qui. E su questo nulla Giorgina ha costruito la sua astuta trappola. Brava!

Volto pagina. Mi ha molto colpito il video del neo deputato Aboubakar Soumahoro, eletto nelle liste di Alleanza Verdi e Sinistra, mentre piagnucolova e delirava su presunti nemici che lo vorrebbero annientare, distruggere o addirittura morto. Un video a tratti dal sapore pirandelliano, prodotto malamente in casa e sotto l’effetto psicadelico di una crisi di panico. La reazione scompostissima di chi teme di rimanere politicamente travolto dall’inchiesta sulle cooperative opache di suocera, cognata e moglie (conosciuta a latina, sembra, come “Lady Gucci”). Cooperative che si occupano di accoglienza del tipo “posti dove non avrei messo manco i cani” (Elena Fattori, ex senatrice di Sinistra italiana, dopo una ispezione).

Il neo parlamentare Aboubakar Soumahoro, eletto nella fila di Alleanza Verdi e Sinistra

La difesa politica di Soumahoro è stata per la serie: “Perché ce l’avete tutti con me? Io non so e non sono tenuto a sapere cosa succede a casa mia”. E se a questo si aggiunge pure Fanpage, che racconta una storia poco chiara che riguarda l’utilizzo dei fondi raccolti dal sindacato “Lega Braccianti”, da lui stesso creato, la cosa si complica ulteriormente.

“Avanti così, con un’altra bandiera bruciata nel falò mitologico della sinistra radicale”, scrive Goffredo Buccini sul Corriere della Sera. Amen.

di L’Alieno

Una settimana dopo lo storico voto che ha consegnato l’Italia alla Meloni, il dibattito politico sembra assumere una piega surreale. Tante le critiche ai presunti provvedimenti di un governo che ancora non c’è e ad una Presidente del Consiglio ancora nemmeno nominata. I toni, millenaristici, sembrano essere ancora quelli della campagna elettorale, atti a delegittimare politicamente i vincitori: rei, di volta in volta, di prepararsi ad una seconda marcia su Roma, stravolgere la Costituzione in senso autoritario e imbottigliare olio di ricino. Nemmeno il buon senso di aspettare la costituzione delle camere e la formazione del nuovo governo. Siamo all’opposizione preventiva.

Giorgia Meloni (foto corriere.it)

Voltiamo pagina. Che la sinistra italiana sia in una profonda crisi di identità non lo si scopre oggi. Un problema antico iniziato con il crollo del muro di Berlino. Adesso la narrazione dominante, paradossale, prevede un solo responsabile della sconfitta: il PD. Presunto colpevole di ogni male della sinistra. Presunto azzerato da questa tornata elettorale.

E quali sarebbero le prove di questa storica disfatta? Forse i numeri? Non mi pare. Il tanto osannato Conte, ad esempio, capo di un partito padronale, che ha fatto e detto tutto e il contrario di tutto in questi 4 anni, ha perso circa 6 milioni di voti. Il PD 500 mila. E dovrebbe essere quest’ultimo a subire un’“OPA” dal primo degli sconfitti?

(Fonte: cise.luiss.it)

Ma la cosa più incredibile della vicenda è l’atteggiamento remissivo della dirigenza del PD che sembra rispecchiarsi acriticamente negli odiosi giudizi di chi lo vuole morto per dividersene le spoglie. Dai nani egoarchi Calenda e Renzi, con il loro misero 3,9% a testa, ai populisti a 5Stelle, fino alla strafallita sinistra antisistema da prefisso telefonico. Complici di questo pensiero distruttivo i soliti noti, tra livorosi ex, vecchie mummie e noiosi intellettuali di area. A completare il cerchio certa stampa capitanata da quel grande manipolatore che è Travaglio.

Un briciolo di orgoglio nel PD, tutt’ora primo partito dell’opposizione, imporrebbe sì un esame impietoso sugli sbagli indecenti della campagna elettorale, sì un doveroso ricambio ai vertici, sì nuove prospettive inclusive, nuovo lessico e diverso modo di comunicare, ma non la cancellazione di una storia politica che ha garantito al paese un equilibrio politico-istituzionale fondamentale in tempi difficilissimi. Occorrerebbe invece una personalità empatica, di rottura, che sappia impostare un lavoro innanzitutto centrato sull’identità socialdemocratica, che possa lavorare in pace e magari… donna. Elly Schlein?

Elly Schlein

Foto banner repubblica.it

di L’Alieno

Giorgia Meloni è da record. Piaccia o no, sarà la prima donna italiana a diventare Presidente del Consiglio. La prima erede diretta del vecchio MSI ad arrivare così in alto e una leader capace di traghettare un partitino dalla quasi irrilevanza del 4% ad un sonante e vincente 26%. Il tutto in soli quattro anni. Onore al merito.

Ma adesso, archiviati i festeggiamenti e finita la “pacchia” (dell’opposizione), comincerà tutta un’altra storia per dimostrare di essere all’altezza del consenso ricevuto. Consapevole che i cannoni dei mercati finanziari potrebbero far fuoco in qualsiasi momento, qualora dovesse cedere a qualche stravagante pulsione populista. Ma non mi sembra tipo da errori così banali. Tanto più che il gigione Salvini, suo osceno alleato populista, è stato quasi azzerato.

Giorgia Meloni (foto Wikipedia)

Le novità della Meloni non riguarderanno che marginalmente il governo dell’economia e la politica filo-atlantica, penso. Si concentreranno piuttosto sul presidenzialismo, sulla restrizione dei diritti civili, sul ritorno ad uno stato più confessionale, sul respingimento dei barconi e su una concezione un po’ più fredda dell’Europa: forse non proprio sovranista come ai tempi della “pacchia”, ma nemmeno europeista.

Secondo la massima “marciare divisi per perdere meglio”, a sinistra, invece, sono andate in onda le comiche. Il PD, innanzitutto, con il suo “pericolo fascista” da elezioni del ’48, Un fiasco. Poi l'”avvocato del popolo” che ha evitato sí il disastro dei 5stelle, ma non un forte ridimensionamento rispetto alle politiche 2018: dal trionfale 32,67% al modesto 15,5% dei consensi, ce ne passa. Una bizzarra gara a retromarcia con il PD che ha visto Conte indietreggiare più di Letta (18,9%).
Infine Calenda e Renzi, i due Napoleoni della politica italiana, che si sono confermati solo come fenomeno classista da Ztl: 7,9% (3,95% a testa). Pochino per il loro smisurato ego.

(da sx in alto in senso orario) Enrico Letta, Giuseppe Conte Matteo Renzi e Carlo Calenda (foto wikipedia e flickr)

Due ultime considerazioni. Una per la Sicilia, che segue l’andazzo nazionale ma con la non trascurabile perversione del successo iperpopulista del “Cateno”. Basta il nome per farsi un’idea. L’altra per la mia Chiaramonte, dove l’anziano ex Ras locale, in camicia hawayana per l’occasione, non ha inteso bene la durissima lezione del giugno scorso e ha voluto concedersi un umiliante bis davanti alla giovane esordiente Silvia Melia, che ha preso più del triplo delle sue striminzite preferenze (285). Così è quando non si possiede (o si è perso) il senso del ridicolo.

(Da sx) Silvia Melia, Sebastiano Gurrieri, Cateno De Luca

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Trovo francamente inquietante il voto per la Lega di Matteo Salvini. Preoccupante come lo stesso personaggio che da anni appare come il peggior trombone dell’ultra destra nazionalista, amica di Putin, e dai rapporti dubbi con tutta una serie di opachi faccendieri amici dell’autocrate russo. Illuminanti a tal proposito le parole di pochi giorni fa di Julia Friedlander, responsabile sud-Europa dell’Amministrazione Trump (non Biden!).

Se a tutto questo si aggiunge l’antico DNA “padano”, al servizio degli interessi economici del nord (vocazione mai aborrita), si comprende bene che il voto per la Lega, soprattutto a sud, appare autolesionistico. Anche per chi si affanna soltanto a cercare voti per qualche amico candidato in quel partito. Non ci può essere amicizia che tenga di fronte ad un qualsiasi candidato che decida di abbracciare interessi oscuri e contrari a quelli siciliani, nazionali e della stessa Europa dei diritti. È quasi imbarazzante ripetere concetti così elementari nel 2022.

Matteo Salvini (foto repubblica.it)

Lo dico a scanso di equivoci: il problema non è votare a destra. In una democrazia sana l’alternanza è fisiologica. Ma votare FdI o Forza Italia è cosa diversa che votare Salvini (anche se sono colpevolmente alleati). Per questo risulta incomprensibile la campagna del PD che punta tutto sull’allarme democratico dovuto al pericolo Meloni. Cosa vorrebbe intendere Letta? Che è democratico solo il voto per la sinistra? Improntare oggi una campagna elettorale all’insegna dell’“antifascismo”, al grido “giù le mani dalla Costituzione“, a me sta sembrando demenziale e patetico, ancorché anacronistico. E a dare un’occhiata ai sondaggi i risultati appaiono palesi. Un disastro. Un partito senza idee che punta soltanto al voto di chi non ha alternative.

Enrico Letta e Giorgia Meloni (foto corriere.it)

Anche il pericolo Salvini non sembra un pericolo fascista, semmai “sfascista”. Rappresenta il rischio dell’incompetenza gigionesca, di una nuova campagna elettorale permanente condotta dalle stanze del Ministero degli Interni, degli interessi del sud sacrificati a quelli del nord, della caccia all’immigrato come mezzo di distrazione di massa, dell’uso strumentale della religione nella lotta politica, delle pagliacciate populiste come le citofonate ai presunti delinquenti. Il pericolo serio di un allontanamento dall’Europa dei diritti per consegnarci all’Europa illiberale degli Orban e supina agli interessi di Mosca. A Palermo come a Roma, senza se e senza ma. Non è ragionevole.

di L’Alieno

“Il sorpasso” di Dino Risi compie 60 anni. Un film meraviglioso, profetico, che si consuma nello spazio temporale di un ferragosto: quello del 1962. Una sorta di road movie ante litteram. Laddove le scene più iconiche sono quelle delle scorrazzate di Bruno Cortona (Vittorio Gassman) tra le deserte strade romane al volante della mitica Lancia Aurelia B24 aperta (protagonista anch’essa), accompagnato dal giovane studente Roberto Mariani (Jean-Louis Trintignant).

Un affresco impietoso, tra i più significativi della commedia all’italiana, sui vizi della società del miracolo economico, attratta dalla facile ricchezza, che comincia a disprezzare il lavoro e che in nuce già contiene tutti i limiti che saranno propri dell’Italietta di sessant’anni dopo.

I tre protagonisti: Vittorio Gassman, Jean-Louis Trintignant e la splendida Lancia Aurelia B24 aperta

Non fatico affatto ad immaginarmi oggi un Matteo Salvini, che vive d’espedienti politici (come d’espedienti viveva Bruno), alla guida della splendida Lancia Aurelia, metafora del belpaese. Che si diverte a gigioneggiare metaforicamente senza meta e contromano per le strade di Roma, facendo ora le corna ai tedeschi, ora inseguendo le chimere delle turiste nel film (sarebbero le sirene russe nella realtà odierna), ora a spernacchiare il buon senso che sa di noia borghese: la foto di Brigitte Bardot sul cruscotto dell’Aurelia con la scritta “Sii prudente a casa ti aspetto io”.

Il povero Roberto, lo studente che viene convinto da Bruno a lasciare i libri (e il senso di responsabilità) a casa, potrebbe essere la metafora dell’italiano medio che a piccoli passi si converte alla filosofia dell’affascinante Bruno, l’eterno bambino che non ha costruito niente e alla filosofia strafottente dell’industriale di una certa età (Berlusconi) privo di scrupoli etici, che compra l’amore di una ragazzina.

La Meloni, nel film, potrebbe forse impersonare il cugino reazionario Alfredo (non c’è una figura femminile adatta a lei), legato alla proprietà della terra, all’identità contadina. L’Italia anacronistica della fiamma tricolore, del “Dio, Patria e famiglia”, opposta a quella “futurista-caciarona” di Salvini, ma comunque sua alleata nel nome del comune odio per l’Italia piccolo-borghese del PD.

“Sembra quasi che ci si possa soltanto divertire… La corsa sfrenata prosegue, tra derapate e accelerazioni fino ai 160 orari finché, nell’impossibile sorpasso… si profila la tragedia. Scrive Mirco Dondi su “Il Fatto Quotidiano”.
La tragedia di un intero paese, aggiungerei io.

 

di L’Alieno

Che c’entra il movimento no-vax con l’estremismo nero? A quanto pare c’entra, eccome. I fatti di sabato, ma la questione era nota anche prima, gettano una luce tetra di contiguità con un movimento sempre più a corto di argomenti e sempre più voglioso di buttarla in caciara.

Ma c’è qualcosa che disgusta ancora di più, se possibile, rispetto alla piccola frangia di bulletti che vi ha posto il cappello politico e straparla di libertà, mentre assaltano le sedi sindacali e inneggiano ad un’ideologia liberticida. È l’atteggiamento dei tanti “giustificazionisti del MA“. Quelli che condannano qualcosa o qualcuno aggiungendo subito dopo un MA che apre a ragionamenti in conflitto insanabile con le premesse.

L’assalto alla sede della CGIL romana e i disordini di sabato scorso

Un pericoloso partito che conta su una base numerica solida nel nostro paese. Che sembra avere un’opinione confusa su tutti i temi caldi del momento ed è politicamente sbilanciata verso gli estremi, soprattutto a destra. Però si vergogna un pochino a mostrarsi di volta in volta apertamente favorevole alle violenze, all’intolleranza e al disprezzo per la diversità.

E così è stato anche per i fatti di sabato, in cui lo squadrismo di Forza Nuova (che andrebbe sciolta d’autorità) ha trovato la pronta giustificazione nel MA di tanti che fascisti non sono: “Non si fanno queste cose, MA il ministro Lamorgese ha sbagliato… MA la misura è colma… MA si è tirati troppo la corda… MA il green pass è una porcata…”

I paladini della “libertà” di Forza Nuova. (In alto a destra) Tre dei leader del neo-fascismo italiano: Arone, Fiore e Castellino.

In tutto questo fiorire di MA non poteva mancare quello dell’ineffabile Giorgia Meloni. Partita alla volta della Spagna per arringare gli amici franchisti di Vox, tirata per i capelli, ha condannato goffamente le violenze del “sabato fascista” con un surreale MA ignorante la matrice ideologica dei violenti. 

Udite udite, la Presidente di FdI ignorerebbe il pensiero politico dei camerati Castellino e Fiore o l’ex terrorista dei NAR, Aronica o, ancora, quella dei suoi stessi sodali di partito Fidanza e Jonghi Lavarini (il “barone nero” milanese).

L’Alieno è una rubrica settimanale tenuta da Giuseppe Schembari (uno dei quattro fondatori del blog)