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guerra in Ucraina

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di Vito Azzara

Rischio, una parola che sentiamo pronunciare quotidianamente. Il vocabolario Treccani gli attribuisce questo significato: “Eventualità di subire un danno connessa a circostanze più o meno prevedibili”.

I rischi possono essere molteplici, sono intrinseci alla natura di tutte le nostre decisioni, possono essere previsti ed eventualmente gestiti, accettati o contrastati; gli esseri umani prendono decisioni e compiono azioni rischiose continuamente.

Il cambiamento climatico è un rischio che gli studiosi hanno previsto e che, nonostante la scienza ci fornisca gli strumenti per conoscerlo e gestirlo, purtroppo, continuiamo a sottovalutarlo. Durante l’ultimo incontro del World Economic Forum (WEF), come di consueto, è stata pubblicata la nuova edizione del Global risk report.

Tabella dei possibili dieci rischi globali che si susseguiranno nel breve e nel lungo periodo

Il WEF è una fondazione senza scopo di lucro che, dal 1974 ogni anno, riunisce a Davos (Svizzera) leader politici, teologi, ricercatori ed esponenti delle maggiori imprese europee e statunitensi per discutere, sotto l’egida della fondazione e dei suoi esperti, riguardo i problemi che affliggono il mondo.

Sono molti gli output che vengono prodotti, uno dei più significativi, a mio parere, è il report che raccoglie i principali rischi globali. Nello specifico, l’edizione del 2023 ha visto come protagonista i rischi collegati all’ambiente e al clima.

Nonostante la pandemia, le guerre, le carestie, l’inflazione e la crisi finanziaria, il report ha individuato cinque rischi legati all’ambiente nel breve periodo e sei nel lungo periodo, quattro dei quali nelle prime posizioni. Quando si affronta un argomento come quello dei cambiamenti climatici non si ha a che fare con qualcosa di complicato bensì con qualcosa di complesso.

Soldato ucraino (foto: Il Mulino)

Lanciare un razzo sulla luna, fare una torta, costruire una libreria, sono tutte attività complicate ma seguono un inter preciso, delle indicazioni che, se ben seguite, producono i risultati attesi.

Un problema complesso è tale perché trasversale, composto da diverse parti che agiscono indipendentemente le une dalle altre ma che si intrecciano in un groviglio di cause ed effetti difficilmente dominabile questo però non deve spaventare, occorre conoscere alcuni argomenti che compongono la complessità.

Quanto appena illustrato è il motivo che mi spinge a scrivere sul cambiamento climatico; nei prossimi articoli proverò ad illustravi le cause, le possibili soluzioni e le contorte dinamiche di quella che sarà la sfida più ardua per la nostra società.

 

di Marco Ragusa

Parlare di Ucraina, di scenari più o meno possibili in questi terribili momenti, è molto difficile, sempre più difficile. La ragionevolezza fa considerare i toni attuali, che continuano ad alzarsi, totalmente sbagliati. La situazione, complicata già da alcuni anni, aveva tra i punti di caduta il conflitto, la guerra, l’invasione ad opera di Mosca. E questo è avvenuto, purtroppo. Le vicende sono note ai più, le posizioni potrebbero sembrare cristalline ma non è così.

(foto Serge Serebro, Vitebsk Popular News)

Proviamo a fare qualche considerazione che non ha la pretesa della completezza. Nell’esagono geopolitico c’è innanzitutto l’Europa, il teatro largo di questa tragedia, la comunità regionale, con una crisi di leadership senza precedenti, che ha dato prove di unità ma che scricchiola dinanzi a possibili nuovi scenari; l’Ucraina stremata, con il Presidente Zelensky che resiste, ma che è anche protagonista di uscite particolarmente delicate (da ultimo, le frizioni con Berlino).

(Da sx) Il dittatore russo Putin, e il Presidente dell’Ucraina Zelensky (foto Wikipedia)

Gli Stati Uniti, interessati complessivamente a “stracciare” la Russia e/o a indebolirla nella logica internazionale con la Cina che se l’è “scelta” come partner (il Presidente Biden non si risparmia quanto a dichiarazioni); la NATO con le sue evoluzioni strategiche (si vedano le prospettive su Finlandia e Svezia) esclusivamente votate al suo rafforzamento in funzione antirussa.

Mosca, che prova a legittimare le sue mosse sciagurate senza alcun fondamento accettabile dinanzi all’aggressione cominciata il 24 febbraio e alle devastazioni, ai lutti, alle fosse comuni; infine le Istituzioni Internazionali, paralizzate da una questione che vede come protagonista uno dei 5 membri del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, una delle maggiori potenze atomiche del mondo qual è la Russia. Sullo sfondo, la tragedia di un Paese massacrato e l’offensiva finale nel Donbass di questi giorni.

Il Presidente degli Stati Uniti Biden (foto Gage Skidmore from Surprise, AZ, United States of America)

L’esagono è sempre più irregolare e diventa sempre più difficile trovare la formula per una sua regolare determinazione. La penso come Lucio Caracciolo. Non è detto che i russi, preso il Donbass, si fermino lì: probabilmente vorranno arrivare a Odessa. Putin vuole arrivare ai negoziati con qualcosa in mano, non solo il Donbass. Se prende Odessa, forse spingendosi fino alla Transnistria, può sedersi al tavolo e dire agli ucraini: sono tanto buono che posso darti questo in cambio di altro.

(Immagine da corriere.it)

Ma queste sono strategie militari, sulle quali non ho nessuna competenza per fare considerazioni. Non so quali scenari potrebbero aprirsi. Nessuno è in grado di prevederli. L’elemento di lungo periodo che mi preoccupa è la possibile apertura di una fase che potrebbe vedere una nuova cortina di ferro. Pensare a un mondo con Stati Uniti e Occidente da un lato, Cina, Russia dall’altro con alcune regioni dell’Asia e dell’Africa come teatro di contese e conflitti è uno scenario che farebbe male a tutti, a tanti.

(foto ilquotidianoinclasse.corriere.it)

Qualche giorno fa, intervenendo a un Forum bilaterale tra Italia e Kyrghizistan (Repubblica federata dell’Unione Sovietica fino al 1991) si è parlato di de-globalizzazione, protezionismo e dei tentativi di contenere le loro evoluzioni. Significativo il fatto che ciò avvenga, oggi, nel perimetro di dialogo con una Repubblica dell’Asia centrale.
La pace va cercata. Sempre. Dobbiamo fare tutti di più. Lo dobbiamo al popolo ucraino, alle sue sofferenze, al futuro dell’Europa e del mondo.

di L’Alieno

Trovo patetico l’atteggiamento di certa sinistra in questa orribile guerra. Quella che si autoqualifica come “Vera” (con la “V” maiuscola, mi raccomando). Di certo alquanto più discutibile di quello della destra, al netto delle cialtronate di Salvini, degli estremisti filo-russi di parte della Lega e della dissidenza populista grillina.

Quella “Vera sinistra” che vive nella “Verità”, nella “complessità della reatà” e che, tra le tante virtù politiche millantate, annovera pure il “pacifismo” come cardine ideologico del suo pensiero. Ma che vuol dire essere pacifisti durante un’aggressione armata di uno stato imperialista nei confronti di uno stato sovrano suo vicino?

Si, perché appare incontrovertibile che c’è stata un’aggressione militare. Checché si possa o voglia dire sulla sua genesi storica, rimane del tutto impossibile poterla giustificare. Quindi la condanna di Putin dovrebbe essere “pacifisticamente pacifica”. Ma non è proprio così. Non sempre appare così scontata.

Il punctum dolens rimane però il ruolo dello stato aggredito. Cosa dovrebbe fare l’Ucraina secondo gli zelanti ideologi del pacifismo duro e puro? Arrendersi senza tante chiacchere e capitolare alle richieste di Putin?  “Bisogna isolare Zelensky” dice con tono sicuro (e con le lacrime agli occhi)  il celeberrimo prof. Orsini, voce libera e autorevole del pacifismo (narcisista) televisivo. E sinceramente non si capisce bene dove si voglia andare a parare se il problema appare più l’aggredito che l’aggressore.

Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky. Chi sarebbe l’aggressore? Chi l’aggredito?

Andiamo avanti. Difficoltà anche peggiori emergono quando si tratta di capire cosa dovrebbero fare l’Occidente di fronte a quel criminale di guerra che non si fa scrupoli di radere al suolo villaggi e città. Aiutare gli aggrediti dando loro armi adeguate per difendersi? No, assolutamente. Siamo già complici dello sterminio in atto, sia chiaro! La “no fly zone”? Meno che meno. Sarebbe la terza guerra mondiale. Le dure sanzioni imposte dall’Europa? Sbagliato, perché fanno male anche a noi. Rimarrebbe cosa? Il girarsi cinicamente dall’altra parte nel nome ipocrita della “pace pacifista”? Nella (illusoria) speranza che a Putin basti fagocitare l’Ucraina nella sua orbita tirannica e mutilarla dei territori che desidera? Fateci capire, chiedo per un amico ucraino…

Il sociologo Alessandro Orsini, secondo il quale non ci sarebbe differenza tra L’occidente e Putin: “facciamo schifo quanto Putin e tra schifosi ci si intende”, dice il celeberrimo professore “pacifista”

di Redazione

Può un’opera scritta 2200 anni fa essere attuale e farci riflettere sulle brutture del nostro mondo? La risposta è sì, se si tratta del Miles gloriosus (Il soldato fanfarone, anche tradotto Il soldato millantatore o Il soldato spaccone) di Tito Maccio Plauto (in latino: Titus Maccius Plautus o Titus Maccus Plautus; Sarsina, tra il 255 e il 250 a.C. – Roma, 184 a.C.). Plauto è stato un commediografo romano e uno dei più prolifici e importanti autori dell’antichità latina e l’autore teatrale che più influenzò il teatro occidentale.

Tito Maccio Plauto (Sarsina, tra il 255 e il 250 a.C. – Roma, 184 a.C.)

Egli fu esponente del genere teatrale della palliata, ideato dall’innovatore della letteratura latina Livio Andronico. La trama sintetizzata racconta del soldato Pirgopolinìce, un millantatore vanaglorioso, noto per le sue spropositate e infondate vanterie. Ma il soldato verrà punito dal solito servo furbo che, alleato con altri personaggi, permetterà alla ragazza, rapita dal soldato, di ricongiungersi con il suo padrone. In realtà, quasi la metà dei versi escono dalla bocca del servo Palestrione, che è il vero protagonista della scena, con i suoi piani che gli fanno più volte meritare il titolo di architetto.

Perché il paragone con i fatti che drammaticamente stiamo vivendo è così vivido? La risposta è nei versi del grande scrittore che vi invitiamo a rileggere. A noi importa solamente di segnalare la magnificenza e genialità di alcuni versi. Ecco cosa dice il vecchio saggio. Uno dei personaggi principali. Periplectomeno, amico del padre del giovane Pleusicle, ha 54 anni, è ricco, generoso, giovanile, astuto; vicino di casa di Pirgopolinice, è un vecchio che ha messo a disposizione tutta la sua saggezza ed esperienza per riconciliare la coppia di giovani separata ingiustamente. Periplectomeno è un altro personaggio tipico della commedia plautina, e cioè il “senex lepidus”, il vecchio libertino.
…lepidum senem; Isque illi amnati suo ospiti morem gerit. Nosque opera consilioque adhortatur, iuvat”. (un simpatico vecchio che favorisce gli amori del mio vero padrone e che, con servigi e consigli, c’incoraggia e ci aiuta).

Poi aggiunge. “Non vedi che il nemico ti sta addosso e ti minaccia alle spalle? Deciditi, aggrappati a qualcosa, a qualche aiuto. E fa’ presto, non c’è tempo da perdere. Precedili per qualche scorciatoia. Guida la truppa per un passo nascosto, circondali, stringili di assedio, rinforza le nostre difese. Tagliagli i viveri, ai nemici, e tu apriti una via perché le vettovaglie arrivino sicure a te e ai tuoi soldati. Avanti, provvedi! Il tempo stringe. Ma se dici che ti assumi il compito, ho fiducia che possiamo battere i nemici…”

Pensiamo che già gli strateghi romani avevano escogitato strategie militari geniali che sarebbero durate nei secoli, imitate persino dall’esercito Ucraino per resistere all’invasore. Ma sottraendoci alla logica guerrafondaia pensiamo che se magari qualcuno rileggesse questi versi potrebbe prendere spunto per capire che la guerra non lascia vincitori, ma soltanto vinti, che la solidarietà fra le nazioni nel nome della pace e della giustizia potrebbe riuscire a trovare una soluzione al disastro che sta flagellando il popolo ucraino e attanagliando la mente di tutti noi. Le angosce e le paure che da settimane stanno mettendo a dura prova milioni di persone potrebbero essere alleviate da queste magnifiche parole. Il geniale Plauto, il magico Plauto, forse potrebbe fare un miracolo.

(foto facta.news)

di L’Alieno

Esiste un filo rosso-nero che lega il mondo no-vax, ai simpatizzanti pro-Putin, agli anti-Europa, agli anti-Nato, fino ai movimenti pacifisti duri e puri. La guerra russo-ucraina ha saldato magnificamente questi estremismi, da destra a sinistra, in un unico fronte iperideologizzato molto presente sui social.

Così Zelensky vale Putin, la Nato diventa la vera responsabile dell’aggressione e la Russia soltanto un paese che si sta difendendo (sic!). Le bombe sui civili? Una tragica realtà la cui responsabilità è da dividere tra le due parti in conflitto. Insomma, perché non si arrendono gli ucraini e la facciamo finita con questa guerra? La testardaggine del nazista (ebreo) Zelensky e le armi fornite dagli europei sarebbero il vero problema di questo conflitto. La vera causa del protrarsi dei bombardamenti e della mattanza in atto. Amen.

Il dittatore russo Vladimir Putin e il Presidente ucraino Volodymyr Zelensky

È “la notte nera delle vacche nere”, come disse qualcuno. E non abbiamo nemmeno bisogno che la macchina della disinformazione di Mosca faccia il proprio sporco lavoro. Sappiamo fare da soli, in un misto di mancanza di autostimaodio per la nostra stessa civiltà (c’è di meglio altrove?) e spesso un disagio funzionale che impedisce di capire e distinguere tra semplici concetti: chi è l’aggressore? Chi l’aggredito? Tutto si confonde in una baraonda di dietrologie senza senso, che nel migliore dei casi diventa colpevole confusione tra torti e ragioni sul piano storico e i fatti della guerra in atto. Una logica perversa, faziosa, che finisce con il porre sullo stesso piano l’aggressore e l’aggredito.

Le fosse comuni in cui i civili ucraini morti nel conflitto vengono seppelliti (foto corriere.it)

Cosa importa se poi un intero paese di 30 milioni di abitanti venga consegnato ad un Lukashenko qualsiasi, facendosi beffe della volontà democratica dei suoi stessi cittadini. Chi se ne frega di regalare a Mosca pezzi di un altro stato sovrano. L’importante che la guerra termini e ci sia una tregua sui rincari esorbitanti delle ultime settimane, magari togliendo le controproducenti sanzioni alla Russia e amici come prima. Anzi, gli ucraini si dimostrino felici di finire sotto Putin e non sotto un regime di dittatura sanitaria come il nostro. Sappiatelo cari amici ucraini. Sarete più fortunati di noi italiani. D’altra parte un noto mentecatto della politica italiana era disposto a cedere “due Mattarella per mezzo Putin”… 

Per non dimenticare… (foto corriere.it)

Foto banner e social da corriere.it

di Vincenzo La Cognata

L’invasione russa dell’Ucraina – sì, perché di una vera e propria invasione si parla – ha modificato l’equilibrio economico non solo dell’Europa, ma del mondo intero. A prescindere dalle motivazioni che hanno portato allo scoppio di questo conflitto, le conseguenze risultano preoccupanti non solo in termini di vittime e distruzione in Ucraina, ma anche dal punto di vista economico e sociale nel mondo intero.

(foto da corriere.it)

Le prime conseguenze le abbiamo già viste: il dollaro si è fortemente apprezzato nei confronti dell’euro, ritenuto altamente rischioso, fino a qui tutto “normale”, il mercato dei cambi è molto elastico in risposta ad eventi di questa portata. Più preoccupante risulta invece la dinamica dell’inflazione, che rischia di continuare verso l’alto fino ai livelli di un passato ormai lontano. Certo, se finisse presto il conflitto tutto potrebbe tornare nella norma in tempi brevi, con la strategia dell’inflaction targeting (che ritocca all’insù i tassi d’interesse). Ma chi oggi potrebbe pronosticare una pacificazione così immediata?

Ne è una prova il dato degli aumenti delle bollette energetiche nel nostro paese e del carburante. Prezzi che potrebbero essere destinati ad aumentare ancora. Non è un mistero che l’Italia – molto più di altri paesi – è dipendente dal gas russo (importiamo il 40% del nostro fabbisogno). Ecco allora che non si sono fatte attendere le dichiarazioni d’amore del Ministro degli Esteri Di Maio all’Algeria, nostro secondo maggiore fornitore di gas, e verso Qatar e Azerbaigian.

Luigi Di Maio in Algeria (foto esteri.it)

La crisi che l’Italia dovrà affrontare nell’immediato sta tutta nelle parole di qualche giorno fa pronunciate da Draghi in Parlamento, in cui ha espresso la volontà di riaprire le centrali di carbone precedentemente chiuse. La nostra amica Greta lo starà maledicendo per una così clamorosa marcia indietro rispetto ai buoni propositi della transizione ecologica. Ma cosa si sarebbe mai potuto fare in una situazione d’emergenza?

Magari al nostro Presidente del Consiglio farà piacere sapere che nel meridione ci sarebbe spazio e clima adatto per produrre quantità di energie rinnovabili sufficienti per tutta la nazione. Bisognava però pensarci un po’ prima. Avere una strategia energetica lungimirante a lungo termine. Cose mai viste nel nostro paese, dove si è sempre tirato a campare senza alcuna visione del futuro.

Va da sé che l’aumento della bolletta energetica sta già determinando aumenti dei prezzi generalizzati: dalle materie prime ai prodotti finiti, all’interno del commercio intra-settoriale e inter-settoriale come a livello locale e globale.

Gli stessi derivati del petrolio sono utilizzati da tutte le imprese: dal piccolo produttore locale, come dalle aziende di logistica, fino alle grandi compagnie. Nessuno sarà al riparo da questa crisi, che ci arriva tra capo e collo mentre stiamo ancora facendo i conti con quella precedente causata dal Covid. Crisi che rischia di avere una portata ancora maggiore sullo sviluppo della globalizzazione e del commercio mondiale come lo abbiamo conosciuto fino ad oggi.

di L’Alieno

Tanto tuonò che piovve. La guerra è iniziata. Programmata minuziosamente da tempo da quel piccolo tiranno guerrafondaio che si è fatto beffe delle diplomazie europee, ha illuso tutti che ci fosse spazio per trattare la pace in Ucraina.

L’autocrate russo Vladimir Putin (foto da Wikipedia)

Corsi e ricorsi storici. Sembrano tante le assonanze storiche con l’aggressione della Cecoslovacchia da parte delle armate naziste con la scusa della difesa dei sudeti. E anche allora, per tentare di salvare la pace in Europa, nella Conferenza di Monaco del 1938, ci fu chi acconsentì a un accordo che permise a Hitler di annettersi vaste aree di quel paese. Si sa, “la strada per l’Inferno è lastricata di buone intenzioni”, come disse qualcuno. Sappiamo com’è andata a finire.

Adolf Hitler ed Hermann Goering ai tempi dell’invasione Cecoslovacca

Ma stavolta sembra che le cose stiano andando in maniera un po’ diversa. Che Putin, in fondo, un miracolo lo stia già compiendo: ricompattare l’Europa su posizioni intransigenti verso la stessa Russia. Divisi da anni di ubriacature sovraniste, nel vecchio continente era passata la convinzione che coltivando ognuno il proprio piccolo orticello si potesse prosperare comodamente in un mondo dominato dalle grandi potenze planetarie (Cina, USA e Russia). Ma non può funzionare così, se si vuole contare qualcosa sullo scacchiere internazionale.

Una cinquina di “sovranisti doc” europei: (da sx in senso orario) il leader polacco Kaczynski, la francese Le Pen insieme a Salvini e la Meloni con Orban (foto da LaPresse e repubblica.it)

Penso che questa lezione nel cuore dell’Europa possa dare un impulso decisivo all’unità politica, proprio nel segno degli ideali di un grande italiano: Altiero Spinelli. Unità politica europea che è nella logica della nostra storia e potrebbe rappresentare una pietra miliare nel processo di stabilizzazione dell’intero pianeta.

Altiero Spinelli (1907-1986), europeista convinto e autore, insieme ad Ernesto Rossi, del famoso Manifesto di Ventotene (1941)

In tutto questo però L’Italia non può continuare a vivacchiare senza avere una visione precisa del proprio futuro, a partire dalla questione energetica. Come può un grande paese industrializzato dipendere in larga parte dai capricci di un autocrate inaffidabile?

Vengono in mente le tante menate sul TAP in Puglia, come su tante altre questioni aperte, dove la cecità di certo ambientalismo (i signornò a tutto), e una politica miope, hanno impedito lo sviluppo di qualsiasi alternativa. Un cambio di passo sembra inevitabile.

Foto banner e social da circololettori.it