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pagghiari e la ‘ncravaccata di Scicli

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di Luigi Lombardo

Tra i riti che la pandemia ha, per il momento (si spera), “spento” sono tutti i cerimoniali legati al fuoco. Già questi particolarissimi riti erano stati messi in crisi dalle reti del gas che hanno indotto le autorità a proibire l’accensione di falò nei centri urbani: l’esempio di Scicli è il più eclatante.

Antichissimi cerimoniali hanno subito un arresto, quasi, brutale. La processione di Scicli tra sacro e “profano” (in verità è distinzione sterile) non è accompagnata dalla accensione dei “pagghiari” e la “‘ncravaccata” è una parata di cavalli da corsa, anche se un filo ancora lega le bardature al passato non lontano.

Scicli, la “‘ncravaccata” (foto di Nino Privitera)

E noi rimpiangiamo il tempo in cui alte ardevano le lingue di fuoco dei falò siciliani: dai “pagghiari” di Scicli, appunto, per la festa di San Giuseppe, ai “vamparigghi” di Vittoria per la festa di Santa Lucia, alle “luminagghi” di Pachino, alle “vampe” di Palermo per San Giuseppe, allo “zuccu” di Taormina o di Acireale la vigilia di natale: salutavano l’anno nuovo o l’inizio dell’estate.

Bruciavano nelle “farate” di Sant’Antonio a Cassaro gli ultimi freddi invernali, con le paure e le angosce del quotidiano, esorcizzavano solennemente la morte, propiziando il “re-novarsi” della natura, purificavano uomini, animali e piante in un rito antichissimo e nuovo al contempo, che rinnova un archetipo immutabile: quello della festa popolare.

Le “farate” di Sant’Antonio a Cassaro (foto di Nino Privitera)

La “sciaccariata” di Ferla aveva i tratti dello spettacolo nel rito: attorno al tema dell’incontro della Madre col Figlio si muoveva un popolo che accompagnava le statue con le ciaccare accese, percorrendo il paese in lungo e in largo in una corsa sfrenata che si concludeva nel falò comunitario, che i bambini saltavano, propiziando così la crescita propria e della comunità.

Ferla, la Pasqua notturna con il fuoco e la “sciaccariata” (foto da pinxa.it)

Il pasto comunitario concludeva il rito, che continuava nelle case private. Era la Pasqua ferlese: un paradigma di antiche feste, una declinazione di rituali legati alla crescita e alla richiesta di abbondanza per l’anno nuovo o in corso.
Li rivedremo? E se li rivedremo come si svolgeranno? È una curiosità che spero di poter soddisfare presto.

Le “vampe” di Palermo per San Giuseppe (foto da palermo.repubblica.it)

Le foto banner Nino Privitera (Melilli)