di Vito Castagna
C’è ancora domani è più che un augurio. È una speranza che si fa pellicola e che tocca l’animo di molti spettatori, come dimostrano gli incassi al botteghino. Basta fare una breve esplorazione su alcuni gruppi Facebook dedicati al cinema, una cartina al tornasole abbastanza fedele sugli indici di gradimento, per notare quanto quest’opera prima abbia acceso gli entusiasmi di moltissime donne.
E ciò colpisce. Non sono di certo pochi i registi che hanno parlato della condizione femminile, eppure sembra che Paola Cortellesi abbia saputo toccare delle corde che alcuni colleghi più affermati hanno stentato a far vibrare. Che sia dovuto alla mancanza di sfaccettature – a tratti caricaturale – dei personaggi maschili da lei scritti? Gli uomini di “C’è ancora domani”, salvo poche eccezioni, prevaricano sistematicamente le donne ed esprimono con la violenza verbale, fisica ed economica le prerogative che la società ha loro arrogato. Il marito di Delia (Paola Cortellesi), interpretato da Mastandrea, è il campione ottuso di questo prototipo.

È uno stato di cose così lontano dalla nostra realtà? Sì, ma forse non troppo. Cambiano i contesti e i modi. Le donne di oggi possono rifarsi a diritti al tempo inimmaginabili, eppure il patriarcato è ancora pericolosamente vivo e conosce strumenti più subdoli. Stando così le cose, si può dire che questo film ha successo perché ha saputo intercettare la condizione e lo stato d’animo di molte donne. In troppe credono infatti che il processo di emancipazione femminile si sia fermato e che, ancor peggio, stia facendo decisivi passi indietro.
C’è però una speranza: la partecipazione di ogni membro della società. Su questo la Cortellesi è chiara: nessuno si salva da solo. Qualsiasi resistenza al macismo può spezzarsi se non sostenuta. Una figlia, infatti, può essere salvata da una madre, una donna/madre/moglie e tutto ciò a cui aspira ad essere può salvarsi solo col supporto di tutti.
Di fronte a questo, molti aspetti propri della pellicola passano in secondo piano. Ciò però non toglie che il film presenta delle scene degne di nota, con scelte stilistiche azzeccate. Non ci troviamo di fronte ad un capolavoro, ma questo non è importante. Contano i fini, direbbe qualche filosofo utilitarista, conta che il cinema torni ad interessarsi al sociale e a parlare dell’oggi. E questo, fortunatamente, in Italia si sta tornando sempre di più a fare.
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