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di Pippo Inghilterra

Un luogo sacro di antiche linfe: la sorgiva al centro della piazza di Comiso. 

Da quando i Naselli, in pieno Rinascimento, acquistarono il feudo di Comiso, l’acqua della fonte fu concessa ad uso libero alla cittadinanza. 
Nella tradizione della città la forma della fontana della Piazza fu sempre rinnovata. In origine la fontana doveva essere una conca d’acqua che tracimava, riversandosi lungo un pendio naturale, per confluire nel solco largo e profondo del fiume Ippari, un tempo navigabile. 

Copertina di Comiso Viva, 1976, di Salvatore Fiume (a sx); Planimetria del territorio di Comiso al tempo dei Borboni, in: Mappa del catasto borbonico di Sicilia: territori comunali e centri urbani nell’archivio cartografico Mortillaro di Villarena: 1837-1853. A cura di Enrico Caruso e Alessandra Nobili. Editore Regione Siciliana, 2001

La fontana, rappresentante Diana cacciatrice, scese dal cozzo Apollo per assistere al bagno delle Ninfe nelle fresche acque della sorgiva della Piazza che da tempo prende il nome della Dea.
Nelle sue prime architetture comprendeva delle bocche d’acqua in pietra a forma di teste umane; successivamente col terremoto del 1693 “nel Fonte Diana crollava il prospetto, che più in là vedremo rifatto dal conte-principe Naselli.” 

Nella foto più vecchia della piazza di Comiso (1886 ca.) osserviamo la sorgente a cielo aperto, delimitata da otto pilastri in pietra e uno al centro senza vaso soprastante.
L’acqua sorgiva tracimava in una canaletta semicircolare che alimentava tredici bocche di bronzo, da dove la cittadinanza attingeva l’acqua. 

Foto del 1886 della piazza Fonte Diana di Comiso, particolare

Verso la fine dell’Ottocento alla fontana fu aggiunta una copertura, formando un palcoscenico rialzato rispetto al livello della platea.
Nella “città-teatro” si creava così un luogo di spettacolo in cui, il sabato sera, la filarmonica di suonatori intonava la Traviata di Verdi, la Norma di Bellini o la Cavalleria Rusticana di Mascagni.

Nel 1953 Biagio Mancini, pioniere dell’architettura moderna in questa provincia, realizzò una nuova fontana con una struttura leggera in calcestruzzo armato, spicchi di vetro che lasciano vedere il pullulare dell’acqua e un tocco di colore dato dalle piastrelle in ceramica di Biagio Frisa, mantenendo il palcoscenico rialzato, la visione della sorgiva e la tracimazione naturale dell’acqua

Foto della piazza Fonte Diana di Comiso, con la copertura della sorgiva, particolare

Alcuni anni fa fu nuovamente rifatta la fontana, con un’architettura che sostituì quella precedente e un risultato su cui sospenderei il giudizio in attesa della decantazione storica. Al momento si può però dire che: l’annullamento della tracimazione naturale dell’acqua, ha posto fine ad un ricordo millenario della Platea Fontis.

La statua di Diana non si bagna più nelle sacre ed antiche linfe della fontana.
È ritornata al cozzo Apollo, ricoperta da una coltre di foglie e dorme…dorme sulla collina.

Fonte Diana dopo l’intervento di Biagio Mancini (a sx); Fonte Diana oggi, a seguito dell’ultimo rifacimento

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Foto banner: Vecchia cartolina. Piazza Fonte Diana di Comiso, fontana con copertura della sorgiva.

di Pippo Inghilterra

Appena sceso nella stanza sotterranea del torrione, sentii un vento leggero sfiorarmi la faccia; vidi al centro della stanza, immerso in una luce diffusa, in cui l’aria si vedeva attraverso il pulviscolo d’oro illuminato dai raggi del sole che discendevano dalla feritoia della finestrella, la figura di un uomo che sembrava un umanista.

L’uomo era seduto su una poltroncina in legno, dalla spalliera semicircolare a doghe finemente scolpite e leggeva su un tavolo, parte di uno studiolo rialzato di legno. Immobile puntai lo sguardo sul volto di tale persona, mentre leggeva le pagine di un libro che teneva fra le mani. Era come se lo sguardo penetrasse oltre quel libro e si affacciasse sul tempo infinito della storia. L’uomo, visto di profilo, sembrava un principe illuminato. 

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Arch. Giuseppe Inghilterra, rilievo del Castello Medievale di Comiso, 1971. Particolari dei prospetti lati est e nord

Le pagine del libro, poggiato sul leggio inclinato del tavolo, riflettevano sul volto una luce. Capii che si trattava di un personaggio acculturato per la quantità di libri preziosi sistemati casualmente. Alcuni di essi con le pagine aperte, poiché appena consultati; altri disposti verticalmente nella scansia colma di libri e oggetti, con le pagine aperte, come se i fogli volessero prendere aria. La carta dei libri profumava di tempo.

Il personaggio era assorto nella lettura e, dal modo in cui guardava le pagine, percepivo nell’aria una specie di scambio di parole tra le pagine del libro e la mente del signore, che mi fece ricordare di quando, da studente, agli Uffizi la domenica mattina, percepii la stessa sensazione tra l’Angelo e Maria, nell’Annunciazione di Simone Martini.

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Simone Martini, Annunciazione, 1333

Le pagine dei libri dello studiolo sventolavano nell’aria, colma di ricordi, e poi si spandevano in tutta la città volando in un paesaggio, dove uomini e cose, il cielo e il volo di alcune rondini, s’intravedevano dalla feritoia alta fissando quell’ora del giorno in una intima e geometrica eternità. Continuò ancora un po’ ad essere assorto nella lettura quando avvertì la mia presenza.

Stentai a riconoscerlo, ma dagli abiti che indossava e dal portamento, capii che si trattava del barone Periconio Naselli, uno dei personaggi di maggior rilievo della Comiso di tutti i tempi. 

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Ritratti maschili di Antonello da Messina, coevi a Periconio Naselli

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Il banner è composto da una cartolina d’epoca del torrione del castello di Comiso e da un particolare della Pala d’Altare della Chiesa del “Signiruzzu truvatu” (si vede dietro la porta di S. Biagio il castello medioevale), Comiso, Anonimo, 1822.