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di Stefano Vaccaro

Il 6 dicembre 1926 Ragusa divenne capoluogo di provincia staccandosi da Siracusa. Per una piccola città meridionale l’essere diventata sede di prefettura rappresentava un salto di qualità di assoluto rilievo, a maggior ragione se questo accadeva all’improvviso, in maniera del tutto inaspettata e gratuita, deludendo le aspettative di città vicine che ritenevano avere più requisiti e storicamente più diritti.

Piazza San Giovanni

Tutto sembrava una grazia ricevuta, una festa. Negli anni successivi all’elevazione, Ragusa fu interessata da un notevole dinamismo di fabbrica per dotarla di quell’assetto urbanistico – fognature, acquedotti, case, uffici, scuole, sedi di rappresentanza – proprio di una città.

Con queste intenzioni nacque il Quartiere Littorio con Piazza Mussolini (poi Piazza dell’Impero ed infine Piazza della Libertà) a fare da centro geografico ad una serie di edifici indispensabili per il vivere comunitario e amministrativo: la Casa del Fascio, Torre del Littorio, Casa della Gioventù Italiana del Littorio, Casa del Mutilato e del Combattente, il Palazzo del Consiglio provinciale e delle Corporazioni, il Ponte Littorio. 

Costruzione di Piazza Impero (oggi Piazza Libertà)

Nel giro di pochissimo tempo, a cavallo tra gli anni Venti e Trenta, fu edificato anche l’ospedale civile e il tubercolosario e poco dopo il carcere giudiziario, la stazione dei treni e il palazzo delle poste a completare una mappa di servizi per la nuova funzione di tenenza.

Si decise inoltre di dotare la città di una sede adeguata all’onorificenza avuta edificando la più pregevole testimonianza dell’epoca, il Palazzo del Governo. Del progetto venne incaricato l’architetto Ugo Tarchi. Il complesso architettonico risultò sin da subito imponente, fastoso e costoso.

Palazzo del Governo (oggi sede del Comune di Ragusa)

A palazzo ultimato, la decorazione venne affidata all’artista – a cui non mancarono abilità d’artigiano – Duilio Cambellotti. Obbligati i temi: la vittoria di Vittorio Veneto e la Marcia su Roma per il Salone d’Onore, le immagini e le attività del territorio ragusano per la Sala del Camino, i prodotti della terra per la Sala da Pranzo e le vedute di Ragusa Ibla e Ragusa Superiore con i monumenti più riconoscibili, tra gli altri la Cattedrale di San Giovanni resa col doppio campanile così come pensata in origine, il Duomo di San Giorgio, il Portale omonimo, la chiesa di Santa Maria delle Scale e quelle delle Santissime Anime del Purgatorio e dell’Ecce Homo.

Nel 1985 Leonardo Sciascia fece visita alla Prefettura di Ragusa; ad affascinarlo furono le tempere “fascistissime” di Cambellotti, scampate alla damnatio memoriae per la prudenza degli amministratori, che si erano limitati ad occultarle. La loro riscoperta fu l’occasione per un racconto alla Brancati e, insieme, una rivisitazione della storia del fascismo negli Iblei, osservato nella sua trasformazione da fatto di popolo a trionfo dell’élite. 

Uno degli affreschi di Duilio Cabbellotti presenti al Palazzo del Governo (foto: Ragusa News)

Il volume che ne ricava, Invenzione di una Prefettura, uscirà due anni dopo per i tipi di Bompiani, con inserti fotografici d’epoca: la visita del re Vittorio Emanuele III di Savoia alle miniere d’asfalto di Ragusa, la prima visita di Mussolini, oltre che intense fotografie realizzate da Giuseppe Leone.

La calma, visibile in superficie, che questa parte della Sicilia ha vissuto, lontana dalle grandi rotte criminose che hanno afflitto il resto dell’isola in faide sanguinarie, per l’esclusione, almeno apparente, da certe oscure dinamiche mafiose, intrighi sovversivi o congiure mortali, seppure penetrate nel territorio con non poca ferocia.

Prima visita a Ragusa di Mussolini (foto: Istituto Luce)

Ragusa e la sua provincia hanno innescato nell’immaginario collettivo l’idea di essere così al riparo dai gioghi malavitosi da meritarsi, per improperio di poca lusinga, l’appellativo di “provincia babba” giacché – avrebbe scritto Bufalino con pungente ironia – “nel ragusano il numero dei morti ammazzati è vergognosamente basso rispetto a qualunque altro sito dell’Isola“.

Sulla mitografia della provincia “babba”, a voler significare bonaria, innocente, priva di malizia, si sofferma anche Sciascia cogliendo la contraddizione di senso che insiste nel definire “babbo” ciò che è riconosciuto essere tranquillo ed apprezzato.

“un numero di morti vergognosamente basso” ma tra questi ricordiamo l’assassinio del giornalista Giovanni Spampinato

Guardando a Vittoria, lo scrittore individua la linea di confine o il muro di Semiramide, non privo di crepe, in cui si arresta una Sicilia che alcune belluine espressioni di violenza vorrebbero ostile finanche spietata. Al di là di tale frontiera comincia, ci piace credere, un’altra Sicilia, una Sicilia diversa.

La seconda parte dell’articolo di Stefano VaccaroSciascia e la Contea di Modica (II parte)