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problematiche della scuola

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Classe 1918, 104 anni, Francesco de Bartolomeis è tra i maggiori pedagogisti del nostro tempo. La sua prima pubblicazione venne fortemente voluta da Benedetto Croce (Idealismo ed Esistenzialismo, 1944). Ha affiancato all’attività accademica quella divulgativa, traducendo numerosi saggi pedagogici francofoni e anglofoni. Tra le sue opere più celebri: La pedagogia come scienza (1953); Fare scuola fuori dalla scuola (1980); Riflessioni intorno al sistema formativo (2004).

(Foto torino.corriere.it)

di Vito Castagna

Nei giorni scorsi, si è parlato del Ministero dell’Istruzione e dell’aggiunta della dicitura Merito. Non teme che possa avere degli effetti negativi, come favorire la scuola privata rispetto a quella pubblica?

Quella di Ministero dell’Istruzione e del Merito è una dicitura generica, non è questo il problema. Rispetto alla questione scuola pubblica o privata, non credo che una parola abbia il potere di far propendere da una parte o dall’altra. Invece, porrei l’accento sulle persone che dovrebbero dare centralità alla formazione e che reputo assolutamente inadeguate. Dovremmo individuare il problema nei fatti, le parole lasciamole da parte.

Quindi, lei si sofferma su chi è chiamato a gestire il Ministero più che sullo slogan in sé…

Esattamente. Il governo, come già accaduto altre volte in passato, non ha mostrato un grande interesse per la formazione. Come ho detto tante volte, non si osservano i rapporti tra la formazione e gli effetti economici, perché avere a disposizione dei cittadini competenti ha una valenza economica, in grado di favorire l’intera comunità. I valori economici non sono da trascurare rispetto ad altri, si intersecano a quelli sociali, e favoriscono il lavoro quanto la cultura. Il punto fondamentale è che il sistema formativo non viene considerato essenziale dalla classe dirigente.

A suo avviso, nel passato più o meno recente, vi sono stati casi virtuosi a livello ministeriale?

Il governo precedente aveva dato un buon avvio, perché erano state scelte per i ministeri dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca tre figure di alto livello. Purtroppo, non hanno avuto il tempo di dare una svolta incisiva. C’è un parallelismo tra questa vicenda e quella che interessò Luigi Berlinguer, destituito dal governo Berlusconi. Ma tornando ai tre ministri, questo trio aveva importanza perché la riceveva dal governo stesso. Infatti, non esiste un ministro che possa perseguire autonomamente la politica che più crede idonea, ma deve sempre fare riferimento al Consiglio dei ministri, ed attenersi alle direttive governative. Il ché oggi non è molto rassicurante.

L’ex Ministro dell’Istruzione Luigi Berlinguer (foto tempi.it)

Cambiando argomento, quali reputa siano le problematiche che più rendono fragile il sistema scolastico?

Innanzitutto, bisogna mettere in evidenza la differenza che corre tra la politica scolastica e la realtà educativa delle scuole. Vi sono buoni dirigenti e insegnanti portatori di innovazione in ambito locale, che hanno creano tante isole felici nel nostro Paese. Purtroppo, parliamo di isole prive di quel collegamento che darebbe loro forza. Ho potuto costatare che, nonostante una forte intraprendenza, la frammentazione è in grado di piegare qualsiasi nuova spinta educativa. Dal canto suo, la politica non incoraggia alcuna iniziativa. Ciò mi spinge a dire che gli insegnanti e i dirigenti siano migliori delle direttive ministeriali e dell’organizzazione scolastica stessa. In sostanza, manca la forza del collegamento.

Il dialogo tra Pedagogia universitaria e Scuola è ancora fruttuoso?

Negli ultimi anni hanno parlato molto poco. Credo che la scuola innovativa sia superiore alla pedagogia accademica. Sono numerosi i professori universitari che non hanno mai messo piede a scuola. Un educatore non dovrebbe mai fare dei calcoli stringenti. Quando insegnavo, invece di trattenermi per i canonici tre quarti d’ora, andavo in dipartimento alle 14.30 ed uscivo alle 19.00. I pedagogisti dovrebbero tornare a scuola perché è lì che risiede l’esperienza, quella che ho usato per scrivere tutti i miei libri.

Su quale aspetto la nostra Scuola si dimostra più arretrata rispetto agli altri paesi europei?

In questo senso, credo che un grosso problema sia quello dell’edilizia scolastica. Più che ai crolli, mi riferisco allo sfruttamento degli spazi. In Inghilterra, caso che conosco bene, ogni luogo della scuola è una teaching area e quando varchi il portone varchi un’area colma di attività educative. Invece, qui, le classi sono delle gabbie. La scuola dovrebbe essere unita e gli spazi dovrebbero essere occupati da attività in ogni angolo, favorendo l’open school system.

Foto banner e social Associazione Gessetti colorati