di L’Alieno
A febbraio il Parlamento europeo ha approvato il regolamento che fissa gli obiettivi vincolanti per ridurre le emissioni di CO2 di auto (e furgoni) di nuova produzione. In sintesi, dal 1° gennaio 2035, nell’U.E., non si potranno più vendere nuove auto con motori endotermici o anche ibridi, perché dovranno risultare a “emissioni zero”.
Prevista solo una esenzione totale per chi produce meno di mille veicoli nuovi ogni anno. Mentre le case automobilistiche con volumi produttivi da mille a diecimila nuove autovetture (per intenderci, Ferrari, Maserati e Lamborghini) potranno avvalersi di una deroga ulteriore di un anno.

Una rivoluzione in tempi brevissimi, quasi folli per alcuni paesi burocraticamente meno efficienti e con ridotta capacità di investimenti come l’Italia (per via del suo enorme debito pubblico). Bene ha fatto il Governo Meloni a schierarsi contro.
Meno male che in vista dell’ultimo passaggio per rendere vigente il regolamento, ovvero l’approvazione degli Stati membri che si riuniscono nel Consiglio dell’U. E., alcuni governi hanno cambiato idea. Così la votazione è saltata soprattutto perché al fronte del no si sarebbe aggiunta la Germania, in mancanza dell’inserimento di una proposta specifica per concedere una deroga ai veicoli alimentati da e-fuels e biocarburanti (i carburanti puliti). Insomma, una dimostrazione di buon senso.

Se i sostenitori della rivoluzione elettrica fondamentalista parlano di auto elettriche che già oggi consentono un risparmio del 69% circa di CO2 rispetto ai modelli con motori diesel (in termini di impatto ambientale), è anche vero che la questione non si esaurisce soltanto in questi termini. Ci sarebbero da considerare altre importanti ragioni, quali la difficoltà di reperire i minerali necessari per la produzione delle batterie; la difficoltà di produrre energia verde sufficiente per la ricarica delle stesse e il gigantesco investimento necessario per ammodernare le infrastrutture in un tempo relativamente molto breve. Poi lo smaltimento delle stesse batterie e il loro riciclo e riuso: un tema tutto da inventare e organizzare nei prossimi anni. Non ultime per importanza le ragioni geopolitiche. Cosa ci ha insegnato la dipendenza energetica da altri paesi come la Russia? Vogliamo adesso consegnarci alla dipendenza dei produttori cinesi e americani di batterie?

A nulla vale rispondere che la salute del Pianeta non può più aspettare. L’Europa oggi produce soltanto il 7,3% delle emissioni di CO2 planetarie (grossomodo quanto la sola India). Come a dire che non sarà l’Europa a salvare il mondo, soprattutto con la messa al bando dei motori endotermici: una goccia nel mare. A fronte dei discutibili benefici da dimostrare, rischiamo invece di ritrovarci un mare di problemi a casa nostra: a cominciare dall’azzeramento dell’industria della filiera del motore a combustione interna (dove l’Italia è leader in Europa) accompagnata dalla perdita massiccia di posti di lavoro.
Perché non pensare invece ad un un sistema integrato per il futuro dell’auto? Accanto ad una quota maggioritaria di veicoli elettrici potrebbe benissimo coesistere una minoritaria fatta di vetture con motori endotermici a carburanti puliti.
“La tecnologia crea sostenibilità e la sostenibilità crea tecnologia” ha scritto il saggio Ministro dei Trasporti tedesco Wissing.
