di Giuseppe Cultrera
Non resta traccia, se non nel ricordo degli anziani e in qualche riproposta degli anni passati, delle tradizionali “Cappelluzze” che avevano luogo nelle strade, cortili e piazzette del centro storico di Chiaramonte Gulfi. Una festa popolare, che si svolgeva ogni anno dal primo al quindici agosto, coinvolgendo tante microstrutture cultuali.
Le edicole dell’abitato e, dagli inizi del novecento delle campagne, divenivano, ciascuna, un luogo di culto autonomo, particelle di una più grande festa: quella del villaggio-città che ha l’estensione del territorio fisico. In alcune di esse veniva allestito un altare, ornato di fiori e lumini con archi di rami intrecciati; la sera poi “vi si cantava la cappelluzza”, si recitava il rosario, si invitava la banda a suonare melodie sacre o marce per rallegrare gli intervenuti e in alcune si avevano persino giochi d’artificio, lancio di palloni variopinti e albero della cuccagna.
Certamente alla base della tradizione delle cappelluzze stava la devozione secolare per la Madonna di Gulfi alla quale erano, e sono tuttora, dedicate la maggior parte di edicole devote presenti nel territorio. Nelle sere della quindicina (di mattina la quindicina aveva, e ha, una celebrazione più canonica nel Santuario di Gulfi), al rito religioso si accompagnava la festa popolare che aggregava e dava spunto a momenti di socialità anche vivaci. Furono questi aspetti “profani” che portarono negli anni ’50 del secolo scorso, il parroco di allora a frenarne il “dinamismo popolare”.
Si tentò più volte nei cinquant’anni successivi di risuscitarle, ma con scarsi risultati. Negli ultimi anni, privilegiando il connotato religioso, sono state riproposte nella piazzetta Cutelli e nel quartiere S. Giovanni.
In campagna una delle ultime “cappelluzze” vitali fu quella di piano dell’Acqua. Restaurata di recente (compresa l’immagine sacra, opera del bravo Raffaele Catania), a cura dell’Associazione Culturale Kubbula, è tornata ad essere segno identitario e di devozione popolare.