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Rhizostoma pulmo

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di Giannandrea Giallongo

Con l’avvento dell’estate e del caldo è nostra abitudine trovare ristoro nelle rinfrescanti acque del mare. Così, con l’inizio della stagione balneare, tra tuffi, nuotate e bagni ritempranti, riprendono anche gli incontri troppo ravvicinati tra la specie umana, in cerca di svago, e l’ignara fauna e flora marina a cui appartengono quegli esseri viventi gelatinosi che al tocco suscitano ribrezzo e possono risultare urticanti: le temute meduse. Mi sembra opportuno fare un po’ di chiarezza sulle specie presenti e sulla loro pericolosità, in modo da sfatare qualche mito.

La Rhizostoma pulmo, medusa tipica del nostro mare

Le specie più comuni presenti sul litorale ragusano sono principalmente due. Una medusa che raggiunge dimensioni ragguardevoli, bianca, dal perimetro blu-violetto, la Rhizostoma pulmo. L’altra, più piccola, il cui colore varia dalle sfumature del rosa, al violetto, al marroncino, chiamata Pelagia noctiluca. Inoltre possiamo incontrare anche la Chotyloriza tuberculata, medusa molto colorata e fotogenica (foto banner), che comunemente vive in acque più aperte e difficilmente può essere avvistata a riva.

La Pelagia noctiluca, altra tipica medusa mediterranea

La maggior parte di questi incontri ravvicinati tra bagnanti e meduse avviene nelle acque basse. Le meduse solitamente preferiscono stare un po’ più a largo per l’abbondanza di plankton, cibo di cui si nutrono, ma una parte di esse, trasportate dalle correnti, possono seguire una direzione per così dire sbagliata finendo intrappolate vicino alla riva. Altre, invece, terminano il loro ciclo di vita proprio in estate. Sfinite, dopo essersi riprodotte, precipitano sul fondo moribonde e vengono trasportate verso il bagnasciuga.

Una medusa (Rhizostoma pulmo) spiaggiata

Giunte a riva possono sfortunatamente sfiorare qualche parte del corpo di ignaro bagnante che, colpito da improvviso dolore, simile a quello procurato da una scossa elettrica, correrà via dall’acqua urlando e imprecando. I tentacoli delle meduse (unica parte urticante) sono dotati di migliaia di speciali cellule (cnidociti) che al tocco estroflettono un lungo ago sottile. Quindi il dolore percepito non è che la sensazione di migliaia di aghi che penetrano nella nostra pelle. Queste cellule specializzate contengono una tossina di natura proteica che può essere più o meno pericolosa a seconda della specie.

Sono i tentacoli a costituire un pericolo nel caso si venisse a contatto con le meduse

Tra quelle elencate, sfiorare i tentacoli della Pelagia noctiluca può risultare un’esperienza un po’ più dolorosetta rispetto alle altre. Dipende comunque dalla sensibilità di ognuno, dalla zona punta, e da eventuali reazioni allergiche.

Cosa fare in caso di contatto con i tentacoli di una medusa? Vecchi rimedi di sopravvivenza consigliano di utilizzare un certo fluido corporeo giallastro, perché dotato di ammoniaca, che va fatto scorrere sulla parte del corpo interessata… Ci possiamo fidare? Sembra una supercazzola in effetti. In realtà, la cosa migliore da fare è versare dell’acqua dolce, rigorosamente calda, in quanto le proteine delle tossine vengono rese inoffensive dal calore.

Il contatto con i tentacoli della Pelagia noctiluca possono risultare dolorosamente urticanti

Un risultato migliore si ottiene facendo ricorso al bicarbonato di sodio sciolto nell’acqua calda. Se dovessero essere presenti ancora parte dei tentacoli, bisogna rimuoverli delicatamente con una tessera rigida e dell’acqua. Ovviamente, nel caso in cui si notassero reazioni allergiche, un repentino salto al pronto soccorso diventerebbe indispensabile.