Il colloquio nel tempo
di Pippo Inghilterra
Li ho contati, uno, due e tre, tanti sono i campanili della Chiesa Madre di Comiso.
C’è quasi nascosto l’antico “campanaro” ridotto a dei piloni di pietra squadrata lavata dal tempo; poi c’è il campanile dell’orologio a prisma a base rettangolare che sta tra l’antico campanile e il transetto della Chiesa e, per ultimo, svetta nel cielo il campanile della facciata, realizzato negli anni ’30 del Novecento.

La chiesa Madre di Comiso non è nata in un periodo storico ben definito, la sua realizzazione non è opera di un solo architetto o capomastro: È un’opera la cui realizzazione fu differita nel tempo.
La crescita di un edificio diviene essenziale per la sua comprensione.
Il monumento architettonico difficilmente si presenta come un corpo unitario. Occorre osservarlo come una persona, nel suo processo vitale, dalla sua concezione al suo farsi realtà.
Il risultato finale della Chiesa Madre di Comiso, post-terremoto, tralasciando l’impianto medievale e quello su tempio pagano, è il riflesso dell’idea gagliardiana nel percorso di una lenta crescita, che prende forma e vita col contributo di diversi progettisti, scultori e capimastri.

Occorrerebbe scrivere un libro per ogni opera, approfondendo e documentando la storia della concezione progettuale dai primi schizzi, agli interventi successivi, passando per le numerose varianti e ripensamenti.
Osservando il primo campanile i segni percepiti ci rimandano all’impianto medioevale della Chiesa (vedi all’interno robuste colonne polilobate che sorreggono gli archi acuti della navata).
Il secondo campanile dell’orologio è stato, probabilmente, realizzato durante l’ampliamento post-terremoto del presbiterio della Chiesa.

Del terzo campanile si parla con “studio puntuale e rigoroso” (Nifosi) nel volume che prende il titolo di “SANTORO SECOLO INGEGNERE ARCHITETTO DEL NOVECENTO, Viaggio nell’archivio e dintorni“.
Il colloquio nel tempo dell’architetto viaggiatore o del cittadino osservatore con l’opera d’arte, nelle varie fasi progettuali, costituisce l’aspetto più interessante della dinamica tra il pensare e il fare architettura.