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di Luigi Lombardo

Ed ecco si avvicina agosto, coi suoi pochi fiori ma dalle essenze profumatissime, tra cui il fiore di timo, che le api prediligono (anche perché in montagna in questo momento pochi fiori e tutti dagli odori respingenti si possono sciauriari). Spicca pure a “puddara”, seccata e infilata al forno p’appicciallu, che profuma il forno e rende un pane di casa assolutamente introvabile a reperirsi altrove.

La vera regina della natura in questo momento (ma la raccolta inizia già a maggio per i più impazienti, protesi sempre a fregare l’altro) è l’origano (variamente declinato nelle parlate locali (rrìcinu, rrienu, rricunu, che poi sembrano forme derivate da: dicono, ma nulla di vero). Per antica consuetudine si comincia a raccoglierlo dal primo luglio, dedicato in molti centri ai pellegrinaggi ai santuari della Madonna delle Grazie, periodo di massima fioritura.

Fiori di Timo (Thymus vulgaris) (foto fioriefoglie.tgcom24.it)

Riti amorosi particolari prevedevano la raccolta delle more, cui si dà forma di collane, infilando ciascun frutto nel lungo “anfila-amuri” (chiara l’allusione). In punta si metteva un virgulto di origano. Si tratta di pianta che preferisce luoghi assolati e aridi, selvatici, arsi e pietrosi, in compagnia di spine selvatiche, tra le più dolorose. Cresce soprattutto sotto i muriccioli a secco, combinandosi con cespugli di mentastro, nepetella (a niebbita) e “rizzogni spicati”, anche queste dolorose al tatto: ma il piacere si paga (comunque i guanti sono insostituibili), anche per la presenza di viperette in calore. Siamo in un microambiente che decisamente parla di estate e profumi che raggiungono gli dei in cielo.

Una volta raccolto, se ne fanno mazzetti, non molto grossi perché asciughino bene, appesi in luoghi asciutti e soprattutto al buio. Si può lasciare così una volta seccato, prendendo di volta in volta il bisognevole, ma i più lo sbriciolano (scuzzulari) e lo passano al crivello per eliminare i “scroppa” o altri intrusi.

L’origano di montagna

Le piante sono quasi tutte officinali: l’uomo nei millenni (non senza gravi danni per la salute) le ha selezionate e ne faceva ottimi infusi: uno di questi prevedeva l’uso combinato in mistura di origano, timo, salvia e basilico, ritenendo che un bicchiere la sera in infuso con miele calmasse la tosse invernale. Pare che sia un ottimo espettorante e coadiuvante contro il mal di denti, in unione con assenzio, mentre può anche combattere i reumatismi invernali. L’elemento di conserva è naturalmente l’olio d’oliva (di seconda o terza scelta).

E l’uso che se ne fa in cucina in Sicilia è vasto è molteplice: cosa sarebbe l’”arrusti e mancia” catanese senza origano? Si associa spesso al timo, al rosmarino (ottima sbergia come se contenesse acqua santa), e si prepara il salmoriglio, di cui ciascun “arrustituri” crede di avere il segreto (sarà il limone? sarà il carbone, sarà quel che sarà ma il risultato è straordinario).

Salvia e basilico

In estate fa la sua comparsa il magnifico “pomo d’amore” in tutte le sue varianti. E qui il contadino è maestro: apprestata una “pala” di ficupala si sminuzza a tocchi non troppo piccoli, si pressa per far uscire un po’ di scolo e si condisce con cipolla bianca di Giarratana, dolcissima e verginale, e non essendoci forchette ci si adatta con spuntoni di alberi selvatici, intingendo pane e spegnendo il caldo col vino di Vittoria, quando si trovava.
Cose belle certo, che tuttavia scompaiono, perché si dilegua il rapporto con la campagna (intendo il rapporto tra lavoro e nutrimento nel nome del rispetto). E tutto si imbruttisce, gli uomini per primi coi loro panini e la loro gassosa birra, che sembra a volte piscio fetito (mi perdonino gli estimatori).

Pomi d’amore (pomodori) e cipolla di Giarratana

E tutto si imbruttisce.
Quando gli animali parlavano, anche il cucco volle chiedere una grazia al Padreterno.
“Voglio che di giorno io non veda, ma che la notte io abbia la vista d’un falco”.
Boh strano davvero pensò l’Altissimo, ma accontentiamolo:
“Ti sia concesso. Ma dimmi – fece curioso il Padreterno – perché vuoi vederci solo di notte?
“Semplice o Padre mio, fece il cucco non senza malizia, per non vedere le cose brutte che hai creato!”
“Impudente cuccazzu, e va bene resterai condannato al tuo occhio senza giorno! per sempre!”