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Salvatore Pugliatti

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Intervista a Salvatore La Terra Majore

di Redazione

Non c’è più il cielo di penduli salami e soppressate – immortalato in una foto del 1986 di Giuseppe Leone – ad accoglierci nella saletta di ingresso. Per il resto il tempo si è fermato: sulla destra la bella cucina a vista con i cuochi indaffarati; proseguendo, dritto di fronte, la saletta per i clienti (la stessa da oltre cento anni) e sul lato superiore l’altra più ampia e recente per quando il numero eccede, specialmente nei giorni festivi. Tra i due corpi un disimpegno-studio.
Qui incontro Salvatore Laterra, quarta generazione Majore.

Salvatore Laterra Majore

Sciascia in quella foto è assieme alla moglie Maria e alcuni amici e sta per acquistare le vostre specialità, specialmente quelle soppressate che sembrano fargli l’occhialino dall’alto…
Ricordo quel giorno, estate del 1986. Sciascia aveva terminato di pranzare assieme ad un gruppo di amici e tutti insieme stavano comprando alcune delle nostre specialità: cosa che il grande scrittore di Racalmuto, per la verità, faceva tutte le volte che veniva nel nostro ristorante.

Leonardo Sciascia, la moglie e alcuni amici nella saletta-cucina d’ingresso del ristorante immortalati dal Maestro Giuseppe Leone (1986)

Quindi non era la prima volta che Sciascia approdava a Chiaramonte?
No assolutamente. Sciascia era un cliente già dagli anni 60, come si evince dal un trafiletto di un suo articolo, quando era venuto a Chiaramonte “per vedere i luoghi in cui era vissuto Serafino Amabile Guastella, delizioso narratore e finissimo studioso di tradizioni popolari” e come spesso capita in un viaggio “si fanno due servizi”. Che erano, nel caso specifico, complementari poiché anche nella trattoria ritrovava il mondo di Guastella: “quelle pareti dipinte con gli affreschi e, dentro una scodella programmatica e imperiosa: qui si magnifica il porco”.

Era una sua definizione?
No, l’autore dell’epigrafe “Qui si magnifica il porco” – poi diventato il motto della casa – fu il Professore Salvatore Pugliatti, Rettore dell’Università di Messina, insigne giurista e uomo di grande cultura che frequentava spesso Ragusa, dove improvvisamente morì nel 1976.
Alla fine di una cena luculliana con tutte le specialità della casa ci regalò la famosa frase.

Particolare di un decoro del Maestro De Vita nella storica saletta di Majore. Sul piatto dipinto campeggia il motto del ristorante

Salvatore Pugliatti a Ragusa incontrava il poeta Vann’Antò allora Provveditore agli Studi e altri uomini di cultura, anche della vicina Modica. Poi si finiva inevitabilmente a Chiaramonte. I modicani Raffaele Poidomani, Franco Libero Belgiorno e i figli Duccio e Franco Antonio erano altri abituali clienti del vostro ristorante; da Comiso approdava con gli amici il famoso pittore Salvatore Fiume. Si può dire che Majore ha rappresentato, specialmente nella seconda metà del secolo scorso, un piacevole luogo di incontro conviviale per molti intellettuali siciliani.
Ma torniamo a Sciascia e gli amici ragusani.
Sciascia, Bufalino, accompagnati da Peppino Leone intensificarono le loro visite presso il nostro ristorante a partire dal 1986 quando presiedette a Chiaramonte il Convegno Nazionale di Studi su Serafino Amabile Guastella. Ricordo la signorilità e la modestia di Bufalino, che mangiava di solito una pastina con olio. Ma che per non disturbare non la chiedeva mai, eravamo noi a prepararla e mettere il grande scrittore a proprio agio.
La comitiva di solito si componeva di una diecina di persone e amavano mangiare nella saletta storica nel tavolo entrando a destra; diverse volte furono presenti Vincenzo Consolo e Matteo Collura. Grandi uomini ma soprattutto grande modestia.

(Da sx) un trafiletto di Leonardo Sciascia scritto su “L’Ora” di Palermo e una nota sul registro degli ospiti con le firme dello scrittore e di alcuni amici negli anni’60

Hai conservato gelosamente alcune testimoniane del loro passaggio: fotografie, ritagli di articoli, note sul libro firme…
Credo che anche queste, siano testimonianze storiche e culturali, intinte ed intrecciate di schiettezza ed umanità. Ricordi di uomini che hanno inciso nella vita sociale culturale e politica del Paese, il più delle volte con pari passione e discrezione.

1986. La dedica scritta da Leonardo Sciascia sul registro degli ospiti, vent’anni dopo la sua prima visita

Vedo pure, nell’album, un articolo di Pippo Fava…
Pippo Fava venne a Chiaramonte agli inizi di settembre del 1983 per intervistare mio padre; era il giorno del funerale del dott. Giuseppe Nicosia, già sindaco di Chiaramonte come si vede nel fotoservizio che accompagnò il pezzo. L’intervista fu pubblicata sul n.9 / 1983 de “I Siciliani”. “Sulle strade del buon mangiare in Sicilia” si intitolava l’articolo e riusciva a raccontare l’anima e la passione di due generazioni di ristoratori, il valore della tradizione e della genuinità dei cibi antichi. Tre mesi dopo veniva assassinato dalla mafia.

(Da sx) uno schizzo del famoso pittore comisano Salvatore Fiume sul registro degli ospiti (1996) e il frontespizio di un articolo di Pippo Fava su”I Siciliani” nel 1983

Continua a sfogliare il corposo album zeppo di commenti, firme, disegni: un fiume di ricordi che profumano di buona cucina e di incontri variegati. Si ferma su un foglio.
Ecco, cercavo proprio questo: “Dopo vent’anni – a magnificare il porco (quello vero). 21/8/86. Leonardo Sciascia”. Lo scrisse, probabilmente, a fine pranzo, il giorno di quella foto che lo ritrae nella saletta d’ingresso sotto il cielo di salami.

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di Giuseppe Cultrera

Come sono le case dei poeti e degli scrittori? Certo molto simili a quelle della maggior parte di noi. Nulla a che fare con quelle dei vip, di coloro che contano e vogliono contare esternando il potere politico ed economico: altisonanti, super accessoriate, vistose, spesso opera di un architetto (meglio archistar, nel loro caso).

Le centinaia di dimore (molte rese disponibili al pubblico come fondazioni o musei: e mi riferisco ovviamente agli scrittori e poeti del passato Pirandello, Verga, Capuana, Tomasi di Lampedusa, Piccolo, Sciascia e, dalle nostre parti, Quasimodo, La Pira, Bufalino) sarebbero, invece, un itinerario interessante e intelligente. Dimore che ci restituiscono gli odori e i sapori, le penombre e le ispirazioni della loro vita quotidiana. Lo scrittoio, la libreria, il salotto ma anche gli angoli e gli sgabuzzini, i souvenir o i quadri appesi al muro, ce li avvicinano in un racconto, non codificato nei caratteri tipografici, ma disperso e trattenuto nello spazio che hanno abitato.

A casa di Vann'Antò
Vann’Antò e Salvatore Pugliatti (a sinistra)

Mi incuriosisce quella del conterraneo Vann’Antò, che da domani, per alcuni giorni, si schiude alla nostra curiosità.

Giovanni Antonio Di Giacomo (Vann’Antò) nasceva a Ragusa centotrenta anni fa, il 24 agosto 1891. Letterato, poeta animatore culturale ma principalmente innamorato della lingua e cultura siciliana e in particolare del dialetto natio, quello ragusano. Il modo con cui comunicò attraverso l’insegnamento, la ricerca e la promozione di attività culturali fu carico di entusiasmo e passione, per nulla provinciale. I suoi compagni di studio a Messina furono Giorgio La Pira, Salvatore Quasimodo, Salvatore Pugliatti.

A casa di Vann'Antò, 'a pici
Copertina del poemetto A pici. Un disegno di Giovanni Biazzo (a destra)

Il Vann’Antò poeta de La pici lo scrittore e il docente universitario, il provveditore agli Studi di Ragusa che comunicava col corpo docente e i funzionari in versi, l’animatore culturale dinamico e giocoso, aleggia nelle antiche stanze e tra gli arredi retrò della casina di campagna, suo rifugio e approdo estivo. E ne potrete ascoltare il racconto: empatico e travolgente dal Prof. Giorgio Flaccavento; poeticamente musicale ma saldamente filologico da Stefano Vaccaro; incrinato dall’emozione ma pervaso d’affetto dalla pronipote Amalia Antoci. Vi faranno da guide il 21 e il 23 agosto, nella campagna adiacente, nella casa di villeggiatura del poeta, ma specialmente tra le stanze e gli arredi dove spira ancora la poesia e l’amore per la sua terra e gli uomini che conobbe e incontrò.

A casa di Vann'Antò, ritratto
Renato Guttuso, Contadino siciliano (in Vann’Anto, U Vascidduzzu)

Sono una grande risorsa i poeti e gli scrittori; anche quando non ci sono più, il loro spirito guida sopravvive nelle parole e nelle cose che hanno incontrato. E non va sottovalutato il potere eversivo del loro pensiero: «Amo le parole disposte in fila ordinatamente come un esercito compatto. Ma amo la scrittura irregolare, anche quella di Marinetti nelle sue parole in libertà… disordinata e impetuosa come un popolo in rivoluzione… voglio servirmi di una scrittura speciale».

A casa di Vann'Antò
Locandina dell’evento (a sinistra). Giovanni Antonio Di Giacomo, Vann’Antò (a destra)