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Sándor Márai

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di Giuseppe Schembari 

Non capita spesso che un romanzo costringa il lettore a scendere così in profondità negli abissi dei sentimenti umani. Sándor Márai sembra esserci riuscito al di là dell’opinabile struttura del romanzo.
Sono soprattutto l’amicizia e la passione ad essere indagati, a tratti vivisezionati, in queste poche pagine di rara intensità e da leggere tutte d’un fiato. Una scrittura dotata di forza travolgente in grado di mette il lettore con le spalle al muro a fare i conti con sé stesso, la sua vita e i suoi stessi sentimenti. Perché tutti i personaggi ci parlano di noi, dei nostri più nascosti e indicibili pensieri, dei recessi dell’anima e di tutte le vigliaccherie e le grandezze di cui siamo capaci. Senza sconti, senza scuse, senza imbrogli.

Sándor Márai (1900 -1989) scrittore e giornalista ungherese

L’autore è un eccellente detective che indaga a tutto campo dentro il lato oscuro del nostro animo, quell’ombra che ci segue ovunque e di cui non ci possiamo disfare. Nessuno è santo, nemmeno i santi – sembra suggerirci l’autore – e non sembra esserci posto per alcuna visione romantica. Tutto il romanzo infatti è intriso intimamente di dolore e sofferenza. Il dolore e la sofferenza dei sentimenti, del dovere, della responsabilità, del ruolo sociale e familiare da recitare.

Insomma il dolore e la sofferenza del nascere umani anche se si ha apparentemente “il favore degli Dei”. Perché non sembrano esistere il bene e il male come ce li hanno spiegati da piccoli: entità separate. Bene e male appaiono invece un tutt’uno, due facce della stessa medaglia, un groviglio inestricabile dove l’una sembra connaturata all’altra.

Non è un libro consigliabile per chi non vuole mettersi in discussione, per il romantico duro e puro o il sognatore che rifiuta la realtà. E bisogna essere consapevoli che da questa lettura se ne può uscire con le ossa rotte, se si accetta il patto di onestà con l’autore.
Il titolo stesso è quanto mai appropriato. La brace è quanto rimane del fuoco delle passioni. È l’eterna lotta contro l’infelicità che troppo spesso genera altra infelicità, ma pur sempre un elemento essenziale della vita che la rende sempre degna di essere vissuta.
Non esistono pagine che rilassano il lettore, la tensione rimane viva paragrafo per paragrafo in un costrutto romanzesco che può apparire geniale o deludente ai nostri gusti personali, ma pur sempre originale e sorprendente. L’opera infatti si riduce ad un monologo in un gioco letterario dove il personaggio protagonista recita tutti i ruoli.

Il gruppo di lettura si è polarizzato su due opinioni fortemente divergenti a partire proprio dalla struttura del romanzo, che per alcuni è sembrata quasi inaccettabile e per altri quanto mai azzeccata. Ma anche lo sviluppo dei temi propri del racconto e della profondità dei personaggi sono stati oggetto di accese e lunghe discussioni con rari punti di contatto (tra questi la bontà intrinseca della scrittura). Quasi come se si fossero letti due diversi romanzi.
L’autore, probabilmente, ne sarebbe rimasto soddisfatto.