di Giuseppe Cultrera
La leggenda che si lega alla chiesetta rupestre di Santa Margherita, nella omonima contrada su un altopiano prospettante la città di Chiaramonte e poco distante dall’antico abitato di Acrille/Gulfi, ci racconta le origini della comunità dedita in gran parte all’allevamento e allo sfruttamento del bosco che copriva l’intera contrada.
Una ragazza chiaramontana di nome Margherita spesso si recava nel bosco sottostante la città per portare da mangiare al padre lì impegnato a pascolare il gregge. Attraversava quel bosco un ruscello dalle limpide acque, dove erano scomparsi misteriosamente dei fanciulli. Perciò tutti i genitori ripetevano ai figli di tenersi lontano da quel luogo.

Invece Margherita, fosse curiosità o improvvisa sete, al ruscello si avvicinò. E scoprì il mistero: un enorme e terribile colubro con le fauci spalancate, pronto a inghiottirla. Con improvvisa destrezza la ragazza fece un salto indietro gridando a piena gola: «Santa Margherita soccorretemi, che porto il vostro nome!» All’istante apparve la Santa guerriera, armata di un dardo col quale colpì il serpente, uccidendolo.

Attratti dalle grida della fanciulla, accorsero i pastori e i porcari che pascolavano i loro armenti nel sottobosco e videro il miracolo già compiuto. Santa Margherita li tranquillizzò e li invitò a entrare nell’antro del mostro, dove trovarono le ossa dei bambini uccisi e una gemma tanto enorme che illuminava la grotta.
«Distruggete l’antro – ordinò la Santa – e al suo posto vi sorga una chiesa». E lì Santa Margherita imprigionò il diamante.
«Chi vorrà cimentarsi nell’impresa di svelare l’incantesimo – sostenevano i nostri avi – dovrà andare scalzo nei Luoghi Santi in Palestina e lì piangere e digiunare per tre giorni e tre notte di seguito sul monte Calvario; quindi tornato a Chiaramonte sarà in condizione di estrarre il diamante per consegnarlo al Gran Turco come riscatto dei Luoghi Santi; che così finalmente verranno restituiti ai cristiani».

Se la storia vi ha affascinato, potrete andare in cerca dei luoghi della vicenda. Che esistono realmente come la grotta chiesetta. La vallata di Santa Margherita adesso non è più ricoperta da fitta boscaglia ma la sorgente ed il ruscello (invero un magro corso d’acqua) ancora la attraversano; e la rada macchia mediterranea si fonde con gli ulivi centenari e i numerosi alberi da frutto. La grotta al margine dell’altopiano conserva le tracce di un culto popolare; sull’unico rozzo altare è dipinta una Crocifissione che il tempo ha in parte corroso: ma le figure del Cristo, della Mater Dolorosa e S. Giovanni Evangelista ai lati, sono ben visibili. Molto meno, sulla destra, la figura di S. Margherita di cui restano solo labili tracce. Accanto alla grotta sorge l’antico fabbricato di un frantoio e all’interno dello stesso un ipogeo con visibili le tracce di un palmento o frantoio, ancora più antico.

E se scarpinando aguzzate la vista – ma ancor più la fantasia – potreste aver la fortuna di intravedere, tra la sterpaglia e la ghiaia del fiume, la “culorva” che nel passato gli abitanti del luogo asserivano esistere e alcuni anche di aver visto.
Si ringrazia per le foto: Franco Noto