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sbornia populista e sovranista

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di L’Alieno

Sergio Mattarella è il “nuovo” Presidente della Repubblica, succede a se stesso. È una bella notizia o anche no, dipende da quale prospettiva la vogliamo guardare. Non possiamo far finta di non sapere che il povero Presidente uscente, classe 1941, è stato costretto ad accettare l’incarico soltanto per senso di responsabilità.

Sergio Mattarella, “nuovo” Presidente della Repubblica (foto corriere.it)

Sarebbe stato costituzionalmente fisiologico trovare un’altra soluzione politica di adeguato spessore. Così com’è sempre stato nella storia repubblicana fino all’eccezione della rielezione del Presidente Napolitano, nel 2013. Adesso siamo alla seconda (eccezione) consecutiva. Più di qualcosa non quadra. E se in tanti abbiamo tirato un sospiro di sollievo, perché ci poteva finire molto peggio, non possiamo esimerci dal porci qualche domanda sulla deriva di una classe politica ai minimi storici quanto a decenza.

Un momento dello spoglio delle schede per l’elezione del Presidente della Repubblica a Palazzo Montecitorio (foto da repubblica.it)

Sono stati bruciati nomi senza criterio, allo sbaraglio, certificando un tasso di dilettantismo stellare. E se nel centro-destra è stata una vera e propria Waterloo, per il centro-sinistra non c’è proprio nulla da festeggiare. Situazione che evidenzia la mediocrità dei leader in campo. Incapaci di trovare soluzioni appropriate e condivise dai propri stessi schieramenti.

Maria Elisabetta Alberti Casellati, Presidente del Senato, il più clamoroso dei nomi “bruciati” dal centro-destra (foto da corriere.it)

Non ci facciamo illusioni. Abbiamo soltanto rinviato un grosso problema a data da destinarsi. Così come era già avvenuto con la creazione del governo Draghi. Ma se è vero, com’è vero, che nessuno ha vinto, qualcuno forse ha perso più di altri. In primis Matteo Salvini. L’emblema del vacuo, degli slogan prêt-à-porter, del nulla imbellettato.

Matteo Salvini, uno dei protagonisti assoluti in negativo dell’elezione del Presidente (foto da corriere.it)

A seguire abbiamo tale “Giuseppi” Conti, a capo (si fa per dire) di una congrega di scappati di casa terrorizzati dalla prospettiva di elezioni anticipate (li costringerebbe a tornare a casa a reddito zero o quasi). Mentre il povero Berlusca ha potuto assistere dal letto d’ospedale alle manovre fallimentari del centro-destra e del suo sostituto  Antonio Tajani“ciù cunfuso ca pirsuasu” di qualsiasi altro attore in campo.
Il degno epilogo della sbornia populista e sovranista delle politiche del 2018.

Antonio Tajani (a sinistra) e Giuseppe Conte insieme a Luigi Di Maio, ai ferri corti dopo le figuracce per l’elezione del Presidente della Repubblica