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secondo canto

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di Vito Castagna

CANTO II (parte seconda)

«Oh, nobile Virgilio, tu che godi di una fama che non verrà mai scalfita dallo scorrere del tempo, un mio caro amico è stato bloccato nel greto del Monte e la paura gli assale le ginocchia, temo per la sua incolumità e spero che non si sia già perduto. Troppo tardi venni a conoscenza del suo viaggio. Corri, ti scongiuro! Aiutalo con i tuoi consigli, liberami da questo timore! Con te al suo fianco sarà al sicuro».

Le forti sensazioni precedenti si affievolivano man mano che acquistavo possesso delle mie membra, eppure i pensieri si affastellavano in un groviglio che riuscivo a sciogliere troppo lentamente per il compito che mi era stato appena affidato.
«Tu non mi conosci, sono Beatrice e vengo dal Paradiso. Non mi sarei mai allontanata da lì se non provassi un profondissimo affetto per quell’uomo…».

Il pianto di un neonato la interruppe, poi, con gran fatica, tentai di risponderle: «Donna virtuosa, attraverso te si eleva tutta la specie umana, farò qualunque cosa tu desideri. Ma la tua venuta accende la curiosità: come puoi non temere di perderti in questo labirinto di esseri vacui? Non hai paura di essere corrotta dal nostro dolore?».

«Questo luogo non può generare in me timori. Sono una creatura di Dio, egli mi ha reso sorda alle vostre grida, ceca alla vostra miseria. Le fiamme di questo incendio non possono divorarmi perché la luce divina è così abbagliante da oscurare il dolore».

Questa risposta mi colpì molto, poi proseguì: «La Madre stessa di Cristo si dolette della sorte del mio amico. Ella parlò con Lucia esortando la sua protezione, poi la santa corse da me e disse: Beatrice, lode di Dio, perché non soccorri chi ti amò? Dante si elevò dal tedio comune scrivendo di te, sei stata la sua musa, non hai pietà di lui? Non vedi che il peccato lo assale? Udite queste parole, mi precipitai qui e ti chiamai disperatamente.

Ci fu un attimo di silenzio, poi si discostò da me con gli occhi umidi di pianto. Mai stelle mi si presentarono più brillanti. Fu quel suo dolore che mi spinse verso di te con maggior fretta. Quando ti trassi in salvo dalla lupa ero felice di aver esaudito la sua richiesta. Dopo quello che ti ho detto, hai ancora paura? Se non credi alle mie rassicurazioni, sappi che quelle tre donne benedette vegliano sul tuo cammino».

Come i fiori che vengono occlusi dal gelo notturno e che sbocciano sotto i caldi raggi del sole, così feci io col mio coraggio oppresso e il mio cuore fu rinfrancato da quella consapevolezza.
«Devo ringraziare colei che mi soccorse e te che pietoso le ubbidisti! Adesso ho la forza di seguirti come mi ero proposto. Tu sarai la mia guida, il mio signore, il mio maestro e non dubiterò dei tuoi consigli».

Dopo aver detto questo, Virgilio riprese il suo cammino addentrandosi nell’oscurità notturna. Lo sentivo salmodiare, distante e invisibile. Forse ripensava a quell’incredibile incontro con Beatrice, mentre ne parlava avevo percepito un lieve tremore nella sua voce, come se un ultimo afflato della sua vita precedente non fosse stato corrotto dalla morte.

di Vito Castagna

II CANTO (parte prima)

Seguimmo il sentiero in un pomeriggio senza nuvole, poi il sole cominciò a calare e il cielo si tinse di striature violacee; dopo un’ora fummo avvolti dall’oscurità. Le parole di Virgilio rimbombavano nella mia testa ma non avevo osato aprir bocca. Intanto, la mia guida non si era voltata neanche una volta per accertarsi che la seguissi.

Questo nostro silenzio venne interrotto dal verso di numerosi animali notturni che cercavano disperatamente riparo tra le insenature del costone roccioso. Come avrei potuto sostenere quel terribile viaggio?

O muse, vi invoco e a voi mi affido. Beneditemi col vostro canto, permettetemi di scrivere quanto di meraviglioso vedranno i miei occhi. Questo pensiero mi diede il coraggio di rivolgermi a Virgilio.

«Poeta, sarò degno di affrontare questo viaggio? Tu dicesti che Enea raggiunse gli Inferi con le sue spoglie mortali e che ciò avvenne per volere di Dio. Le cose che lì apprese gli permisero di fondare Roma e il suo Impero e in quella sacra città Pietro edificò la sua Chiesa. Dimmi, come potrei percorrere lo stesso itinerario? Chi me lo concede, se io stesso non mi ritengo all’altezza? Temo che seguirti sia una follia! Perdona la mia franchezza, tu sei saggio, capirai certamente quello che non so esprimere a parole».

Come chi non desidera quello che prima bramava ardentemente per colpa del suo timore, avevo perso la forza di proseguire. Virgilio sembrava lievitare sulla pietraia e sulle radici, il vento, che si era alzato burrascoso, non scuoteva la sua antica veste. Si voltò verso di me e, nonostante le mie parole, i suoi lineamenti non si mostrarono turbati, come se conoscesse in anticipo quel tormento del mio cuore.

«So bene cosa provi. Il tuo animo è stato trafitto dalla paura, come una bestia che, irretita dalla sua immaginazione, schiuma e scalcia contro il fattore. Per infonderti coraggio ti dirò perché sono venuto a soccorrerti nella selva. Giacevo immoto tra coloro che non avevano goduto della verità divina, quando, ad un tratto, una voce femminile ruppe il silenzio nel labirinto plumbeo. Ella chiamava il mio nome. Capii di essere colui che cercava perché quando l’eco mi raggiunse percepii un leggero calore, un formicolio all’altezza del petto.

Per un solo istante sentii lo scorrere del tempo e la spessa corazza del torpore eterno cadde dal mio freddo sudario. Ricordai la mia infanzia, la voce di mia madre, l’odore dell’inchiostro sul papiro, l’ultima carezza che diedi prima di morire. Poi lei mi colse da terra, mi cinse a sé in un abbraccio e mi guardò negli occhi. Tu non riusciresti nemmeno ad immaginare la loro bellezza, lucevano come le stelle e fu allora che, oltre al tempo, provai una gioia così lontana e profonda che le lacrime sgorgarono dai miei occhi pieni di polvere.

Per un solo momento fu come nascere, il profumo di rosa della sua pelle scosse la mia eterna e imperturbabile condizione. Poi sfiorò le mie gambe fragili e mi mise in piedi. Mi sorresse qualche istante e, infine, fui in grado di reggermi sugli arti. Ero ancora stordito da quell’emozione e lei, leggendo il mio animo, parlò con la sua voce angelica per tranquillizzarmi.

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