Il 26 settembre 1902 Modica fu colpita da un terribile alluvione che ne deviò il destino. Due torrenti strariparono nel cuore della città con una violenza inaudita provocando una catastrofica distruzione: case e ponti furono spazzati via in pochi minuti dalla tempesta che si lasciò dietro una tragica scia di 112 morti e un numero imprecisato di feriti. Tutta l’Italia si mobilitò prontamente per quanti avevano perduto ogni cosa nel disastro, dimostrando grande solidarietà…
di Grazia Dormiente
Non appare superfluo riflettere sulla commemorazione del 119° anniversario della grande alluvione, che sconvolse Modica nel lontano 26 settembre 1902 e ne mutò il volto da “città dei torrenti” in quello di “deposito enorme di gigantesche alluvioni fantastiche” per dirla con Paolo Revelli.
Se la scenografia tardo-barocca, gemmata dal terribile sisma del 1693, determinò il radicale cambiamento della fisionomia della città medievale, a trasformare ancora una volta l’identità urbana ed i sistemi insediativi di Modica fu l’alluvione del 1902.
Il centro storico consente di recuperare la morfologia urbana medievale, determinata dalle profonde valli, un tempo solcate dal corso inferiore dei torrenti Janni-Mauro (San Francesco) e Pozzo dei Pruni, (Santa Maria) che isolavano il promontorio del Castello e la parte alta della città, difesa da mura non più esistenti. Ai piedi della precipite rupe e alla confluenza dei due torrenti che originavano il Motucano, o Fiume di Scicli, sorgevano gli altri insediamenti.
Il volto di città rupestre, ancorata agli alvei dei suoi torrenti, incanalati ed in parte coperti solo dopo la definizione urbana ottocentesca, evocò a più di un viaggiatore l’immagine della città lagunare, avvalorata anche dai ponti che collegavano gli opposti argini torrentizi. L’alveo dei torrenti costituisce perciò l’asse dell’attuale Corso Umberto: arteria principale arricchita da significativi brani architettonici, su cui reinventare il futuro della memoria.

La celebrazione del 119° anniversario della tragica alluvione potrebbe essere motivata sia dal sacro ricordo che l’umano sentire suffraga, sia dalla divulgazione di relazioni tecniche, di atti parlamentari, degli scritti coevi di Giovan Pietro Grimaldi, di Giovanni De Benedictis, di Raffaele Grana Scolari, di Arturo Catanzaro, dalle corrispondenze giornalistiche del tempo e dalla splendida e coinvolgente narrazione di Giovanni Modica Scala edita nel 1969.

Nel 2002 l’Amministrazione Comunale di Modica celebrava i cento anni della grande alluvione pubblicando il libro, “Modica: settembre 1902 i giorni dell’alluvione”, da me curato e impreziosito da immagini e documenti dell’Archivio dei Fratelli Antonio e Giovanni Di Raimondo, bibliofili e collezionisti di notevole e rara passione. Da tali fonti si ricava soprattutto il forte monito a risanare, il degrado e gli scempi orchestrati dall’incuria umana e dalla regia occulta della storia. Mitigate, probabilmente, dal fiume di solidarietà nazionale che il luttuoso evento modicano suscitò in molte città dell’Italia del primo ‘900 con la costituzione di Comitati Civici e di Passeggiate di Beneficenza che promossero la raccolta di consistenti aiuti da devolvere alla città disastrata. Sicché Milano e Palermo rifulsero con la realizzazione nel quartiere d’Oriente (“Dente”) di quella edilizia popolare, edificata nel 1903-1904 dall’Ente morale Milano – Palermo appunto, per accogliere le famiglie modicane scampate al tremendo assalto dell’alluvione.

Anche la sollecita costituzione a Modica del Comitato di Soccorso per i danneggiati della violenta inondazione merita particolare apprezzamento, non solo per la rappresentatività dei suoi componenti, ma perché configurò la sua organizzazione come esempio ante litteram di struttura di Protezione Civile. Se gli Atti del Comitato di Soccorso pei danneggiati dell’alluvione del 26 settembre 1902 in Modica, pubblicati nel 1903 dalla tipografia Carlo Papa, attestano a distanza di tempo competenza e provvida equità, le scritte della Chiesa di S. Maria di Betlem, la lapide murata nell’atrio del Palazzo San Domenico e la linea del livello dell’acqua tuttora visibile sui prospetti dei palazzi di Piazza Municipio, permangono quali segni del far memoria al di là di tutte le discusse celebrazioni.
Le cartoline illustrate provengono dall’Archivio dei Fratelli Antonio e Giovanni Di Raimondo
