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di Andrea Biglia

Tranne il felice momento di fronte comune, ma costato fiumi di sangue, nella guerra contro i Persiani che avevano invaso la Grecia, da 2500 anni Sparta e Atene rappresentano nell’immaginario collettivo gli archetipi di due città e culture radicalmente opposte. La rivalità per antonomasia: tipo Guelfi e Ghibellini o, senza offendere, Coppi e Bartali, Inter e Milan.

Sparta la polis che, attraverso una durissima selezione, a partire dal sacrificio dei neonati fisicamente fragili, alleva cittadini-soldati, la vita da caserma, donne che si vantano per i figli morti con le armi in pugno. Atene è invece l’Atene armoniosa del Partenone, della democrazia, degli illuminati governatori come Pericle, di Socrate – anche se l’hanno poi condannato a morte – , delle grandi scuole filosofiche. E questo contrasto ha finito per consumarsi sui campi di battaglia delle guerre del Peloponneso da cui è uscita vincitrice Sparta.

Particolare di un vaso greco: spartani contro ateniesi

Ma le rappresentazioni in bianco e nero con cui cerchiamo di leggere il passato, non sempre corrispondono alla realtà storica. Eva Cantarella, a lungo docente alla Statale di Milano in Diritto Latino e Diritto greco antico, dedica il suo ultimo libro, “Sparta-Atene, Autoritarismo e Democrazia” (Einaudi, pagg. 195, euro 15) proprio a ridimensionare la schematica opposizione.

Per quanto rivali, queste le conclusioni del volume, le due città appartengono a un “modello comune”, la civiltà greca, e l’analisi delle loro diversità, come delle analogie, contribuisce ad arricchire il nostro concetto di “cittadinanza” nato proprio nella Grecia classica e giunto fino ai nostri giorni. In certi casi l’autrice invita quasi a fare il tifo per Sparta.

Tentativo di ricostruzione dell’antica Sparta

Una indubbia radice unitaria nell’organizzazione politica e sociale delle due città. Anzitutto, partite da un’antica forma monarchica – meglio dire una diarchia per Sparta – si sono venute entrambe costituendo come polis, cioè città-stato, gelose della loro autonomia, sotto il controllo di un consiglio degli anziani, il diritto di partecipare alle assemblee pubbliche riservato a una modesta minoranza di cittadini maschi.

Immagine di Atene del periodo di Pericle

Nella stessa Atene, capitale dell’Attica, il potere, che spesso si trasformava in tirannide, era di fatto detenuto da un numero ristretto di famiglie aristocratiche che godevano di grandi quantità di tempo libero risparmiate com’erano dal lavoro manuale grazie allo sfruttamento dei ceti subordinati. E gli stessi Platone e Aristotele non mostrarono particolare apprezzamento, tutt’altro, per la democrazia, almeno come allora la conoscevano: una specie di populismo. “Una democrazia a parole” sentenziò lo storico ateniese Tucidide (ci dice qualcosa, oggi?)

Particolare della “Scuola di Atene” di Raffaello. A centro Platone e Aristotele

E’ vero, a Sparta la popolazione era divisa in tre rigide categorie, spartiati, in cima alla scala, perieci e iloti – Atene se ne accontentava di due (liberi e schiavi). Non esisteva l’agorà dove invece gli ateniesi passavano le giornate a cavillare su ogni questione. La “paideia”, o educazione permanente voluta da Licurgo almeno fino ai sessant’anni specie per le classi superiori, imponeva un severo clima autoritario – ma l’eroe fondatore di Atene, Solone, non era tanto più tenero verso i concittadini.

Tucidite, storico ateniese (n. 460 circa – m. 395 a. C. circa)

Sempre a Sparta i ragazzi, prima di affrontare la sfida forse più difficile della vita, quella con l’altro sesso, dovevano superare il collaudo di precettori-amanti (pure ad Atene la pederastia godeva di alti onori, anche se non era così istituzionalizzata). Raggiunta la maggiore età dovevano sposarsi perché la patria da loro attendeva futuri soldati, e partecipare ai “sissizi”, cene di gruppo molto frugali durante le quali, riferisce con il suo stile giornalistico Plutarco, gli iloti erano costretti a ballare scompostamente e a ubriacarsi perchè i giovani spartiati vedessero a quali degenerazioni porta l’alcol e così venisse esaltata la loro “differenza” rispetto agli altri coetanei.

Plutarco, scrittore greco (Cheronea, Beozia, 50 d. C. – ivi dopo il 120)

In compenso la capitale della Laconia era meno centralizzata come impianto urbanistico – pareva un insieme di villaggi, nota sempre Plutarco – e si è circondata di mura soltanto con la decadenza del II secolo a.C., epoca già ellenistica: fino ad allora invece che ai bastioni ci si affidava al coraggio dei cittadini.

E la “democrazia” di Pericle passa anche come la “madre” del moderno imperialismo con le sue insaziabili mire espansionistiche e i pesanti tributi a carico degli alleati (Tucidide non usa parole diplomatiche nel raccontare la strage del popolo dei Meli che rifiutavano l’alleanza-sottomissione ), mentre il tesoretto della lega Delio-Attica veniva “requisito” per costruire lo stesso Partenone. Gli eredi di Licurgo si sono rivelati invece più liberali verso le città sotto la loro influenza concedendo ampi margini di iniziativa economica e perfino l’accesso alle Olimpiadi.

Pèricle, capo politico ateniese (495 circa – 429 a. C.)

Ma a rimettere in questione il quadro tradizionale tocca soprattutto alle donne, assai più libere e disinibite in quel di Sparta che non lungo le sponde dell’Ilisso, dove Socrate intratteneva i discepoli a discettare sulle virtù mentre la povera Santippe rimaneva chiusa in casa. Qual era il destino di una giovane ateniese, si chiede Cantarella? Aspettare di sposarsi e dopo attendere “all’opre femminili”; dentro le mura domestiche (secondo la loro “natura”, spiega Aristotele).

Le donne spartane godevano di una libertà sconosciuta ad Atene

Nel Peloponneso sembra di entrare in un altro mondo (o quasi). Con gli uomini dedicati per gran parte del loro tempo ad attività militari, in guerra come in pace, a Sparta all’altra metà del cielo erano inevitabilmente richiesti vari impegni sociali (escluse le attività politiche, non esageriamo) impensabili al di là dell’istmo di Corinto. In certi casi le donne godevano perfino del diritto di eredità oltre a maggiori possibilità di istruzione, nella città rivale limitate per lo più ad Aspasia e alle altre escort di lusso per intrattenere piacevolmente gli illustri compagni.

Giovani ragazze spartane che partecipano ad una gara

Una libertà che per gli altri greci sconfinava spesso nella licenziosità nella vita privata. Unte d’olio, nude o con addosso un chitone corto “mostracosce”, con scandalo del solito Aristotele che vi vedeva una ulteriore ragione di decadenza civile, facevano sport come i maschi: corsa, lotta, disco, giavellotto. Alle Olimpiadi 396 ante Cinisca avrebbe battuto gli uomini nella corsa a cavallo, anche se oggi gli storici, sempre un po’ maschilisti, pensano che lei abbia vinto come proprietaria del cavallo, non come fantina.

Sparta. Immagine di giochi tra ragazzi e ragazze

I mariti le potevano sempre vendere, non si può avere tutto. Ma il peso delle donne nella vita cittadina, potrebbe riequilibrare la bilancia a spese della “democratica” Atene. Non è stata la regina di Sparta, la bellissima Elena, a imprimere una svolta decisiva alla nostra civiltà ?

Elena, la più famosa delle Regine di Sparta. (Dante Gabriel Rossetti – olio su pannello – 1863)

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