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di Giuseppe Cultrera

Sono artisti artigiani di cultura rinascimentale – in Sicilia espressa dai numerosi discendenti di Giandomenico Gagini – gli scalpellini, mastri e capomastri, operanti dal secolo XVI e fino al terremoto del 1693 a Chiaramonte.

Alcuni anche di notevoli capacità. Come Nicolò Mineo (1542 – 1625) che veniva già considerato dal Di Marzo un originale gaginiano, autore persino della cosiddetta Cona nell’antica Chiesa di S. Giorgio oltre che della cappella del Rosario nella chiesa di S. Filippo in Chiaramonte. Ipotesi che è risultata parzialmente inesatta, a seguito del ritrovamento nell’archivio storico di Ragusa di un documento che dà paternità dell’opera ragusana ad Antonio Gagini, che ne esigeva il pagamento nel 1576.

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Nicolò Mineo, arco di cappella (sacrestia della chiesa di San Filippo, Chiaramonte)

Mentre non ci sono dubbi per la cappella del Rosario, ricollocata dopo il terremoto del 1693 nella sacrestia dell’attuale chiesa di S. Filippo, accanto alla lapide sepolcrale che ne ricorda l’artefice: «Magister Nicolaus de Mineo artifex nobilis et sculptor excellens hic mortuus requiescit, vixit annos 83. Obiit 21 xbris 1625» Il maestro Nicolò Mineo raffinato artista e scultore eccellente, qui morto riposa, visse 83 anni. Morì il 28 dicembre 1625.

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Lapide sepolcrale di Nicolò Mineo nella chiesa di San Filippo a Chiaramonte

Il Melfi, studioso locale del secolo passato, lo dice originario di Caltagirone. Ma nel “Rivelo della popolazione del 1593” risulta stabilmente residente a Chiaramonte, nel quartiere S. Filippo, proprio accanto alla chiesa dove portò a termine l’ultima opera: «Mastro Nicolao di Minio, figlio di Antonio, sposato con Violanti, residente nel quartiere di S. Filippo, di anni 50, con 3 figli, con un limpio (reddito tassabile) di 102 onze» si legge nel suo “rivelo”.

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Particolari dell’arco di cappella

Pertanto, appare chiaro che la sua opera artistica non è riconducibile esclusivamente all’arco di cappella della Madonna del Rosario (nel quale lavoro venne probabilmente coadiuvato dai figli, data l’avanzata età) concluso nel 1624, un anno prima della sua scomparsa. Ma se quest’opera sopravvisse al terremoto, lo stesso non avvenne per molte altre testimonianze del rinascimento, andate perdute immediatamente o destinate a lento degrado per la loro precarietà e per l’incuria degli uomini. Tra queste certamente l’elegante cappella dell’Annunziata, quella della chiesa di S. Francesco, di S. Giovanni Battista e quello del Salvatore (buona parte del portale è oggi conservata nella nuova chiesa del Salvatore).

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Resti gaginiani dell’antico portale della chiesa del SS. Salvatore

Due di queste opere, la cappella dell’Annunziata e il portale del Salvatore, potrebbero aver ricevuto il contributo artistico del Mineo. Questa, che è solo un’ipotesi attributiva, trova sostegno storico e stilistico nelle testimonianze dei memorialisti locali che ritengono le due opere di scalpello gaginiano (il Melfi addirittura la ritiene del contemporaneo Antonio Gagini, quello della Cona di S. Giorgio a Ibla, che come abbiamo visto, oggi sicura filologia documentale gli restituisce).

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Prospetto della Chiesa Madre, sculture tardo gaginiane (1608)

Anche per la Chiesa Madre possiamo ipotizzare una sua presenza per il prospetto e per alcune sculture dell’interno, oggi scomparse. E un reperto sopravvissuto, il bassorilievo murato nella parete di fondo della sacrestia, può darcene attestazione: confrontate le due sfingi contrapposte al centro, con quelle presenti pure nel fregio della cappella del Rosario di San Filippo.

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Sacrestia della Chiesa Madre, fregio attribuibile a Nicolò Mineo

 

Ciò non esclude che Antonio Gagini, o altri della sua bottega, abbiano lavorato per gli edifici di culto di Chiaramonte; in ogni caso sembra verosimile che il Mineo (assieme all’architetto Simone Mellini, del quale parlerò in seguito) sia stato il riferimento per le committenze chiaramontane tra fine Cinquecento e primi decenni del secolo successivo.

Cappella del Rosario e statua in alabastro della Madonna del Rosario, secolo XVII (foto di Giulio Lettica)

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