di Giuseppe Cultrera
Il tempo in posa, titolò un suo volume dedicato alla fotografia Gesualdo Bufalino: una sintesi icastica della pregnanza storica, di memoria e di costume, racchiusa in ogni immagine fotografica. Storie di paese, di avvenimenti pubblici, di persone, di momenti famigliari o sociali che restano impresse nelle lastre di vetro (per i primordi di quest’arte) o in migliaia di rullini, tuttora recuperabili per essere trasferiti sulla carta fotografica o su supporti digitali.


È quello che ha fatto con certosina pazienza Vincenzo Cupperi, fotografo professionista – operante a Chiaramonte assieme al fratello Giuseppe, tra fine Novecento e primo ventennio di questo secolo – recuperandone il vasto archivio. Che ora possiamo sfogliare. Un album virtuale con dentro vent’anni di vita sociale a Chiaramonte Gulfi.
A Chiaramonte, il ragusano Carmelo Cupperi (1932 / 1976) si era trasferito, con tutta la famiglia, nel 1958 per aprirvi uno studio fotografico: «Sabato 5 aprile 1958, in Corso Umberto numero 10», precisa Vincenzo.

Ben presto questo giovane professionista grazie a una personalità affabile e solare si inseriva nella vita sociale del piccolo centro ibleo condividendone momenti di svago e impegno. Non solo quindi fotografo da studio e da cerimonie ma anche testimone di una evoluzione sociale politica ed economica. Le feste religiose e quelle mondane, i mestieri, lo sport e il tempo libero vengono impressi nella pellicola. Accumulando un caleidoscopio di visi, luoghi e momenti di vita che ora Vincenzo estrae dalle polverose scatole archiviate con cura dal padre.

E riaffiora uno spaccato di vita sociale del piccolo centro ibleo, con i suoi luoghi di svago (i bar, essenzialmente), le feste religiose e le ricorrenze liete (matrimoni, cresime), momenti di attività lavorative e le botteghe: approdo per servizi e, poi, spazio di incontro e rapporto umano. Dal barbiere, per esempio, oltre ai clienti è sempre presente una varia umanità, che vi staziona spesso – qualcuno, quotidianamente – per informarsi e informare dei fatti & misfatti paesani, per scroccare la lettura del quotidiano o dei patinati settimanali (di regola riservati ai clienti), oppure solo per scambiare un saluto e dare una sbirciata, stando al coperto, alla piazza (dal momento che gran parte delle sale vi sono ubicate). Visi sorridenti, facce svagate, labbra serrate per una preoccupazione o altro, si affacciano dalle patinate fotografie di Carmelo Cupperi come a sussurrare storie da decriptare, gioie e affanni del tempo. Una finestra sul passato.

Ancor più per le botteghe e gli esercizi commerciali: la falegnameria di don Saro e Vito Sciacco sembra cristallizzarsi nel tempo, tra passato e presente; le putìe di don Peppino Vargetto e don Carruzzu attendono torme di ragazzi in cerca di leccornie e luccicanti giocattoli.
Le sartorie, allora ampiamente presenti, erano rigorosamente separate per i due sessi; quella del sarto per i maschi e quella delle sarte solo per le donne, compreso lo stuolo di lavoranti e apprendisti.
Abiti che poi vanno, di norma, sciorinati nei matrimoni o cerimonie similari e per le feste religiose, in primis quella della Madonna di Gulfi. Provate a ingrandire una delle numerose istantanee di questa festa, presenti nel vasto archivio Cupperi, e troverete il risultato del lungo e diuturno lavoro delle varie sartorie, con padri madri e figli che sembrano “usciti dal catalogo” come si diceva allora scherzosamente, a rimarcare il vestiario fresco di sartoria.

Ma la maggior parte delle foto veniva realizzata in studio; in posa. E qui la mastrìa del fotografo faceva la differenza. Dal momento che doveva prima approcciare il soggetto con l’obiettivo e poi trasferire, su pellicola e carta, il meglio della sua personalità e dell’aspetto fisico (qui alcuni accorgimenti tecnici compensavano o eliminavano crepe estetiche).
«Una spazzola per pulire le scarpe, accessorio indispensabile dello studio, era sempre a portata di mano; come il paio di occhiali con la montatura priva di lenti, per evitare i fastidiosi riflessi», mi racconta il figlio Vincenzo. E ovviamente lo sfondo con paesaggio o struttura architettonica per gli adulti; e l’immancabile cavalluccio bianco per i bimbi. Ai quali Carmelo Cupperi dedicava una briosa attenzione, mista di amicale afflato e scherzosa complicità, per predisporli allo scatto giusto che, «non poteva essere replicato più volte, dal momento che allora la lastra costava: a differenza dell’attuale digitale, che permette una sequenza gratuita di scatti da cui poi estrarre il meglio» confida Giuseppe, l’altro figlio.

Questo suo gioviale rapporto umano lo trasferiva nella vita di tutti i giorni. Spesso era presente nelle feste che amici o conoscenti organizzavano e nelle manifestazioni pubbliche, sempre con la fedele macchina fotografica, pronta a carpire un momento gioioso o un particolare curioso. Così ancora lo ricordano tanti amici ed estimatori, che lo rimpiangono; troppo presto scomparso, nel 1976, ad appena 44 anni.

Dalla gran mole delle foto recuperate e trasferite in digitale, si intende fare una ristretta selezione per esporle in una mostra da dedicare alla figura di questo giovane fotografo degli Iblei. Lo merita Carmelo Cupperi e lo meritano le istantanee di vita sociale relative a Chiaramonte, Ragusa e altre città viciniore. Un breve assaggio nella Galleria (16 foto) che potrete visionare cliccando il link sottostante.
A differenza delle foto nel testo, hanno una didascalia sintetica; ne avevo approntato di più descrittive, ma la presenza di numerose persone, penso note a gran parte dei chiaramontani, che non riuscivo a identificare, mi ha fatto desistere e rimandare la compilazione di didascalie – complete di nomi e cognomi, fatti e momenti – a una seconda fase: quando, spero, parecchi di voi vorranno dare precise indicazioni nei commenti su Fb o in fine all’articolo. Grazie, in anticipo.