ovvero
Corsi e ricorsi
di Giulia Cultrera
Una mamma per amica è la classica serie dell’adolescenza che riguardi da adulto con occhi diversi, leggermente più critici. Terminata nel 2007, è stata realizzata un’ulteriore stagione nel 2016.
L’idea in sé non era male: il senso di vuoto che si prova alla fine di un libro o di una serie tv è sempre accompagnato dalla domanda “E adesso? Chissà come continuerà la storia”. E in fondo fa sempre piacere rivedere i personaggi riuniti a distanza di anni, sbirciare per un’ultima volta nelle loro vite e scoprire quali altre sfide abbiano superato. Ma non è questo il caso. Non c’è stata nessuna evoluzione dei personaggi principali: li ritroviamo esattamente nello stesso punto e, se possibile, anche qualche passo indietro.
Rory in particolare appare intrappolata in un eterno presente, rivolta nostalgicamente al passato. L’avevamo lasciata con una promettente carriera ad attenderla, tanta grinta e determinazione; nove anni dopo la ritroviamo errante, senza una fissa dimora, incastrata in situazioni e schemi che non la rappresentano e non le fanno onore.
Apprezzo il messaggio che gli autori hanno voluto dare, condivisibile e decisamente attuale: siamo umani, per quanto ci impegniamo nel perseguire i nostri obiettivi, non sempre le cose vanno come vorremmo, spesso dobbiamo fare i conti con eventi e dinamiche che esulano dalla nostra volontà. Questo è ciò che capita anche a Rory. Tuttavia, tolti i comprensibili momenti di sconforto e di incertezza, alcuni suoi atteggiamenti e comportamenti snaturano il personaggio che avevamo conosciuto nell’arco di sette anni.
Ma dimentichiamoci per un attimo dell’ultima stagione e passiamo alle note assolutamente positive che, ieri come oggi, ci fanno apprezzare Una mamma per amica. È facile affezionarsi alla cittadina di Stars Hollow perché si tratta di una serie corale in cui gli abitanti non sono soltanto personaggi sullo sfondo ma diventano parte integrante della narrazione: pettegoli, impiccioni, esuberanti e un po’ stravaganti, ma sempre pronti a dare una mano e a festeggiare i successi di qualsiasi membro della comunità come una grande famiglia.
Rimanendo in tema di famiglia, in quella dei Gilmore troviamo due dinamiche relazionali opposte: da un lato abbiamo un rapporto madre-figlia conflittuale che spinge spesso Lorelai a maturare le scelte in base a cosa possa infastidire o allontanare maggiormente la madre dalla propria vita; dall’altra parte ci imbattiamo in un rapporto idilliaco madre-figlia, in cui Rory considera sua madre alla stregua di un’amica e non accetta di buon grado quando Lorelai si impone come figura genitoriale.
La parlantina delle due protagoniste è certamente un loro segno distintivo, così come i dialoghi brillanti e ricchi di humor, farciti da numerosi riferimenti cinematografici e letterari. Il loro stile di vita è qualcosa che, puntata dopo puntata, abbiamo tutti imparato a conoscere: la colazione da Luke, tazze su tazze di caffè, le serate a base di cibo spazzatura e film noleggiati, le famigerate cene del venerdì sera, le riunioni del Consiglio Comunale tenute dal sindaco Taylor.
A questi si aggiungono altre indimenticabili vicende come il giorno oscuro di Luke, gli innumerevoli lavori di Kirk, le fobie di Paul Anka, i raduni de La Brigata della Vita e della Morte e le riunioni de Le Figlie della Rivoluzione.
Tornando alla nota dolente, l’ottava e ultima stagione non manca di humor e di situazioni esilaranti in pieno stile Una mamma per amica, ma non apporta realmente valore aggiunto alla serie.
La conclusione della settima stagione era sicuramente carica di incertezza, ma anche di speranza. L’ottava stagione ci lascia spiazzati, aggiungendo un colpo di scena che evoca nello spettatore una sensazione di dejà vu un po’ amara.